01/07/16

COMUNICATO STAMPA




È il caso di ritornare sulla manifestazione del 25 giugno della campagna Pagine contro la tortura, evidenziando quegli aspetti che alcuni media, hanno deliberatamente distorto o oscurato, sminuendo, in qualche caso denigrando il significato di quella manifestazione.
Ciò che è emerso chiaramente prima e dopo il 25 giugno, è stato il rifiuto di misurarsi nella discussione sulla denuncia che la campagna ha sollevato: la realtà intollerabile delle condizioni di detenzione nelle carceri italiane, l’ancor più disumana condizione imposta dal 41 bis, la prassi innominabile della tortura “bianca” (e non solo “bianca”) che arriva perfino a negare libri ai detenuti, i prigionieri politici usati come ostaggi e il carcere come spauracchio contro le lotte sociali. Questioni che tutti dovrebbero avere interesse a conoscere e cambiare, non solo gli “antagonisti ed ex brigatisti”.
Anche per questo la manifestazione del 25 giugno a l’Aquila, è stata forse la più difficile, anche solo da costruire, della campagna “Pagine contro la tortura” e il suo risultato va considerato senz’altro positivo.
È stata una manifestazione dignitosa, necessaria e coraggiosa, in un clima crescente di repressione generalizzata, che nelle città di provincia aumenta a dismisura la sua funzione di deterrenza dalle lotte e dalla solidarietà, con la paura, la differenziazione tra “buoni e cattvi”e l’isolamento di chi lotta. Abbiamo vinto tutto questo con la forza delle nostre ragioni e della nostra volontà.
Anche solo per poche ore e circondati da una cintura di forze di polizia semplicemente grottesca per il numero e l’atteggiamento “muscolare”, abbiamo rotto il silenzio e la nostra voce è arrivata ai prigionieri, che ci hanno salutato, sventolando dalle finestre a bocca di lupo quello che avevano: fazzoletti, indumenti, perfino una stoffa rossa, il colore della nostra solidarietà.
Chi ha blindato una città, chi ha parlato di flop della manifestazione, ha in realtà spogliato un re, mettendo a nudo la vera faccia di questo sistema, che con il populismo penale da un lato e la guerra dall’altro, serve tutt’altri interessi di quelli di un popolo “libero e forte”, perché ne mina alla base la carta costituzionale.
La giornata di manifestazione è passata, le ragioni per cui ci siamo mossi anche da città lontane, restano. E anzi rilanciamo la sfida a misurarsi con queste, non a nascondersi dietro la “preoccupazione” o la complicità dell’indifferenza.
Questa manifestazione è stata per noi l'inizio (e non la fine) di una battaglia che deve proseguire, per la lotta contro la repressione, per la difesa delle condizioni nelle carceri, per la liberazione dei prigionieri politici. Una battaglia che vorremmo far ripartire il prossimo autunno dall’Aquila, città sempre più deserta ma dal carcere sempre più affollato e inumano, quale luogo sarebbe più adatto?

Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario
Soccorso Rosso Proletario

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