19/10/17

Il MFPR risponde all'inchesta del movimento delle donne curde


Il movimento delle donne curde ha lanciato una piccola inchiesta, per poter - dice la rappresentanza internazionale del movimento delle donne curde (IRKWM – International Rapresentation Kurdish Women Movement) - rendere più forti e arricchire le alleanze e la solidarietà con le donne del mondo. Per questo abbiamo formulato alcune domande a cui potete rispondere per portare il vostro contributo a questo lavoro.


Quelle che seguono sono le domande e le risposte del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario

  1. Quali sono gli effetti sulla politica del vostro Paese delle guerre che imperversano oltre i confini del tuo Paese (ad esempio la guerra in Siria, Iraq, eccetera)? Questa situazione ha influenza nella politica interna nel tuo Paese? Se sì, come?
Il nostro paese è sempre più in prima fila, al fianco degli Usa, e insieme agli altri paesi imperialisti europei, nelle guerre in corso. Il ruolo dell'Italia è pertanto fondamentale nella lotta dell'imperialismo contro i popoli.
L'Italia partecipa alle missioni belliche con una politica spinta neocoloniale per difendere e allargare il suoi interessi imperialistici economici, politici, strategici, a tutela dei profitti delle multinazionali italiane in Libia, in Egitto, nord Africa, ecc. con un ruolo di punta dell'ENI.
Questa politica è un danno per la lotta di liberazione dei popoli e per la lotta di autodeterminazione del popolo curdo, perchè l'Italia per i suoi interessi appoggia i regimi più dittatoriali, e tra questi il più “amico” è il regime fascista di Erdogan; pertanto l'intervento dell'imperialismo italiano non potrà mai essere di aiuto alla lotta del popolo curdo, che non può trovare neanche momentaneamente in esso un alleato, perchè l'azione dell'Italia, come dell'imperialismo Usa e degli altri paesi europei, rafforza anche sulla scena internazionale la politica di quei regimi che i popoli combattono.
Questo, d'altra parte, rende impotenti gli imperialisti a combattere l'Isis (prima loro creatura, foraggiata), i suoi attentati terroristici, la “guerra che inevitabilmente torna a casa”.
Per questo noi consideriamo che la solidarietà più utile che possiamo dare alla lotta dei popoli, alla
lotta del popolo curdo, è quella di combattere il nostro imperialismo.

