25/02/17

PERCHE' NON CI SIANO PIU' "PAOLE" MORTE SUL LAVORO PER FATICA, PER SFRUTTAMENTO!

NON VOGLIAMO PIU' PIANGERE, DOBBIAMO LOTTARE!
Il 13 luglio 2015 una bracciante, Paolo Clemente, di S. Giorgio (Taranto) cadeva a terra e moriva durante il lavoro nelle campagne di Andria.  Nei giorni scorsi 6 persone, direttamente o indirettamente responsabili della sua morte sono state arrestate: il responsabile dell'Agenzia interinale (i nuovi "caporali legali") Inforgroup di Noicattaro (BA), per la quale lavorava Paola, i due collaboratori dell'Agenzia, il titolare dell'Agenzia di trasporto delle braccianti e la moglie che si spacciava per bracciante per avere i contributi, e un'altra donna che faceva da "fattora" (una sorta di caporale sul campo), tutti accusati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, aggravato e continuativo e per truffa.
Siamo contenti che una parte di maledetti sfruttatori siano stati arrestati per la morte di Paola, ma le donne, le lavoratrici non possono affidare la loro vita alla Magistratura, che comunque interviene solo quando una lavoratrice muore Serve la lotta delle braccianti, serve lottare prima contro i caporali e i padroni assassini, serve organizzarsi e unirsi per rompere le paure, i ricatti, anche l'omertà, la divisione tra le stesse lavoratrici.  L'8 marzo, lo sciopero delle donne deve essere la prima importante risposta di lotta per Paola, per tutte le braccianti uccise, la prima scintilla! Che le lavoratrici si fermino anche nelle campagne!
Pur avendo fatto questi arresti, ancora niente è stato fatto nei confronti dei proprietari dei campi (la società Ortofrutta meridionale di Corato-BA) dove Paola e le altre braccianti lavoravano e ancora altre continuano a lavorare. Così come questi arresti sono fatti per un filone di indagine, quello legato soprattutto al ricatto verso le braccianti di lavorare per un numero di giornate e una paga inferiore a quelle effettive; nessun arresto ancora c'è per la morte di Paola.
Paola e le altre braccianti partivano alle 3,30 del mattino per andare a lavorare e tornavano alle 15,30. Stavano 9/10 ore nella campagna, sempre in piedi, con le mani alzate a fare l'acinellatura, soffocando per il caldo che sotto i tendoni arriva a 50 gradi e respirando anche i prodotti tossici buttati sulle viti; in una condizione di pressante controllo, incitamento a fare presto, anche nei bagni (spesso dietro gli alberi) venivano accompagnati dalla fattora. Per questo lavoro dovevano prendere 86 euro al giorno, ma Paola e le altre ne prendevano solo 27.  L'inchiesta ha accertato che "tra giugno e settembre 2015 sono stati reclutati tramite l'agenzia interinale barese 7.524 braccianti... è stata omessa la contrattualizzazione e contabilizzazione di 943 giornate di lavoro, che corrispondono a circa 200mila euro di stipendi non versati" 
TUTTO QUESTO HA FATTO MORIRE PAOLA E METTE A RISCHIO LA VITA DI TANTE DONNE BRACCIANTI, LE FA INVECCHIARE PRECOCEMENTE, PER RIUSCIRE A PRENDERE UNA PAGA UN PO' PIU' ALTA - Paola nonostante stesse male fin dal mattino di quel giorno, ha voluto continuare a lavorava finchè non si è accasciata a terra.
MA E' PROPRIO QUESTO SUPERLAVORO, SUPERSFRUTTAMENTO CHE FA AUMENTARE I PROFITTI DELLE AZIENDE. 
Dietro le agenzie interinali, i caporali, ci sono le grandi aziende ortofrutticole, alcune multinazionali, che impongono il loro sistema di prezzi e che usano il caporalato perchè gli permette di avere manodopera pronta, a disposizione, quando e come serve, a basso costo.  Il caporalato è il braccio necessario delle grandi aziende per fare super profitti, non si può separare dalle aziende, nè alcuna legge che punta a colpire il caporalato serve, perchè esso (illegale o legale) rinasce per forza.  I caporali e il caporalato legalizzato delle agenzie sono i parassiti del capitalismo agrario, che pasciano e si gonfiano le tasche con le briciole dei profitti delle aziende, rubando ai braccianti pure una parte del loro già ridotto salario. Ma chi intasca realmente sullo sfruttamento dei braccianti sono le aziende, agromafie o "pulite" che siano. 
Il lavoro in agricoltura è parte del sistema del capitale, non è un'anomalia rispetto al capitale legale.  Per questo, è sempre la fine del modo di produzione capitalista il problema.

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