15/05/17

Torino - La solidarietà non si processa, se toccano una toccano tutte!

Basta Violenza dei tribunali contro le donne! Con questa parola d'ordine abbiamo manifestato ovunque, da Torino a Palermo, da Brescia a L'Aquila, a Taranto e in tutta Italia, la nostra solidarietà alle donne che si ribellano e lottano contro gli stupratori e i loro complici, anche nelle aule dei tribunali, dove questa violenza viene agita una seconda volta, con le sopravvissute agli stupri nel banco degli imputati.
Ribadiamo la nostra solidarietà a Laura e a tutte le donne che si ribellano e lottano contro ogni forma di violenza sessuale, compresa quella dei tribunali!
Solidarietà alle compagne e compagni della Federazione Anarchica Torinese, perquisit* e denunciat* per le scritte contro gli stupratori e i complici degli stupri.
Quelle scritte le abbiamo fatte idealmente tutt* noi e non accettiamo processi alla nostra solidarietà.
La loro repressione non spegne, ma alimenta la nostra ribellione.

MFPR L'Aquila
Torino, La vendetta della Procura. Perquisiti quattro anarchici per la solidarietà a Laura

Nella notte tra venerdì e sabato la Digos ha perquisito le abitazioni di quattro compagni e compagne della Federazione Anarchica Torinese. Sono stati sequestrati cellulari, computer, abiti.
Le perquisizioni sono state disposte dal PM Rinaudo, che sta indagando per diffamazione e imbrattamento. Nel mirino di Rinaudo le scritte comparse a fine marzo in solidarietà a “Laura”, una donna stuprata due volte, la prima da un collega di lavoro, Massimo Raccuia, la seconda dal tribunale che lo ha assolto. Un collegio di sole donne, presieduto dalla giudice Diamante Minucci, ha stabilito che Laura non è credibile. 
Non è credibile perché ha detto solo “no”, “no, basta”, per fermare l’uomo che la stuprava. Per il tribunale di Torino dire “Basta” non è sufficiente. La donna stuprata deve avere sul corpo i segni della violenza, deve urlare, deve essere disposta a morire per essere creduta.
Sono passati vent’anni da quando venne cambiata la legge che considerava lo stupro un “delitto contro la morale”. Lo stupratore non faceva violenza ad una donna, ma al suo “onore” e a quello di tutti i suoi parenti maschi.

Nel 1996, dopo decenni di manifestazioni femministe, la violenza sessuale venne ascritta ai “delitti contro la persona”. Tutto cambiava ma molto rimase come prima. In tanti, troppi processi la donna stuprata siede sul banco degli imputati: la sua vita viene messa a nudo nelle aule dei tribunali. La sua parola non basta. Non basta mai. Il discrimine ovvio, quello del consenso, viene costantemente messo in dubbio. La cultura patriarcale continua a celebrare i propri fasti nei sacrari della giustizia di Stato.

La sentenza di assoluzione di Massimo Raccuia ha suscitato ampia indignazione in tutta Italia.
Tante le manifestazioni di solidarietà a Laura, culminate nella giornata di lotta del 12 aprile, quando, in tantissime città si sono tenuti presidi di fronte ai tribunali.

Le scritte comparse davanti al tribunale di Torino e alla sede della Croce Rossa di via Bologna hanno ripetuto quanto veniva scritto e detto in tante piazze della penisola: “La giudice Minucci protegge chi stupra”, “Raccuia stupratore”. La storia di Laura è simile a tante altre. Raccuia aveva una buona posizione in Croce Rossa, Laura all’epoca era una precaria, già vittima di violenze durante l”infanzia. Nel nostro paese una donna su tre ha subito molestie o stupri. I violenti giocano sulla paura, sul ricatto del lavoro, dei figli, sulla minaccia di altri, peggiori, soprusi, umiliazioni. Lo stupro non ha nulla a che fare con la sessualità, la violenza contro le donne, la violenza di genere è esercizio di potere, è la reazione della cultura patriarcale alla libertà che le donne si sono prese, pezzo dopo pezzo. Anche a costo della vita.
“Lo stupratore non è un malato ma il figlio sano del patriarcato” era scritto su uno dei cartelli esposti al tribunale di Torino dalla Rete Non Una di Meno.
La cultura dello stupro si alimenta di sentenze come quella di Diamante Minucci, che ha disposto la trasmissione degli atti alla Procura di Torino, perché proceda per calunnia nei confronti di Laura, la donna violentata da Raccuia. Un’ulteriore violenza.
Le scritte al tribunale e alla Croce Rossa sono state rivendicate dal gruppo anarco-femminista “Emma Goldman” con un comunicato pubblicato su Indymedia Barcellona.
Non possiamo non condividerne le conclusioni.
“Stupratori e giudici ci vorrebbero spaventate e piegate, ma la nostra forza è nella solidarietà, nel mutuo appoggio, nella denuncia di violenze e abusi sui muri della città, nei posti dove viviamo, dove lavoriamo, dove studiamo, dove camminiamo, dove ci divertiamo.
Impariamo a riconoscerci, per lottare insieme contro chi ci vuole vittime e indifese.
Non lo siamo. Abbiamo imparato ad autodifenderci. Le nostre vite valgono.

