27/12/16

FORMAZIONE RIVOLUZIONARIA DELLE DONNE- "LE DONNE NON ATTACCANO PIÙ I BOTTONI" - LA RCP E LE DONNE - 3°PARTE

Pubblichiamo gli ultimi capitoli del libro della Maciocchi che parlano del cambiamento/rivoluzionarizzazione della condizione delle donne, sia oggettiva che soggettiva, durante la Rivoluzione culturale proletaria in Cina.
La Maciocchi gira, parla, fa inchiesta e quindi porta fatti, racconti delle donne, che dimostrano come la condizione delle donne in quel periodo si sia capovolta, ma soprattutto, come dice una ragazza parlando con la scrittrice che "Quando le donne sono mobilitate, si possono fare cose enormi".

La Grande rivoluzione culturale proletaria è stata un vero assalto al cielo, la prima realizzata grande esperienza di "rivoluzione nella rivoluzione". Come diceva Mao Tsetung "una nuova rivoluzione culturale avrà come protagoniste le donne nella famiglia e nella società...".
Essa, pertanto, non può essere guardata come se riguardasse solo la Cina, ma riguarda ogni paese, sia oppresso sia imperialista.
E' stata la rivoluzione più moderna che si sia realizzata (tanto da aver anticipato risoluzioni di problemi, nuovi anche per le cittadelle imperialiste - come l'uso degli anticoncezionali, per altro, a differenza dei nostri paesi, sicuri per la salute della donne).
La RCP dimostra che tutto è possibile, ma che non viene "regalato" neanche da uno Stato socialista; e che, quindi, le donne, proletarie, popolari, le ragazze possono e devono ovunque "scatenare la loro ribellione come forza poderosa della rivoluzione".


Le donne del quartiere operaio non attaccano piú i bottoni
Il quartiere operaio di Peng Pu, nato nel '58, ha 130 edifici, e vi abitano 15 mila persone, suddivìse in 3500 famiglie di operai di una fabbrica metallurgica e di una di generatori elettrici. Delle 3500, 2650 sono famig1ie dove lavorano padre e madre. Il resto delle donne, già casalinghe, sono appunto quelle che la rivoluzione culturale ha immesso in compiti nuovi per organizzare la vita del quartiere, e parteciparne alle attività produttive...
La descrizione del quartiere ci è fatta da una ragazza simpatica che ride spesso, e di cui sappiamo che ha avuto l'onore di essere delegata al IX congresso del PCC. "Le casalinghe del quartiere hanno oggi una coscienza piú elevata" ella dice. “Prima a quelle donne interessava soltanto occuparsi dei bambini, avere forni a gas, bei panieri di bambú, e pantaloni di lana. Ora alle casalinghe interessano i grandi affari dello stato. Duecentottanta casalinghe sono organizzate nel lavoro dell'asilo, dove si trovano 500 bambini. Anche se nelle fabbriche vi sono asili, le operaie, quando non allattano piú i figli, preferiscono tenerli nell'asilo del quartiere...
Abbiamo formato diversi gruppi di produzione delle casalinghe... Vi sono donne che stanno costruendo un fabbricato di 440 metri quadri, per il quale esse stesse hanno prodotto i mattoni, fabbricando una fornace con poca spesa, oppure se li sono procurati andandoli a raccog1iere un po' dovunque".

Andiamo a vedere le fabbriche delle donne... Girando nel quartiere, ci si rende conto di come la
rete dei servizi sociali sia estesa. Vi sono lavanderie pubbliche, negozi di sartoria e di tintoria, dove vengono stirati e rammendati i vestiti, e dove vi vengono attaccati i bottoni. Per un vestito, lavato e stirato, le donne pagano 5 centesimi di yuan. Un pasto al ristorante costa 40 centesimi di yuan, e alla mensa 20 centesimi di yuan. All'asilo, con 20 centesimi di 3man i bambini mangiano quattro pasti. “Mangiare e vestirsi costa pochissimo", spiega la compagna. “Io spendo per cinque persone, a casa mia, 60 yuan al mese. Il salario di mio marito è di 114 yuan. Il riso costa 16 yuan e 50 centesimi ogni 50 chilogrammi. Ne consumiamo per 22 yuan al mese. E si può avere carne e pesce tutti i giorni, perché la carne costa 1,80 centesimi al chilogrammo nella qualità migliore, e il pesce O,60 centesimi al chilogrammo"...
...Nel quartiere, c'è una compagna di 75 anni, mamma Hu, la cui vita è stata un tragico esempio della oppressione, e che tutte le settimane parla ai giovani tre o quattro volte. I fabbricati e tutto il resto sono proprietà collettiva; siamo noi del quartiere che decidiamo la costruzione di nuove case. E' lo Stato che sostiene le spese delle costruzioni. I costruttori e gli architetti siamo noi stessi, nel quadro delle nostre imprese collettive".
Questo quartiere segna davvero la "morte della casalinga". Non ve ne è piú una che stia a casa a sfaccendare. Vi si tocca con mano come le donne acquistino la loro piena emancipazione entrando nell'attività produttiva, e uscendo quindi da quella prima forrna di divisione del lavoro che - come diceva Marx - è la famiglia.
Nel nuovo reparto, dove si fabbricheranno piccole macchine utensili, in collegamento con una grande fabbrica, le casalinghe hanno eretto il capannone in muratura con mattoni fabbricati o raccolti da loro. Cinquantasette massaie sono andate a imparare nella fabbrica i metodi di produzione... Un "gruppo di produzione" ha creato una piccola industria per la fabbricazione delle scarpe... l'importante è che escano dalle pareti domestiche, dove prima stavano chiuse a guardare i bambini...
“Quando le donne sono mobilitate, si possono fare cose enormi", dice la nostra intelligente organizzatrice del quartiere... «Mao dice che le donne sono come gli uomini e possono fare lo stesso lavoro".
Andiamo a far visita alla vecchia mamma Hu, in uno degli appartamenti del quartiere. La casa è in perfetto ordine, un ordine addirittura minuzioso... un uomo tiene in braccio un bambino, mentre con il mestolo gira dentro una pentola. E' il marito della figlia della donna. La moglie – casalinga non piú casalinga - è al lavoro. Il marito aiuta a cucinare e si occupa del bimbo piccolo, secondo le direttive del presidente Mao.
A Shanghai, vi sono 120 settori di nuove abitazioni operaie, come questi quartieri vengono chiamati, dove "la rivoluzionarizzazione delle casalinghe" è in pieno corso...

L'amore in Cina
“Esiste l'amore in Cina?" vi domandano, ossessivamente, al ritorno da un viaggio in Cina. «Beh, se fanno tanti bambini, non è che li trovino sotto il cavolo," rispondete voi... Quando si applicano alla Cina taluni nostri diffusi moduli di rapporto fra uomo e donna, non si arriva ad intendersi.
Una volta un italiano, faccio un esempio, si interessò molto alla sua giovane interprete cinese, e quando, pur senza aver avuto da lei il minimo segno di simpatia, le espresse i suoi sentimenti, in tutte lettere, la ragazza ebbe una sola reazione: quella della piú assoluta stupefazione. “Ma che cosa c'entra?" chiese, “non riesco proprio a capire. Io sono un quadro rivoluzionario dello stato cinese."