La politica estera, di guerra dell'Italia influenza molto la politica interna. Sotto l'aspetto sociale, vengono stornate sempre più risorse pubbliche per il bilancio militare, sottraendo fondi ai servizi sociali essenziali, alla sanità, alla scuola, ecc; colpendo soprattutto le masse popolari, i lavoratori, e le donne in particolare; sotto l'aspetto della politica contro i migranti, vengono decise reazionarie e razziste misure volte a bloccarli nei campi di concentramento in Libia, a rischio più di prima di morire in mare a causa anche della politica repressiva verso le Ong, insieme ad una netta restrizione e peggioramento delle procedura per il diritto d'asilo, ecc; questo alimenta e/o non ostacola provvedimenti razzisti da parte di Istituzioni locali, e azioni di forze neo fasciste, della Lega; sotto l'aspetto repressivo, lo Stato e le sue forze armate utilizza la questione del “terrorismo”, per aumentare misure di controllo, presenza dei militari nelle città, divieti verso le manifestazioni di lotta, ecc.
  1. Quali sono le difficoltà che le donne affrontano nel tuo Paese? (Dal punto di vista sociale, politico ed economico)
La marcia verso il moderno fascismo nel nostro paese, come in tutti i paesi imperialisti, ha un impatto diretto sulla condizione delle donne e i nostri diritti, che stanno vivendo una situazione di rapido peggioramento. Anche le conquiste fatte dalle lotte delle donne nei decenni passati, vengono attaccate. E la condizione delle donne è la cartina di tornasole dello stadio del sistema imperialista italiano. Le donne, anche ragazze diplomate, laureate, non trovano lavoro soprattutto al Sud; la precarietà lavorativa si estende in tutti i settori, anche chi prima aveva garanzie, diritti contrattuali oggi ha contratti miserrimi per gli orari, bassi salari, i diritti come quello sulla maternità sono normalmente violati; le donne italiane sono quelle in Europa che subiscono le maggiori discriminazioni sul tipo di lavoro, sulle differenze retributive con gli uomini; nella crisi in corso sono le prime ad essere licenziate, mentre, al contrario, sul fronte delle pensioni le si allungano gli anni; in alcuni settori, come pulizie, appalti di servizio (dove lavorano soprattutto al nord molte immigrate), call center, ecc. le condizioni delle donne sono di pesante sfruttamento, con trattamenti da parte di padroni, capi che calpestano la dignità delle lavoratrici, usano i ricatti sessuali; in alcuni lavori, le donne si ammalano e muoiono di fatica, di sfruttamento, come recentemente è avvenuto con le morti delle braccianti.
Il lavoro domestico e i servizi sociali sono sempre più scaricati sulle donne, perchè vengono tagliati e peggiorati i servizi di assistenza, la sanità, gli asili; paradossalmente, ma non troppo, l'avanzamento delle forze produttive del sistema capitalista invece che alleviare il lavoro in casa delle donne, a causa di questi tagli e dell'assoluta non considerazione del lavoro di riproduzione e assistenza come lavoro sociale, va sempre più a peggiorare la fatica, l'esaurimento delle donne in questo lavoro.
In termini politico/sociali una serie di diritti, conquistati con le lotte del passato, di fatto vengono cancellati, con una sorta di ritorno ad un “moderno medioevo”; in primis questo tocca il diritto d'aborto, per cui sta tornando il fenomeno degli aborti clandestini.
Ma è soprattutto a livello ideologico, che questo peggioramento trova la sua manifestazione più evidente e terribile. L'aumento di femminicidi, di stupri, stalking e altre forme di violenza sessuale sulle donne sono la punta di iceberg della guerra di bassa intensità verso le donne. E non si tratta tanto di retaggi di una ideologia e pratica patriarcale, che pure resistono e si riciclano anche nel sistema imperialista, quanto del crescere, in un sistema da moderno fascismo, dell'odio/reazione verso le donne che si ribellano, che vogliono rompere legami familiari, che vogliono decidere della propria vita.
La risposta dello Stato a tutto questo non fa che peggiorare la situazione, sia perchè risponde con provvedimenti di controllo sociale che limitano la libertà delle donne, sia perchè delega la prevenzione e l'intervento all'azione di polizia e carabinieri – che non viene fatta e i cui uomini sono spesso essi stessi stupratori.
Ciò che può apparire all'esterno del paese imperialista non corrisponde alla realtà interna vera, sempre più marcia e pesante per le donne.
  1. Qual'è la situazione della mobilizzazione di associazioni, collettivi e gruppi di donne, per le donne e i loro diritti nel tuo paese? Ci si unisce in reti comuni?