Come altre volte la sentenza di assoluzione di uno stupratore poteva restare un trafiletto in cronaca. Le scritte al tribunale hanno rotto il silenzio, dando un segnale forte e chiaro alla giudice Minucci e all’intero apparato giudiziario di Torino. La sacralità del tribunale è stata infranta: per questa ragione sono scattate perquisizioni e sequestri per qualche scritta su un muro. In piena sintonia con il “nuovo corso” inaugurato dal governo Gentiloni con le leggi sulla sicurezza urbana.

Il PM Rinaudo ci accusa di imbrattamento e diffamazione. Nel decreto di perquisizione si legge che siamo stati scelti perché anarchici attivi nella rete femminista Non Una di Meno.
Inutile negarlo. Siamo anarchici, anarchiche, femminist*.

Quelle scritte, chiunque le abbia tracciate sul muro, le ha fatte anche a nome nostro.

I compagni e le compagne della Federazione Anarchica Torinese
 

LA MOBILITAZIONE DEL MFPR A TARANTO, L'AQUILA, PALERMO, IL 12 APRILE, CONTRO IL GIUDICE DI TORINO CHE PROTEGGE CHI STUPRA

L'Aquila 12.04.17
Taranto, 12.04.17
Solidarietà con le donne in presidio al Tribunale di Torino
CONTRO L'OSCENA SENTENZA DI TORINO: “SE NON URLI NON SEI STATA VIOLENTATA...”

Il Movimento femminista proletario rivoluzionario denuncia con forza la oscena e sessista sentenza del Tribunale di Torino che ha assolto un uomo
accusato di violenza sessuale verso una sua collega lavoratrice, perchè “il fatto non sussiste”. “Non sussiste” perchè la donna non ha urlato e ha detto solo “basta”, “non sussiste” perchè si è bloccata, “non sussiste” perchè ha detto “solo” di aver provato “disgusto”; “non sussiste” perchè le sue reazioni non rientrerebbero nei canoni dei giudici, perchè ha cercato “solo” che quell'orrore finisse al più presto, ecc.
E ora quella donna da vittima, non solo di una violenza ma di ripetuti abusi, molestie sessuali da parte dell'uomo, si trova incriminata per “calunnia”.



Palermo, 12.04.2017
L'Mfpr da tutta la sua solidarietà alla donna, e fa appello a dare solidarietà pubblica, a denunciare questa ennesima vergognosa sentenza e attacco alle donne (dopo troppe altre, ricordiamo quella dei jeans troppo stretti). Vogliamo sostenere la donna perchè, con ancora più coraggio, vada avanti nella sua battaglia, in cui non deve essere sola!
Vogliamo che il giudice che ha emesso questa sentenza sia cacciato.
Dopo lo sciopero delle donne dell'8 marzo: mai più come prima!
Ma questa sentenza conferma che la violenza sessuale è strutturale in questo sistema sociale, che esiste un humus, delle aberranti concezioni contro le donne, che danno per normale una “certa violenza degli uomini verso le donne”. Queste “leggi”, i “valori” borghesi sono quelli che prevalentemente albergano anche nei Tribunali. In questa sentenza, infatti, ha pesato il fatto che la sentenza “avrebbe rovinato la vita famigliare e lavorativa dell'uomo”; la famiglia di questo squallido individuo vale più della vita di una donna, come il lavoro dell'uomo vale più della vita lavorativa precaria della donna, che ora, è facile immaginarlo, diventerà ancora più precaria.

Questo mostra che è l'intero sistema sociale borghese che opprime e odia le donne e che, quindi, è l'intero sistema borghese che deve essere rovesciato, con una lotta dura delle donne, una rivoluzione quanto più “tremenda” possibile, soprattutto da parte delle donne per spazzare via lo “schifo senza fine di questo sistema”.

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