La donna-oggetto non esiste. Per la donna cinese, chiusa per millenni dentro la morsa di forme, di schemi, di riti, di una crudele convenzione, l'amore con l'uomo nasce dalla sua libera scelta. Marx, dopo aver detto che “... il matrimonio è certamente una forma di proprietà privata..." scriveva (Manoscritti economico-filosofici del 1844: Proprietà privata e comunismo): Nel rapporto verso la-donna, preda sottomessa della libidine della comunità, è espressa la smisurata degradazione in cui l'uomo si trova ad esistere di fronte a se stesso; ché il segreto di tale rapporto si esprime non ambiguamente, ma risolutamente, manifestatamente, scopertamente, nel rapporto dell'uomo [singolo] alla donna [singola] e nel modo in cui è compreso l'immediato, naturale, rapporto generico [cioè pertinente al genere umano]... In questo rapporto appare, dunque, sensibilmente, e ridotto a un fatto intuitivo, che, nell'uomo, l'essenza umana è divenuta natura, e che la natura è divenuta l'umana essenza dell'uomo. Da questo rapporto si può dunque giudicare ogni grado di civiltà dell'uomo.
Dal carattere di questo rapporto consegue quanto l'uomo è divenuto e si è colto come... uomo". L'amore, sia per l'uomo che per la donna, in Cina è fatto di timidezza quasi morbosa, di rossori, di candori infantili, anche se le giovani donne sono spesso vestite da soldatesse, come gli uomini. Nei parchi, ho visto molte coppie, che al massimo si tenevano per mano: tra loro, spesso, c'era una borsetta di plastica, colma di libri... La discrezione dei cinesi nei loro sentimenti interiori è grandissima, ed ecco perché tante volte ci si interroga su quello che provano. Sciorinare questi sentimenti in pubblico, significa sciuparli. Ecco tutto.
In Occidente, si afferma spesso che le cinesi hanno perduto la loro femminilità, perché non corrispondono alla nostra “foemina" eurocentrica...
La bellezza della donna cinese, bella o brutta secondo il nostro unicum che si esprime con la Bardot o la Monroe, è data dal suo stile, quindi la donna cinese è quasi sempre bella, perché in lei lo stile è nel modo di disporsi, nella sua ispirazione, nella sua tensione interiore, questo suo essere umana e dolente, che la fa bella, e qualche volta bellissima... Per giudicare una donna cinese, piú che i nostri parametri abituali, occorre dunque un intuito interiore. Spesso, a quel punto, le si troverà incantevoli, in questo loro perenne moto interiore, quasi una fiamma, di aderire al nuovo, e di scavarvi all'interno un loro cammino, quindi, un loro modello di bellezza.
Le donne e gli uomini in Cina, si sposano attorno ai 25 anni; nel quadro della pianificazione delle nascite, oltre il controllo vero e proprio, c'è il noto suggerimento del "matrimonio tardivo. L'amore, dunque, non è coartato. Quel che si cerca di impedire è che le famiglie prolifichino senza interruzione, soprattutto nelle campagne. Man mano che i sistemi di controllo delle nascite penetreranno nelle campagne il “matrimonio tardivo" non avrà piú ragione di esistere.
Nelle città, le pratiche anticoncezionali sono piú o meno note a tutti Ì giovani. D'altra parte, non si può pensare che gli immensi raduni di guardie rosse a Pechino siano stati, tra ragazzi e ragazze, soltanto scambi di slogan politici.

Dopo le "guardie rosse," le donne
Credo che per Mao la questione femminile si vada ponendo sempre piú all'ordine del giorno nelle sue riflessioni. Egli ha preso a studiare - a quanto pare – le spinte dei movimenti femminili di emancipazione negli Stati Uniti e nelle altre società occidentali... In che consiste questa rivolta femminile che serpeggia nel mondo? Per quanto riguarda la Cina, Mao avverte che le donne cambiano, si evolvono, contano, anche se non abbastanza. Di recente egli ha fatto notare a piú riprese che, adesso, la Cina è un altro universo, e che le donne che sembravano nate per un solo compito - i figli - ora fanno “cose strane”, “mestieri impensabili" - le paracadutiste, i piloti di aerei da caccia, fabbricano congegni elettronici, si addestrano nell'esercito e vi occupano posti dirigenti,
sono capitani di lungo corso... La vecchia autorità maritale, soprattutto nel mondo contadino, vacilla sempre di piú... "I tempi sono cambiati", ha detto Mao alle donne, «l'uomo e la donna sono uguali, quel che l'uomo può compiere anche la donna può farlo"... “...le donne erano le piú sfruttate tra gli sfruttati (nel famoso testo Rapporto dell'inchiesta sul movimento contadino nello Hunan, 1927, Mao descrisse la situazione della donna cinese come una situazione oggettivamente rivoluzionaria, e pronunciò la piú netta condanna del potere maritale e dell'uomo - in genere - sulle donne).
Nella Cina tradizionale occorreva infrangere una terribile discriminazione che risaliva a duemilacinquecento anni prima, a Confucio medesimo, che diceva: “Non vi sono che
due categorie di esseri inferiori: la gentucola (Xiaoren) e le donne". Sulla donna esisteva sempre la tutela dell'uomo, padre marito figlio o qualsiasi altro uomo fosse investito del potere presso questa sorta di minorata a vita che era la donna. E il potere dell'uomo poteva anche essere di vita o di morte. La mutilazione dei piedi ebbe origine nel desiderio di rassomigliare ad una concubina imperiale famosa, e quindi di "piacere" al proprio uomo. Il procedimento di mutilazione dei piedi attraverso le bende si sparse rapidamente perché accentuava lo stato di soggezione della donna, che diventava incapace di muoversi da sola. Perché le donne accettassero la sofferenza di questa mutilazione, se ne fece un marchio distintivo di nobiltà femminea. Infatti, le serve, di cui i signori avevano bisogno, e le contadine al lavoro nei campi, non avevano i piedi bendati, ma esse non potevano aspirare ad un matrimonio conveniente. E cosí accadeva che le donne stesse aspirassero al supplizio del bendaggio dei piedi, e che le madri restassero sorde ai pianti delle loro figlie martirizzate.
La filosofia confuciana non riconosceva la pluralità delle mogli come il Corano. Ma in realtà la monogamia era il segno della povertà, e l'uomo che aveva mezzi, a fianco della moglie legittima, prendeva una o piú concubine. Ma quando il capriccio del signore si spegneva, la concubina diventava una serva. Nella tradizione cinese, le donne erano dunque esseri cosí disprezzabili, cosí condannate all'infelicità che le madri miserissime di Shanghai, spesso, allorché nasceva una femmina l'affogavano come un gatto...

Le donne sono in Cina alla conquista della metà del cielo. La loro situazione è capovolta, oggi. E tuttavia nelle donne esistono ancora tracce di superstizione, e di esagerata considerazione per l'uomo, visto come essere privilegiato, e quindi di timidezza nell'affrontare compiti di direzione
politica. “Nelle campagne" ha detto Mao “le donne vogliono tuttora avere solo figli maschi. Se il primo e il secondo figlio sono femmine, la donna ne metterà al mondo un altro. E se anche il terzo è femmina, la madre ci riprova. Cosí si fa presto ad avere nove figli... «Questa mentalità”, ha concluso Mao, “dev'essere cambiata, ma ci vuole tempo."
L'angustia che le donne assumano una parità piena, che non sia solo giuridica - ma che nasca dalla rivoluzione nella sovrastruttura della donna, e dell'uomo - è talmente forte in Mao, e cosí fermo appare in lui l'interesse a scatenare il torrente delle energie femminili, che ci si può domandare: dopo aver portato i giovani a farsi iniziatori della rivoluzione culturale nella scuola, una nuova rivoluzione culturale non avrà come protagoniste le donne nella famiglia e nella società?...