In Italia la mobilitazione delle donne in termini di massa e nazionale ha un aspetto carsico, per anni sembra non succedere nulla in termini di lotte significative, poi per l'intrecciarsi di aspetti (oggi in particolare la questione della violenza sessuale, ma anche per l'attacco alle condizioni di lavoro e di vita delle donne), il movimento riappare forte, con manifestazioni nazionali, come l'ultima del 26 novembre scorso di 200 mila donne.
Per le lotte delle lavoratrici, delle donne proletarie, la situazione è differente. Le lotte qui ci sono frequentemente, anche se poco vengono rese visibili e sostenute dallo stesso femminismo organizzato, soprattutto per il lavoro al sud e nei settori più precari e penalizzati.
All'esplosione del movimento nazionale delle donne, si formano delle reti comuni, formate da collettivi e associazioni già esistenti o nuovi, da gruppi di femministe, e anche da singole donne. Questo è avvenuto nel 2012 e sta avvenendo in maniera forte e larga ora con la rete di “nonunadimeno” ispirata anche dalle mobilitazioni negli altri paesi delle donne.
  1. Quali sono gli approcci o le strategie di lotta dei movimenti femministi o dei gruppi e associazioni per le donne e i loro diritti nel tuo paese?
Qui occorre fare una distinzione. Coloro che dirigono, promuovono, gestiscono le reti e le mobilitazioni nazionali, come oggi “nonunadimeno”, fondamentalmente hanno un approccio e una strategia riformista, di utilizzare la grande forza delle donne per ottenere interlocuzione con governo, Stato, fondi per i centri anti violenza, ecc; queste, quindi, sia nei contenuti, nelle piattaforme, nei metodi di lotta tendono a incanalare la ribellione delle donne solo verso la lotta per la legge, a sostituire spesso la lotta vera e continua con la lotta virtuale, e una tantum.
Altra cosa è il più variegato movimento femminista, fatto di collettivi, gruppi che si formano, finiscono, si riformano, ecc. Questo movimento è prevalentemente piccolo borghese, e quindi risente nel suo movimento di lotta della sua condizione di classe; questo lo porta ad essere da un lato influenzato dalle illusioni delle posizioni riformiste e pacifiste ma anche dall'altro lato dalle posizioni e pratiche rivoluzionarie quando queste sono attive; nella lotta questo movimento sviluppa una ribellione, una denuncia e contrasto a volte anche forte con le politiche del governo, pur esprimendo una posizione idealista che punta a cambiare le idee come fattore di trasformazione della realtà e non a cambiare la realtà per cambiare le idee, a rovesciare con la rivoluzione questo sistema capitalista per costruire un sistema sociale nuovo, socialista in cui non fermarsi ma fare una rivoluzione nella rivoluzione, per cambiare terra e cielo.
All'interno del più generale movimento delle donne, tra i settori femministi più ribelli, proletari agiamo noi per affermare con una battaglia pratica, politica e teorica la necessità di un movimento femminista che sia proletario rivoluzionario.
Via via la presenza nelle assemblee e lotte nazionali di settori delle donne lavoratrici, proletarie, influenza positivamente nel movimento settori del femminismo piccolo borghese, nell'affermazione di parole d'ordini, posizioni contro lo Stato, i governi borghesi, il sistema generale capitalista, e nei metodi di lotta più combattivi.
La nostra attività quotidiana e principale è di organizzare e sviluppare costantemente le lotte sull'insieme della condizione delle donne, dal lavoro, alla lotta contro femminicidi e stupri, dalle mobilitazioni contro repressione verso le lotte, al sostegno alle prigioniere politiche, alla solidarietà internazionalista verso le donne impegnate nelle lotte di liberazione e nelle guerre popolari, ecc. Questo lavoro è rivolto e vede protagoniste essenzialmente le donne e ragazze proletarie, perchè le donne proletarie sono la maggioranza anche in un paese imperialista come il nostro, ed esse possono far vivere sempre l'intreccio classe/genere, e la necessità della rivoluzione per una vera liberazione delle donne.
La manifestazione più alta in questa fase di questo intreccio e del ruolo delle donne proletarie è stato lo sciopero delle donne, .
Lo sciopero delle donne in Italia è stata una parola d'ordine lanciata da vari anni da noi; essa si era già concretizzata nel novembre 2013 e nell'8 marzo del 2016 che ha visto scendere in sciopero più di 20mila lavoratrici, operaie, precarie. Quest'anno questa battaglia, riprendendo l'indicazione che veniva dagli scioperi del Messico, Argentina, Francia, ecc, è stata assunta da tutto il movimento delle donne, con 40 mila donne in sciopero, e migliaia nelle piazze,
Questa scintilla e “primi fuochi” hanno aperto la strada in Italia e posto il significato dello sciopero delle donne che raccoglie e porta avanti tutti i bi/sogni delle donne, ed è l'arma per le donne proletarie per avere voce e azione, programma autonomo e costituisce una “rottura”, una critica agente, politica ideologica, all'interno dello stesso movimento sindacale e movimento dei lavoratori.
  1. A quali movimenti di donne nel mondo vi ispirate e quali danno speranza alla vostra lotta?
Noi siamo ispirate dalle donne che portano avanti le lotte di liberazione, le guerre popolari, e in Italia dalle combattenti della Resistenza antifascista e da quelle compagne che negli anni '70 hanno riproposto la necessità della lotta armata, e rotto con la sbagliata idea pacifista/non violenta delle donne.
Siamo legate, oggi, in particolare alla grande lotta delle donne in India. L'India, come il ruolo delle donne nella guerra popolare in Perù, in Nepal (qui, prima che la sua direzione capitolasse), nelle Filippine, pensiamo che sia un esempio anche per le lotte di liberazione perchè pone la via della guerra di popolo come via per la liberazione sia dai sistemi feudali o semifeudali che da ogni imperialismo; e pone il problema del tipo di potere, della costruzione di una società di Nuova democrazia, non per costruire uno Stato “libero” e “autodeterminato” impossibile in un mondo che resta dominato dall'imperialismo, ma come tappa verso il socialismo nei paesi oppressi, e, in unità con la lotta rivoluzionaria dei proletari e masse popolari dei paesi imperialisti, in marcia verso il comunismo.
  1. Il movimento delle donne curde è conosciuto dalle donne e dalle associazioni femminili del tuo Paese? Se sì, come e con quale punto di vista?
Il movimento delle donne curde è molto conosciuto e seguito da una parte del movimento femminista in Italia.
Ma, purtroppo, le larghe masse femminili non vengono raggiunte con l'informazione e l'iniziativa.
Noi abbiamo sviluppato varie iniziative di solidarietà e di informazione sulla battaglia delle donne curde, in particolare delle combattenti del Ypj, in varie città dal nord al sud, per portare questa importante lotta delle donne curde tra le donne in lotta, le lavoratrici, le disoccupate, le studentesse; nel recente passato abbiamo fatto un presidio all'ambasciata turca contro la feroce repressione del regime fascista di Erdogan contro la lotta dei curdi.
Nel movimento femminista in generale si guarda e si mette l'accento soprattutto sul “carattere femminista” della battaglia delle curde, non sulla lotta armata e sul ruolo delle curde in essa. La lotta armata nel movimento femminista in generale viene condannata, quando anche il movimento curdo dimostra che le donne si liberano, costruiscono un nuovo sistema sociale in cui le donne sono fattore centrale, con le armi in pugno.
Il tipo di solidarietà fatto dalle femministe in Italia riduce, invece, la lotta delle curde ad una lotta solo femminista, sminuendo la stessa lotta e prendono di essa solo gli aspetti che vanno bene ad una liberazione (impossibile) senza rivoluzione.
Anche nel nostro paese non basta assolutamente che le donne si difendano in maniera molto più determinata e forte, perchè anche in un paese imperialista come l'Italia, per difendere i diritti che ci vengono rubati, per combattere la violenza sessuale, per lottare contro il peggioramento delle nostre condizioni di vita, di lavoro, le aberrazioni culturali, per conquistare una vera emancipazione e liberazione a tutti i livelli, occorre fare la rivoluzione, una guerra popolare adeguata alle condizioni del nostro paese, per rovesciare questo putrefatto sistema imperialista.
Questo, più che ogni altra cosa, ci unisce a tutte le nostre sorelle che combattono in ogni parte del mondo.
  1. Avete idee, proposte e critiche da fare riguardo le azioni, le attività e la politica del movimento delle donne curde?
Abbiamo delle osservazioni verso le posizioni del Pkk e di Ocalan interne al movimento delle donne curde. Su questo abbiamo scritto un opuscolo. Ma riteniamo, per non rischiare noi di banalizzare, che questo aspetto è meglio dibatterlo direttamente.
Qui, accenniamo brevemente due questioni:
la questione del cercare alleati per la lotta nell'imperialismo occidentale, che riteniamo sia un errore, perchè l'intervento dell'imperialismo non è una soluzione neanche tattica, ma come la realtà anche attuale ci dimostra, non fa che precipitare la situazione e creare una nuova e più strategica oppressione dei popoli;

la questione del tipo di potere da costruire, e del rapporto tra questo potere e le altre lotte di liberazione e guerre popolari; su questo, ci sembra che i criteri che guidano la battaglia e la prospettiva del movimento curdo non fuoriescano dalle illusioni e limiti della democrazia borghese. 

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