Tunisia: donne che occupano i caffè popolari

DA TUNISIERESISTANT


Riceviamo e pubblichiamo un contributo da Sahar, una studentessa del dipartimento di italianistica della Facoltà di lettere di Sfax. L’articolo descrivendo un problema sociale diffuso nel paese, giunge a delle conclusioni che, condivisibili o meno, sono molto utili per un dibattito quantomai necessario su questa questione in Tunisia, soprattutto se parte spontaneamente dalle giovani.
Le donne tunisine hanno acquisito maggiori libertà rispetto agli altri paesi arabi, tuttavia la discriminazione nei loro confronti sopravvive in alcune tradizioni.
Nel mondo arabo le caffetterie popolari sono dedicate solo agli uomini, mentre per le donne esistono le caffetterie miste. Nei caffé degli uomini le donne non solo non entrano, ma cercano di non passarci davanti per evitare gli sguardi insistenti degli uomini.
Questa tradizione, normale e giusta per la società, viene oggi vissuta come discriminante dalle nuove generazioni femminili.
Sebbene la legge sia cambiata, la mentalità è purtroppo rimasta la stessa di tanto tempo fa: in tanti ambienti, fino ai giorni nostri, se una donna entra in un caffé popolare rischia di essere insultata e guardata male.
“Sono stata insultata, trattata e guardata come una sgualdrina…” Racconta una ragazza che si è trovata per sbaglio in un caffé per uomini.
“Non avevo nessuna intenzione di attirare l’attenzione o di fare un atto rivoluzionario contro la società, ero in un posto in cui stavo per la prima volta, ero stanca e avevo bisogno di bere un caffé. Ho cercato una caffetteria, e ce ne era solo una. Sono entrata lì, non sapevo che fosse un caffé per uomini. Sono entrata, e senza guardare nessuno, mi sono diretta verso il bar e ho chiesto un caffé… ero vestita in modo modesto e il mio aspetto era molto rispettoso. Nonostante questo, ho cominciato ad ascoltare lametele e insulti… girando un po’ la testa, ho visto che tutti mi stavano guardando come se avessi commesso un crimine, mi fissavano con insistenza, i loro sguardi erano come delle spade che attraversavano il mio corpo e i loro insulti mi hanno sconvolta tantissimo. Ero rimasta senza parole e non ho potuto rispondere a quell’infinità di offese e parolacce che avevo sentito e non so neanche come sono riuscita ad uscire.”
Questa vicenda mostra quant’è arretrata la mentalità di tanta gente e quant’è discriminata la donna nella società. Sicuramente le reazioni non sono sempre così violente e ci sono posti dove la mentalità è più aperta.
Comunque il fatto di proibire l’entrata in certi posti alle donne non può rappresentare che diversità e disparità nei loro confronti.
Inoltre si tratta anche di una questione di comodità: le caffetterie miste non si trovano in tutti i quartieri e sono sempre più rare allontanandosi dal centro delle città. In questo caso, tante donne non trovano posti dove incontrarsi con gli amici o bere qualcosa.
Poi c’è anche una questione economica: nelle caffetterie miste i prezzi sono molto più alti di quelle popolari.
Come conseguenza tante donne tunisine hanno deciso di ribellarsi a questa forma di discriminazione e hanno cominciato ad occupare i caffé degli uomini. Tante iniziative negli ultimi anni stanno avendo tanto successo. Le reazioni degli uomini non sono sempre uguali: alcuni hanno accettato le donne fra loro nei caffé e le incoraggiano, altri invece no.
L’occupazione dei caffé è più facile nelle grandi città e negli ambienti giovanili, piuttosto che nei piccoli villaggi o nei posti dove le persone hanno una mentalità tradizionalista.
Vicino alle università, ad esempio, quasi tutti i caffé sono stati occupati dalle studentesse e la presenza della ragazze è ormai diventata una cosa normale e accettata.
In altri posti, invece, è più difficile la presenza delle donne e per avere il coraggio di entrare bisogna essere in gruppo.
La donna tunisina, oggi, è contro ogni forma di discriminazione o differenziazione sessuale e ha deciso di lottare contro tutti gli aspetti della società maschilista che toglie soggettività alla donna e la rende un oggetto.
Sosteniamo questi movimenti perché dobbiamo rendere la società più tollerante nei confronti delle donne, più aperta e più sviluppata non solo dal punto di vista legislativo, ma anche nella pratica facendo una vera rivoluzione a livello culturale e tradizionale. Cambiare le leggi è importante, ma la vera rivoluzione è nella mentalità e nella cultura.

Da Firenze a Parma: riflessioni su stupro e violenza sessista

Una presa di posizione del CPA FIRENZE, che condividiamo - estendere la solidarietà a Claudia - Bandire il sessismo dai CS - costruire il movimento femminista proletario rivoluzionario ovunque.
In allegato il foglio del mfpr su una lotta avvenuta anni fa nel CS di Modena.
MFPR

Da Firenze a Parma: riflessioni su stupro e violenza sessista

Nelle ultime settimane sono arrivate sulla mail e sulla pagina fb del Centro Popolare alcuni messaggi da parte di Leonard Victorion che ci chiedeva di togliere il suo nome e cognome da un nostro comunicato.
Il comunicato in questione è stato scritto all'indomani dell'assoluzione in appello dei sei ragazzi che nel 2008 stuprarono una ragazza alla Fortezza da Basso di Firenze. Contro questa assurda sentenza, e contro le sue vergognose motivazioni, nell’estate del 2015 ci fu a Firenze un grosso corteo nazionale per esprimere solidarietà alla ragazza e denunciare il vortice di ignoranza, pregiudizio e violenza che portava a mettere sul banco degli imputati il suo comportamento piuttosto che quello dei suoi stupratori.
Leonard Victorion, uno dei 6, ci chiede ora con insistenza di cancellare il suo nome da quel comunicato, proprio in virtù della sua assoluzione in appello, che noi rigettiamo! E se questo non bastasse Victorin torna vergognosamente ad accusare la ragazza stuprata di aver mentito.

La sua richiesta è comunque stata per noi l’occasione di riparlare dell'argomento, proprio nei giorni in cui cominciava ad uscire la notizia dei fatti di Parma, e collettivamente abbiamo deciso non solo di lasciare inalterato quel comunicato, perché ciò che scrivemmo allora lo riteniamo ancora giusto, ma anche di uscire nuovamente per ribadire che non possono esserci attenuanti o giustificazioni per gli stupratori. Continuiamo a definirli stupratori perché qualsiasi atto di natura sessuale verso una persona che per condizione psicologica personale o indotta da sostanze non è in grado di reagire o di scegliere, non può che essere considerato stupro.
Come ormai è quasi regola, anche nel corso del processo per lo stupro della Fortezza, ad essere messa sul banco degli imputati è stata la ragazza violentata: la corte, concentrandosi con minuzia di particolari  sulla sua vita ed in particolare sulle sue abitudini sessuali, ha operato un ribaltamento dei ruoli, riducendo gli stupratori a testimoni "d'accusa" e lasciando alla vittima il peso di dover dimostrare la sua innocenza, come se non bastasse quello che sarà costretta a portarsi dietro per tutta la vita. Anche questo è violenza.

Non abbiamo mai aspettato che la giustizia facesse il suo corso per prendere posizione su quanto accade intorno a noi, sapendo che all’interno dei tribunali rivivono necessariamente i rapporti di forza esistenti all’esterno. Non lo abbiamo fatto ai tempi della sentenza di Firenze, e, a maggior ragione non possiamo farlo per quanto accaduto a Parma.

Per quanto ci riguarda la violenza sessista, sulle donne e di genere, che non è solo violenza fisica, ma più spesso trova posto in meccanismi sotterranei, subdoli e dunque più difficili da identificare, rappresenta una problematica grave, complessa e ormai pervasiva, frutto dei rapporti di produzione e dei comportamenti sociali da essi determinati, di un retaggio culturale antico e radicato che dà vita ad una serie di luoghi comuni, avallati e testimoniati dal lessico e dagli atteggiamenti che tutti noi troppo  spesso utilizziamo.
Anche per questo continueremo a dare un nome e cognome a chi di questa violenza si è reso e si rende partecipe.

Solo pochi giorni fa abbiamo saputo di quanto accaduto a Parma nel 2010, dove all’interno di uno spazio sociale “antifascista” sedicenti “compagni” hanno stuprato una giovane compagna. La ragazza non denuncia e quanto accaduto resta avvolto da una nebbia di omertà e giudizio sessista contro di lei, con tanto di minacce per indurla a negare la violenza subita. Lei, isolata e privata della solidarietà, non mette più piede in quello spazio, mentre gli stupratori non sono allontanati da chi era presente quella dannata sera, e dai molti e molte che ne sono venuti a conoscenza successivamente e che non hanno riconosciuto in quanto accaduto i segni della violenza sessista,  riproducendo gli stessi meccanismi di isolamento e colpevolizzazione propri dei tribunali.
Questa storia gravissima, resa ancor più pesante dal muro di silenzio che l'ha circondata fino ad oggi, parla anche a noi, ci dice di come anche i "nostri" spazi non si possano considerare luoghi liberati. Ci mette di fronte al fatto che la violenza di genere, che si manifesta quotidianamente, non può che essere affrontata in maniera collettiva, proprio così come si consuma. E che lo stupro è un dispositivo di potere che viene usato per opprimere, dunque un atto fascista anche se compiuto da sedicenti compagni antifascisti.
Anche luoghi come il CPA, che si reggono sull'attivismo e la militanza di decine di compagne e compagni, non sono immuni da atteggiamenti sessisti che sono terreno fertile per la violenza. Le contraddizioni che vivono al di fuori del nostro cancello entrano anch'esse nel centro popolare, e come tali vanno affrontate e risolte.

Per questo è essenziale ribadire che la nostra battaglia contro sessismo e omofobia deve vivere trasversalmente in ogni iniziativa che organizziamo, in ogni dibattito che facciamo, perché niente è scontato o definitivo, ma c’è bisogno di vigilare continuamente, di confrontarci ed interrogarci sugli atteggiamenti e le pratiche che, a partire da noi stessi, vanno rifiutate e combattute.
In questo senso crediamo sia importante valorizzare tutte quelle iniziative che, come all’interno del percorso Nonunadimeno, mirano a stimolare e rilanciare il dibattito ed il confronto fra varie realtà nazionali sul tema specifico del sessismo nei movimenti.

Questo significa rafforzare la nostra volontà di incidere nei luoghi dove abbiamo la capacità di farlo e dotarci degli strumenti necessari per essere un esempio del modo in cui concepire e maturare le relazioni sociali e solidaristiche.

Per questo oggi tutta la nostra solidarietà va a Claudia, per quanto accaduto a Parma, così come va ancora una volta alla ragazza violentata alla Fortezza a Firenze. A loro che faticosamente e con coraggio tentano di elaborare la violenza subìta vogliamo dire che non sono sole, far loro sentire tutta la nostra vicinanza. A noi stessi, ai nostri compagni e compagne, ai/alle militanti e a tutti coloro che frequentano il nostro centro popolare continueremo a ripetere che la violenza sessista è inaccettabile, che è sempre violenza quando viene percepita come tale e che per far si che quanto successo non accada più è necessario continuare sviluppare una coscienza e sensibilità antisessista. Fuori e dentro ai nostri spazi.

Centro Popolare Autogestito – Firenze sud

CHI STUPRA UNA DONNA E' COMUNQUE UN FASCISTA E COME TALE DEVE ESSERE TRATTATO

Sul bestiale stupro di gruppo, avvenuto nel 2010 al centro sociale RAF di Parma, la cui violenza è poi proseguita facendo girare le immagini riprese e, in ultimo, attaccando vigliaccamente la ragazza che finalmente aveva raccontato come erano andati i fatti, noi siamo dalla parte della ragazza senza se e senza ma. E, come hanno denunciato alcune compagne, ciò che va fortemente condannato è l'atteggiamento omertoso, complice tenuto all'epoca e in questi anni da compagni e compagne dell'area.

Su questo, come su tanti altri bruttissimi fatti simili avvenuti e che possono continuare ad avvenire dobbiamo scatenare apertamente la ribellione, la furia delle ragazze, delle compagne.

Solo questo permette di non delegare alle forze dello Stato l'intervento su episodi di violenza fascista/sessista contro le donne.

Si tratta di una nefasta ideologia, figlia dell'abbruttimento ideologico che la borghesia spande a piene mani, che corrode anche nei movimenti antagonisti e opprime le energie di tante compagne.

Tra le ragazze, le compagne chi sottovaluta questo, non comprende il carattere di "guerra" a tutti i livelli che la borghesia porta avanti; non lo comprendono anche quelle compagne che nei movimenti, nei centri sociali sottovalutano la necessità sempre e comunque di darsi organizzazione e di portare avanti la lotta delle donne.

(su questo significativo fu anni fa la battaglia fatta da compagne di un centro sociale di Modena, allora del Mfpr, su cui è possibile avere il loro lungo documento).


Per tutto questo, anche se possiamo comprendere le ragioni personali, non abbiamo condiviso la decisione di non fare più il presidio al tribunale il 19 dicembre.


Non ci può essere un movimento delle donne che non lotti contro ogni violenza sessuale, sempre e dovunque.

La lotta delle donne deve rompere, cambiare i centri sociali, le organizzazioni politiche, i sindacati, i movimenti. Questo è anche il significato dello "sciopero delle donne", che porta anche una "rottura" di concezione, di atteggiamento tra gli operai, il sindacalismo.

Sulla questione femminile, sugli atteggiamenti maschilisti presenti anche in organizzazioni di compagni, in passato si sono giustamente sfasciate intere organizzazioni rivoluzionarie - l'esempio più grande fu Lotta continua verso la fine degli anni 70.


E' solo la lotta rivoluzionaria delle donne a 360° il "vaccino", altrimenti nessuno a priori può e deve considerarsi immune dall'ideologia fascista de "gli uomini che odiano le donne".


MFPR

20/12/16

Formazione rivoluzionaria delle donne - "le casalinghe elettroniche di shangai" - La rivoluzione culturale proletaria e le donne - 2° parte

Continuiamo a pubblicare parti del libro di Maria Antonietta Maciocchi 'Dalla Cina - dopo la rivoluzione culturale'.
In queste importanti descrizioni, frutto del viaggio in Cina, degli incontri della Macciocchi con tantissime compagne, operaie cinesi, si mostra evidente come la questione della trasformazione della condizione delle donne - che valeva e vale in Cina ma vale ancora e sempre più oggi per tutto il mondo, compresi i paesi imperialisti come il nostro - non è solo un problema di cambiare aspetti della condizione di infinita oppressione precedente in condizioni nuove, ma, come spiega una donna cinese alla Maciocchi, un problema di potere: 'la ferocia del passato derivava dal fatto che le donne non avevano il potere e tutta la felicità del presente deriva dal fatto che le donne possono avere il potere'.
Ed è, appunto, la questione del potere delle donne nella società, della rivoluzione nella rivoluzione, che diventa il cuore della Rivoluzione culturale proletaria per una effettiva liberazione delle donne.


(Dal libro della Maciocchi) - Le donne sostengono la metà del cielo - ha detto Mao – Ma le donne devono conquistare la metà del cielo,' ha aggiunto. “La rivoluzione culturale ha avuto anche in questo campo uno dei suoi fronti politici e ideologici proprio perché le donne non avevano ancora raggiunto la metà del cielo”.
Il ruolo assunto dalle donne in Cina con la rivoluzione non riguardava solo la Cina ma tutti i “nostri costumi occidentali”, un ruolo che “spazzava via come un ciclone, proveniente da diecimila chilometri di distanza, i vecchi miti di inferiorità...”.

Qual'era la condizione delle donne in Cina prima della rivoluzione?

Le donne erano “ingiuriate, disprezzate, i piedi martirizzati a simbolo della loro schiavitú domestica - secondo il messaggio immutabile di Confucio vecchio di 2500 anni: Restate dove siete e sottomettetevi ai decreti del cielo'...

In ogni villaggio cinese, per combinare un matrimonio, una famiglia rappresentava l'acquirente, l'altra l'offerente, e intermediario, tra l'una e l'altra, era la mezzana, che contrattava il prezzo da pagare per la sposa. La fanciulla non aveva il diritto di conoscere lo sposo fino al giorno della gran festa rossa, cioè quando gli veniva presentata, tutta vestita di rosso. A volte lo sposo era un fanciullo, a volte addirittura un bimbetto in fasce, a volte non era nemmeno nato: la famiglia acquistava una nuova serva, la giovane donna sfioriva aspettando che il marito si facesse adulto. «Maritata aspetta il marito,' si diceva di lei. E se il marito moriva prima di diventare adulto, ella era ugualmente vedova, e come tale costretta alla fedeltà, pena la morte, per tutta la vita.

Al momento della liberazione, le case di tolleranza erano naturalmente state chiuse. Nella sola Pechino furono eliminate 237 e le prostitute vennero ospitate in un grande istituto dove furono curate, e dove venne insegnato loro a leggere e a scrivere, oltre che un mestiere.
In una commedia scritta dalle stesse prostitute, si si narrava come vivevano in una casa di prostituzione, come subivano lo sfruttamento dei padroni e degli sgherri del Kuomintang, e poi, ecco la nuova vita. Essere sane, libere, istruite, avere un'attività di cui non ci si deve piú vergognare... A Shanghai, dove vi erano 800 bordelli, tra grandi e piccoli, la grande massa delle donne soggette alla prostituzione fu immessa nel lavoro. Ovvero, venne distrutta la base prima della loro corruzione: la miseria, la fame, l'ignoranza.

Il vento della Rivoluzione culturale proletaria - 'Le donne vogliono cominciare ad esistere. Le casalinghe elettroniche di Shanghai'.

Dalla liberazione, le donne lavoratrici hanno attraversato parecchi momenti politici ed in particolare la prova della grande rivoluzione culturale; la loro mentalità ha conosciuto grandi cambiamenti e piú numerose si fanno le donne che svolgono la loro funzione nella costruzione del potere.
Alcune rimangono ancora in una situazione per cui escono da casa per coltivare la terra, tornano acasa per far da mangiare e durante le riunioni stanno sedute negli angoli senza parlare. II Comitato di partito ha organizzato le donne in riunioni per ricordarsi del passato, dello sfruttamento atroce della vecchia società, e per rafforzare la concezione della dittatura del proletariato. Tutto questo ha sollevato sentimenti di classe in larghe masse femminili che hanno profondamente capito che la ferocia del passato deriva dal fatto che esse non avevano il potere e tutta la felicità del presente deriva dal fatto che esse possono avere il potere.

Il quartiere Ciapé di Shanghai era un quartiere di sottoproletari... era uno degli esempi piú impressionanti della degradazione umana.
Ora, proprio qui (c'è) una fabbrica di transistor messa in piedi dalle casalinghe del quartiere... L'età media delle donne – sono in tutto 350 - è di 38 anni, e la maggioranza di esse erano casalinghe analfabete. Fino al '68 hanno fatto casse da imballaggio, nel febbraio del '69, nel corso della rivoluzione culturale, avvenne la loro svolta. Le casalinghe, in collegamento con l'ufficio dell'industria di Shanghai, pensarono di poter produrre transistor d'alta qualità.
«Quando prendemmo la decisione di fare congegni elettronici, mandammo dieci compagne ad apprenderne la tecnica in una grande fabbrica. E lí esse si sono familiarizzate con i macchinari, i congegni di precisione. Ne abbiamo mandate altre due all'università; e queste subirono varie umiliazioni perché gli intellettuali revisionisti ironizzavano sulla loro età, e dicevano che avrebbero impiegato almeno quindici anni per imparare, che erano già vecchie, e che in questo modo si sarebbero solo buttati via un sacco di soldi. Questo disprezzo ci fece molto arrabbiare, e decidemmo di fare da sole...
Altre donne del quartiere, che prima lavoravano in casa, che facevano le scarpe, i vestiti o i giocattoli (tipiche attività delle casalinghe) cominciarono ad impiegarsi in fabbrica...
Il loro impegno oltre che ad essere produttivo, oltre che ad utilizzare una forza-lavoro che in altre società sarebbe rimasta disoccupata, è diretto a trasformare l'ambiente sociale... E al centro di questa trasformazione vi è non soltanto la mutata concezione della propria condizione di donne, ma la rivoluzionarizzazione, nel quartiere e nella famiglia, del ruolo femminile.
'E' facile che le donne accettino di diventare lavoratrici?' chiedo. 'Con la rivoluzione culturale abbiamo cercato di risolvere questa contraddizione. Vi è un peso della tradizione che si fa ancora sentire, e dobbiamo elevare la coscienza di classe degli uomini oltre che delle donne.
In connessione con la linea capitalistica, Liu Shao-chi tentava di dare salari alti agli uomini e voleva che le donne restassero a casa. Liu eliminò molte fabbriche di casalinghe, e queste tornarono a fare le donne di casa. Ma, con lo sviluppo della rivoluzione culturale, sono sempre piú numerose le donne che chiedono di partecipare all'attività politica.

Anche nelle famiglie c'è una rivoluzionarizzazione da compiere.

C'è da farvi penetrare la critica rivoluzionaria, fondata sulla distruzione delle cinque vecchie concezioni, e immettervi le cinque nuove concezioni: distruggere la tesi dell'inutilità delle donne; instaurare la tesi che le donne si devono conquistare con coraggio la metà del cielo; distruggere la morale feudale della moglie sottomessa e della buona madre...; distruggere la mentalità della dipendenza e della subordinazione all'uomo, e instaurare la ferrea volontà di liberarsi; distruggere le concezioni della borghesia e instaurare le concezioni proletarie; distruggere la concezione dell'interesse familiare per instaurare nella famiglia la concezione proletaria che tiene presente la nazione e il mondo.'
(Questi cinque principi sono citati in Cina, ininterrottamente, su tutta la questione delle donne, dalla stampa ufficiale del partito e dai documenti.)

“Auguro alle mie figlie – dice un'anziana compagna - che come donne esse possano conquistare la metà del cielo. Che la nostra famiglia faccia ogni sforzo per portare avanti la rivoluzione socialista, per superare ogni forma di egoismo.
Nelle nostre riunioni, in famiglia, insegnamo considerare l'individuo e la famiglia in rapporto con la società. Insegnamo a non temere il dolore fisico e la morte; a non dimenticare il passato; e non dimenticare nemmeno per un momento di difendere la dittatura del proletariato. Anche nelle famiglie vi è una lotta tra vecchio e nuovo. Si può essere della stessa famiglia e non avere le stesse idee. Anche nelle famiglie appaiono spesso contraddizioni, che bisogna risolvere; e nella famiglia stessa bisogna lottare contro l'egoismo, e criticare il revisionismo. Il presidente Mao insegna che per quel che concerne la concezione del mondo nella nostra epoca non vi sono in fondo che due scuole: la scuola proletaria e la scuola borghese, la concezione proletaria e quella borghese.
Per la famiglia, è lo stesso. La rivoluzionarizzazione della famiglia, in Cina, còmincia col mutare il ruolo della casalinga in quello di una donna immessa nel processo produttivo, e dallo sradicare la concezione della famiglia come un tutto egoistico.
Il proletariato, con la rivoluzione culturale, ha fatto la sua irruzione nell'ideologia, rivoluzionarizzando anche l'apparato ideologico della famiglia, superando per sempre
quella condizione che faceva esclamare ad Engels che la donna è proletaria due volte, una della società e l'altra dell'uomo”.

18/12/16

Solidarietà alla ragazza stuprata al Raf di Parma

Per portare la solidarietà alla ragazza stuprata scrivere a romantikpunx@gmail.com 

Di seguito, dal sito Abbatto i muri, una sintesi  di come si sono svolti i fatti e più avanti, i comunicati di solidarietà che ci sono pervenuti:

Sicuramente ricorderete la vicenda di Parma, su alcuni ragazzi accusati di stupro di gruppo dentro uno spazio autogestito e “antifascista” ai danni di una ragazza che era del tutto incosciente. Il processo che vede imputati i ragazzi scaturisce dall’indagine su un video in cui si vede quello che era successo e che è diventato prova per una accusa di stupro di gruppo. A margine della vicenda che vede la ragazza abbastanza sola ad affrontare le udienze c’è l’indifferenza o, peggio, la banalizzazione da parte di compagni e compagne che fanno muro a difesa degli accusati invece che a difesa della “presunta” vittima. A rompere il silenzio sono intervenute alcune realtà (Generiot, ArtLab Occupato, Casa Cantoniera Autogestita, Rete Diritti in Casa, Parma Antifascista).
Un’altra realtà prende la parola oggi con questo comunicato [QUI il pdf che eventualmente potete stampare e fare leggere nelle vostre realtà] firmato come Romantic Punx assieme ad un gruppo di Guerriere Sailors. Stanno raccogliendo adesioni e se avete voglia di aderire potete scrivere all’indirizzo mail: romantikpunx@gmail.com
Un abbraccio alla donna che sta affrontando un processo sulla propria pelle, in termini giudiziari e sociali, fino all’ostracismo nei suoi confronti in sedi e ambienti politici. Un abbraccio a chi riflette sul sessismo nei movimenti perché è necessario guardarlo a fondo per combatterlo. Buona lettura!

  • Il comunicato di Amazora
Solidarietà alla donna offesa e condanna dell’omertà dei “compagni”
Come gruppo di autodifesa femminista e lesbica partiamo dal presupposto che in questo momento storico non ci sono differenze tra una discoteca a Rimini o a L’Aquila, una strada di Porto Salvo in Calabria e il Raf di Parma. Perché in una società organizzata sul dominio del sistema patriarcale sulle donne, nessuno spazio può essere considerato alternativo anche se si dichiara “antisessista” , “antifascista”, “antirazzista”.
Non servono le etichette, non bastano i cartelli all’ingresso degli spazi, anzi, questi sono illusioni pericolose che inducono le donne che li frequentano ad abbassare la guardia, credendo di stare in un luogo sicuro tra “compagni”. Sappiamo bene che non è interesse di tutti combattere il sessismo perché vorrebbe dire rinunciare al privilegio e al vantaggio sociale di essere “uomini”.
Come dovremmo quindi chiamare queste merde che la violenza l’hanno agita, filmata, condivisa, chi ha riso usando dei nomignoli e ha minacciato e cacciato da alcuni spazi di movimento lei che è sopravvissuta a tutto quest’orrore dandole dell’infame? Che nome hanno queste azioni?
Per noi gli infami sono loro: gli stupratori Francesco Cavalca, Francesco Concari, e Valerio Pucci insieme ai/alle loro complici che hanno denigrato e continuano a giudicare lei. Riconosciamo in questo stupro la stessa brutalità e tortura di quello del militare Francesco Tuccia all’Aquila e di tutti gli altri, in divisa e non, legittimati da questa società patriarcale a violare il corpo delle donne. Identifichiamo, con modalità diverse, il loro stesso privilegio di essere creduti, difesi e presenti nello spazio pubblico come se nulla fosse successo!
Pare che non siano bastati i 6 anni di silenzio, ora si condanna pure la mancanza di fermezza ideologica da parte di lei, quando il movimento nei suoi confronti ha reagito nel peggior modo, lasciando che fossero gli sbirri a scoprire lo stupro attraverso il video che si divertivano a girare gli stupratori e i/le loro complici!
Perché si dubita sempre di quelle che la violenza l’hanno subita? Come mai non si è fermi/e e compatti/e contro gli stupratori? Gli uomini non subiscono la stessa violenza che subiamo noi donne e questo episodio, come tutti gli altri, è la radiografia di un corpo sociale organizzato sulla prevaricazione maschile come forma di potere.
La solidarietà alle donne sopravvissute a uno stupro noi la diamo a priori, senza sé e senza ma. Continuiamo a costruire reti di solidarietà tra donne che spezzino l’omertà che si crea intorno ai maschilisti, continuiamo ad autodifenderci senza alcuna delega, contro ogni ideologia, senza maschi, né sbirri, né “compagni”.    Auto-organizziamoci per cacciarli: invece di far girare i loro video di merda, scambiamoci le foto e i nomi degli stupratori, molestatori e sessisti che attraversano e respirano la nostra stessa aria negli spazi, facciamoli vergognare di quello che sono e quello che fanno! Ribadiamo che sono loro che devono essere isolati e non noi donne.
Noi pensiamo che i veri posti sicuri siano solo quelli di donne, organizziamoci per crearne di nuovi, per rafforzarci contro la violenza maschile e per continuare a costruire reti di solidarietà tra donne. Unite siamo più forti. Organizziamoci per andare sotto il tribunale; e non perché siamo d’accordo con un processo, piuttosto perché siamo consapevoli che le donne vengono attaccate anche dal sistema giudiziario e non solo dagli amici degli stupratori, che le minacciano fuori dai tribunali.
Invitiamo tutte a dare solidarietà alla ragazza alla prossima udienza che si terrà il 19 dicembre mattina al Tribunale di Parma.
 
Trasformiamo la paura in rabbia, la rabbia in forza, la forza in lotta!
 
Amazora, autodifesa femminista e lesbica a Bologna
 
  • dal MFPR:
Tutta la solidarietà da parte delle compagne del MFPR e un forte abbraccio alla "nostra" ragazza di Parma.
Al fianco di tutte le compagne, donne, da Parma a Bologna a Polignano, ecc. che lottano per mettere fine all'orrore senza fine di questo barbaro sistema sociale.
MFPR
  • da radio onda rossa:
STUPRATORI E COMPLICI FIGLI DELLA STESSA CULTURA

Circa un anno e mezzo fa ci eravamo trovate e trovati a commentare dai nostri microfoni una vicenda che ci coinvolge tutte e tutti: lo stupro di una ragazza dentro uno spazio "di movimento", avvenuto cinque anni prima a Parma, dentro una sede allora gestita dalla Rete Antifascista di Parma. Un fatto emerso solo dopo molto tempo, e rimasto troppo a lungo avvolto in un silenzio preoccupante che abbiamo anche noi sottovalutato.
Oggi, attraverso la presa di parola di compagne e compagni solidali con la ragazza (https://abbattoimuri.wordpress.com/2016/11/30/circa-i-fatti-di-parma-nella-sede-della-raf-come-riparare-4-crepe-prima-che-qualcosa-si-rompa-per-sempre/), apprendiamo i risvolti agghiaccianti di questa storia infame.

Non c’è antifascismo senza antisessismo. come non c'è lotta di classe senza lotta a ogni forma che il patriarcato, dentro il capitalismo, assume. L'antisessismo non è uno slogan e il patriarcato non è una "cultura" ma oppressione materiale e sfruttamento; rendersene attori e complici, fino alla sua più schifosa espressione, lo stupro, significa essere complici e portatori dell'oppressione di genere e di classe.
Ma gli antifascisti e le antifasciste - o almeno chi si dichiara tale - hanno davvero assunto queste affermazioni? Di sicuro non se le sono assunte gli uomini che hanno violentato una ragazza di 18 anni, in un evidente stato confusionale, per di più filmando l'atto di violenza e facendo poi circolare il video.
Ma ci chiediamo anche se chi ha permesso che il video della violenza girasse indisturbato, di telefonino in telefonino, senza nemmeno riconoscere in quelle scene una violenza, davvero riconosce nell’antisessismo una prerogativa necessaria della lotta antifascista. E chi ha giudicato, scherzato con quelle immagini, deriso la ragazza, fatto sentire complicità agli stupratori, quelli e quelle sono antifascisti?
E ancora, chi negli anni che sono seguiti allo stupro ha isolato la ragazza additandola come “spia delle guardie”, togliendole ogni agibilità, impedendole di frequentare gli spazi sociali, ha una responsabilità minore?
Ci sono vari livelli di violenza in questa storia: lo stupro di gruppo, la diffusione delle immagini, la derisione, le minacce e infine la condanna, l’isolamento, l'emarginazione della ragazza. Cerchi concentrici in cui il “gruppo” delle persone coinvolte è sempre più grande.

Abbiamo letto comunicati di dissociazione, altri di strumentalizzazione, altri che raccontavano di quanto questo “episodio” abbia distrutto la politica a Parma. Comunicati che hanno dimostrato – e continuano a dimostrare dopo cinque anni - l'assoluta incapacità di prendere una posizione chiara e inequivocabile sulla violenza maschile: troppi se e troppi ma hanno attraversato le dichiarazioni uscite negli ultimi due anni, dopo il già vergognoso silenzio dei tre precedenti.

Noi, redazione di Radio Onda Rossa, vogliamo innanzitutto esprimere la nostra solidarietà alla ragazza e ribadire che giudicare una donna stuprata sulla base dei suoi comportamenti in merito è violenza, un’altra violenza aggiunta a quella già subita: è quello che già fanno i tribunali nei processi per stupro, che finiscono sempre per mettere sul banco degli inputati, sotto la gogna degli inquisitori, le donne che la violenza l’hanno subita.
Vogliamo ribadire, invece, che l'omertà sulla violenza maschile sulle donne accompagna da sempre il perpetuarsi della cultura dello stupro e, come antifasciste e antifascisti, vogliamo comunicare il nostro sgomento e la nostra rabbia nel vedere che la cultura dello stupro, dell’omertà, della pacca sulla spalla tra maschi permane in spazi che si ritengono antagonisti. In spazi che si vorrebbero liberati nulla si fa per scardinare luoghi comuni e atteggiamenti tipici dei "processi per stupro", anzi ci si rende complici nello svilire e isolare una donna stuprata all’interno degli stessi spazi sociali e politici.
Complice non è solamente chi difende esplicitamente lo stupratore, ma anche chi, uomo o donna, istillando dubbi, diffondendo voci, delegittimando la parola delle donne, crea un clima in cui gli stupratori continuano ad avere agibilità e a muoversi tranquilli.
Complice è anche chi, pensando di salvaguardare in qualche modo i propri spazi "politici", giustifica di fatto lo stupro lasciando inalterate le condizioni, i luoghi, le dinamiche, in cui è avvenuto.
Complice è chi, in nome di una ridicola e disonesta purezza, asserisce di condannare lo stupro ma al contempo condanna anche la ragazza in quanto sarebbe stata inaffidabile perché – sotto il torchio delle guardie – non ha protetto i suoi stupratori e le persone intorno a loro.
Oggi, ancora con sgomento e rabbia, ci chiediamo dove è stato il movimento in tutti gli anni del silenzio su questa vicenda. Come è stato possibile che un video come quello girasse senza che ci si accorgesse della gravità dell'atto compiuto o per lo meno senza che si sentisse la necessità di prendere parola? Come è stato possibile
arrivare a minacciare la ragazza stuprata fuori dal tribunale?

La nostra solidarietà va a lei e a quei pochi e poche che in questi anni non l'hanno lasciata sola.
Il nostro schifo va a tutto il resto... senza se e senza ma.


La Redazione di Radio Onda Rossa

17/12/16

Lavoratrici ATA Scuola: "i diritti" di Renzi, e quali sarebbero???

Comunicato stampa
«Lasciamo un Paese con meno tasse e più diritti», ha affermato Renzi
alla Direzione del Pd prima di consegnare le proprie dimissioni
al Presidente della Repubblica.
Più diritti??? e quali???
Come lavoratrici ATA della scuola diciamo a gran voce "E quali sarebbero questi diritti che Renzi avrebbe messo in campo con i suoi mille giorni di governo?
E' un diritto quello di non potere più chiamare i supplenti ATA se ci assentiamo dal lavoro, perchè il governo Renzi ha imposto il divieto di nominare con la passata legge di stabilità???
E' un diritto leggere in una circolare del MIUR della Giannini/Renzi l'imposizione che anche in casi di maternità, di congedo biennale, di gravi patologie, tipologie di assenze lunghe rispetto alle brevi malattie o ai permessi retribuiti di 1 giorno, non è possibile chiamare i supplenti nelle segreterie che stanno scoppiando di lavoro, decentrato ormai da tutti gli enti possibili e immaginabili, o nei laboratori?
E'' un diritto leggere in altrettanta nota del MIUR della Giannini/Renzi che neppure se una lavoratrice o lavoratore ATA muore è possibile chiamare il supplente con tanta facilità, perchè è il Dirigente Scolastico che si deve assumere la piena responsabilità' della decisione??? Neanche se si muore!!!
E' un diritto che centinaia e centinaia di precari ATA, di cui tantissime donne, non lavorano più con questo vergognoso divieto di nominare i supplenti e sono stati tagliati fuori dal mondo del lavoro? Certo! così Renzi si è arrogato il diritto di eliminare per sempre grosse fette di precari!
E' un diritto che le lavoratrici e i lavoratori ATA sono costretti a fare ore e ore di sostituzione colleghi gratis perchè i fondi per l'intensificazione e lo straordinario erogati dal governo sono stati sempre più esigui?
E' un diritto che gli assistenti amministrativi, i tecnici, i collaboratori scolastici (gli unici questi ultimi su cui si può ancora nominare il supplente ma, sia chiaro, solo dopo ben 7 gg di assenza, prima niente! e le classi degli studenti possono pure restare senza vigilanza!), tartassati da pesanti tagli agli organici che si sono ridotti di anno in anno e da sempre più mansioni, si trovano in situazioni in cui non possono neanche fruire delle regolari ferie previste dal CCNL perchè non ci si puo' materialmente sostituire in alcuni casi?
E' un diritto ammalarci per stress psicofisico correlato al lavoro ?
E' un diritto una proposta di rinnovo di CCNL, prima del referendum si intende pro/SI, al pieno e vergognoso ribasso dopo anni in cui ABBIAMO IL PIENO DIRITTO DI AVERE QUELLO CHE CI SPETTA?
Noi durante il governo Renzi non abbiamo visto affatto alcun diritto per la nostra condizione di lavoro e di conseguenza di vita ma solo un continuo attacco che stiamo toccando con mano ogni giorno e che si tocca comunque in tutto il mondo della scuola.
Renzi con il suo governo "dei mille giorni" ha solo imposto a suon di fiducia delle leggi reazionarie come la 107 con cui HA TOLTO AI LAVORATORI E ALLE LAVORATRICI DIRITTI SACROSANTI, con il benestare di chi non glielo ha affatto impedito, i collusi e corrotti sindacati confederali!
A Roma il 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, come lavoratrici ATA siamo scese in piazza con altre lavoratrici, precarie ecc. di diversi settori e "assediando" Montecitorio abbiamo portato tutta la nostra rabbia, la nostra denuncia raccolta insieme alle altre in un "quaderno delle lamentele" consegnato alle istituzioni, ma anche la ferma determinazione che non abbiamo nessuna intenzione di "lamentarci" per piangerci addosso ma per continuare a lottare CONTRO GOVERNI CHI CI VOGLIONO LEVARE OGNI DIRITTO
NON CI FERMERETE E CONTINUEREMO A LOTTARE!
Lavoratrici ATA Scuola Slai Cobas per il sindacato di classe Palermo

12/12/16

FORMAZIONE RIVOLUZIONARIA DELLE DONNE - "LE DONNE DEVONO CONQUISTARE LA METÀ DEL CIELO" - LA RIVOLUZIONE CULTURALE PROLETARIA E LE DONNE - 1°PARTE


Avviamo con il libro di Maria Antonietta Maciocchi "Dalla Cina - dopo la rivoluzione culturale", da cui traiamo stralci del capitolo dedicato alla grande questione delle donne, la Formazione rivoluzionaria delle donne sulla "Rivoluzione culturale proletaria e le donne". (La Maciocchi è stata più volte in Cina e in particolare negli ultimi mesi del 1970).
L'assalto al cielo che fecero le donne in Cina non riguardò, e non riguarda tuttora, solo questo grande paese, ma tutto il mondo; ci fornisce lezioni teoriche, politiche, ideologiche per la battaglia odierna perchè la lotta delle donne sia una forza poderosa della rivoluzione e della rivoluzione nella rivoluzione per trasformare la terra e il cielo.
Come si vede già da questa prima parte che pubblichiamo, questo "assalto al cielo" si è dovuto duramente scontrare contro alcuni degli stessi dirigenti comunisti, contro concezioni e pratiche presenti anche tra i militanti del partito comunista - Lenin diceva "Gratta un comunista e troverai un filisteo! Evidentemente bisogna grattare il punto giusto: la sua concezione della donna...".
Anche questo è un insegnamento per l'oggi.
Ma per vincere le donne non devono delegare in nessun fronte della lotta rivoluzionaria, meno che mai in quello della teoria.
A questo vogliamo che serva questa Formazione rivoluzionaria.
Essa, su questo importante tema "Rivoluzione culturale proletaria e le donne" proseguirà per un periodo lungo. E questa volta pubblicheremo ogni settimana (di lunedì).
PER CUI DIAMO APPUNTAMENTO AI PROSSIMI LUNEDI'.

Morte della casalinga

“La dittatura del proletariato è una lotta testarda contro tutte le forze e le tradizioni del passato... Lenin sapeva bene che, preso il potere, la rivoluzione non è che agli inizi... E' come con le donne: beninteso, era necessario dare loro in primo luogo l'eguaglianza giuridica. Ma a partire di qui, tutto resta da fare. Bisogna che scompaiano l'ideologia, la cultura e i costumi che hanno condotto la Cina dove noi l'abbiamo trovata, e occorre che facciano la loro comparsa il pensiero, la cultura, e i costumi della Cina proletaria, che non esiste ancora.
La donna cinese non esiste ancora nemmeno lei, in massa; ma comincia a voler esistere. E poi liberare le donne non significa fabbricare le lavatrici elettriche...”
Dal colloquio di Mao Tse-tung con Malraux, luglio 1965, in Antimémoires, p. 549, Ed. Gallimard.

Liberare le donne significa quel che Lenin aveva pronosticato: che una semplice cuoca sia in grado di dirigere lo Stato. In Cina non erano a questo punto alla vigilia della rivoluzione culturale...
Il feudalesimo - una delle tre montagne che opprimono la Cina - ha continuato a pesare nella sovrastruttura per ciò che concerne le donne. Un problema aperto è in Cina quello di «valorizzare la funzione rivoluzionaria delle donne, come scrive 'Bandiera Rossa'... la lotta di classe
non è finita. Durante la rivoluzione e l'edificazione socialista, esiste ancora una grave lotta di classe sul problema delle donne... alcune donne sono state utilizzate dal nemico per ostacolare i quadri; alcune donne sono state colpite dalle concezioni diffuse dal nemico di classe; altre non hanno ancora risolto il problema: per chi coltivare la terra, e si concentrano nei piccoli calcoli in favore della propria famiglia, e di se stesse. Tuttavia, alcuni quadri di fronte a questa lotta di classe assumono l'atteggiamento: 'non ce la facciamo con i lavori principali; i problemi delle suocere e delle madri possono aspettare'; o sostengono: 'il lavoro delle donne non riguarda l'insieme del
partito,' e perciò danno un peso insufficiente al lavoro delle donne.
Queste situazioni dimostrano che dare o no importanza alle donne, afferrarne bene il lavoro o no, considerare le donne come una semplice forza-lavoro o considerarle come una grande forza rivoluzionaria, non è una questione qualunque, bensí un problema sulla base del quale si può vedere se si afferra o no la lotta di classe, se si applica o meno la linea rivoluzionaria del presidente Mao: ...”Bisogna lottare ancora contro le concezioni che disprezzano il movimento delle donne”, e hanno incitato i compagni a valutare l'importanza del lavoro delle donne partendo da tre aspetti: 1) muovere dalla concezione della lotta di classe per affrontare il lavoro delle donne: ...la borghesia userà allora del pensiero corrotto delle classi sfruttatrici per nuocere alle donne; 2) le donne sono piú della metà della popolazione, e senza una loro piena mobilitazione non può esistere un vero movimento di massa; 3) le donne rappresentano un grande potenziale umano.
Attraverso questi 'tre aspetti' tutti hanno capito meglio che per fare la rivoluzione è essenziale mobilitare le donne. II ritenere “le donne inutili”, o che “il lavoro delle donne non incide sull'insieme”, e consimili opinioni errate, è in realtà una manifestazione del veleno del traditore Liu
Shao-chi secondo il quale “le masse sono arretrate”, “la lotta di classe è estinta"...

“Si tratta di mobilitare le donne perché spezzino le catene spirituali e dispieghino uno spirito rivoluzionario.
Attraverso l'influenza della millenaria ideologia feudale, fra le donne, colpite dal veleno della linea revisionista controrivoluzionaria di Liu Shao-chi, c'era una minoranza ancora incatenata alle vecchie concezioni tradizionali."
I cinesi parlano con discrezione di questo argomento scottante, cosí come non parlano volentieri del controllo delle nascite". Ma ambedue questi temi, fortemente legati alla funzione rivoluzionaria delle donne, cominciano a prendere apertamente posto negli organi ufficiali del partito... (1 nota)


La condizione femminile, ovvero il ruolo rivoluzionario della donna, è stato uno dei temi di quella rivoluzionarizzazione della ideologia, che ha caratterizzato la rivoluzione culturale. Strettamente connessa ad esso, è la rivoluzionarizzazione nella famiglia. Pare che Liu Shao-chi,
piú che antifemminista, fosse ostile ad una scelta che “ponesse le donne in primo piano nella produzione, fuori dal focolare domestico, in coerenza con la scelta di un modo di accumulazione capitalistico, quale si è tradizionalmente sviluppato nel mondo, relegando la donna in immagini casalinghe ben precise...

Dopo l'ingresso tumultuoso delle donne cinesi nella lotta politica fin,dall'inizio del secolo, la loro partecipazione esemplare alla lunga marcia, alla lotta armata antigiapponese, dopo lo slancio di massa nella guerra di liberazione, e quindi nella fondazione della repubblica socialista che getta le basi di una nuova realtà che intanto si esprime, immediatamente, con nuove leggi che sanciscono la parità giuridica della donna... - un lento riflusso delle donne cinesi verso la famiglia aveva preso ad abbozzarsi. Ma negli anni del balzo in avanti venne da Mao una nuova spinta a rompere il cordone ombelicale donna-lavoro domestico. Le cinesi presero a impiantare, soprattutto nelle grandi città, attività produttive anche di carattere industriale.
Liu Shao-chi, che irrideva al modo di far le cose alla guerrigliera da parte degli operai, trovava
l'intervento delle donne quasi grottesco, e fece chiudere molte di queste fabbriche... Liu Shao-chi era per una politica di incentivi e di alti salari che consentissero all'uomo il mantenimento economico della donna ripristinata nel suo ruolo tradizionale di casalinga...
Nel corso della rivoluzione culturale, la Federazione delle donne cinesi è saltata via come un turacciolo, ovvero è stata disciolta... perché essa aveva assunto a propria volta strumenti rivendicativi queruli, non faceva politica, e rischiava di essere un'organizzazione femminile di “protezione della donna", una sorta di esercito della salvezza...
Liu Shao-chi, con il suo orientamento verso le donne, era giunto ad influenzare anche molti dirigenti del partito perché le loro mogli tornassero in casa, assolvendo al loro ruolo tradizionale di ospiti e di brave massaie...

(1 nota)
Dal recentissimo articolo del “Quotidiano del Popolo" del 3 marzo 1971... risulta come il problema delle donne sia in gran parte legato con quello piú generale delle campagne...

Nella campagna, infatti, l'arretratezza “data" della condizione femminile era particolarmente pronunciata, perché “1'intensità del lavoro, la povertà della vita, l'igiene insufficiente e infine le influenze negative sulla salute dovute ai numerosi bambini e ai parti fatti in modo tradizionale - ovvero “le tre montagne della vecchia società": imperialismo, capitalismo, feudalesimo - avevano reso molte donne adulte malate, riducendone o addirittura annullandone la capacità lavorativa. Si sono potute investire le campagne di un'azione generalizzata non solo di diagnosi e di cura, ma soprattutto di prevenzione delle malattie femminili, soltanto promuovendo, con la rivoluzione culturale, un movimento di massa, che affrontasse questi problemi su una base politica; non limitandosi ad “appoggiarsi su forze specializzate... ma associando le masse in questo lavoro" e coinvolgendovi il settore della medicina, con l'istituzione delle “dottoresse dai piedi nudi"; e superando così le difficoltà, dovute anche a talune opinioni errate tendenti a considerare “il preoccuparsi dei mali del popolo" come opposto allo spirito rivoluzionario “non temere né la morte né i sacrifici”...