31/10/14

APPELLO PER UN SIT-IN A FIANCO DELLE COMBATTENTI CURDE - DIFFUSO IL 1° NOV. ALLA MANIFESTAZIONE A ROMA

APPELLO PER UN SIT-IN A FIANCO DELLE COMBATTENTI CURDE - DIFFUSO IL 1° NOV. ALLA MANIFESTAZIONE A ROMA



NOI DONNE AL FIANCO DELLE COMBATTENTI KURDE
organizziamo un 
SIT-IN ALL'AMBASCIATA TURCA
Raccogliamo l'appello delle compagne curde

Organizziamo nello stessa giornata dei sit-in tutte le città, iniziative delle donne in solidarietà con le donne combattenti curde, contro l'Isis e l'imperialismo.

Dall'intervista ad Asia, una rappresentante curda all'assemblea del 11 ottobre:
"come possiamo intervenire qui in Europa, in Italia per portarvi la nostra solidarietà?"
...ci sono diversi modi. In primo luogo ci serve sempre un'attenzione: questa situazione si deve vedere come una situazione che si può vivere ogni giorno e che riguarda tutti. Ognuno di noi può fare qualcosa e fare pressione affinché il governo turco, anzichè proteggere ISIS, lasci trasportare i feriti agli ospedali di Turchia...i cittadini di Kobane dicevano che volevano avere anche solo un saluto dall'umanità, volevano sapere che il mondo sta vedendo questo genocidio e questo è importante da un punto di vista morale.
Anche qui in Italia si può fare qualcosa, perchè noi non vediamo che il governo italiano voglia portare la pace in quella regione... La guerra dei governi è contro le donne, contro i popoli e le donne sono le prime ad essere colonizzate e schiavizzate. In questa società le donne è come se non esistessero, ma le donne sono il centro del popolo... se si vuole difendere il popolo bisogna difendere i diritti, la libertà delle donne prima di tutto...”

Dall'intervista a Pinar Aydinlar, artista e militante comunista rivoluzionaria:
“... rispetto ad altre guerriglie e lotte rivoluzionarie di liberazione nazionale, la particolarità di questa lotta è il ruolo importante che vi giocano le donne rivoluzionarie curde.
Donne che hanno rifiutato il ruolo subordinato, gli affetti familiari, per prendere le armi e combattere... È una lotta antimperialista. L’imperialismo si oppone da sempre all’autonomia del popolo curdo nella regione e, soprattutto, perché sa bene che questo movimento è diverso dagli altri movimenti autonomisti proprio grazie al ruolo in esso delle donne... il ruolo che in esso vi svolgono le donne assume un grande valore per tutti i rivoluzionari, i comunisti, gli antimperialisti e, allo stesso tempo, chiama tutte le donne, rivoluzionarie a assumere iniziative e avere un ruolo in prima linea a sostegno di questa lotta antimperialista.
Le donne e bambini sono le prime vittime della guerra e dell’ideologia dell’ISIS, ma le donne di Rojawa non sono solo le prime vittime, sono le prime combattenti. Le donne che lasciano le case per combattere non lottano solo per l’autodeterminazione del loro popolo, lottano per la loro stessa liberazione...”.

Non lasciamo disattese queste richieste di aiuto, solidarietà.
Perchè la lotta delle donne curde è la nostra lotta.
Proponiamo un sit-in all'ambasciata turca
a Roma per il 22 novembre

Perché l'Isis e l'imperialismo che lo sostiene sono il nostro nemico comune
Perchè noi che stiamo in un paese imperialista il miglior sostegno che possiamo dare alle nostre sorelle curde è la lotta contro l'imperialismo (avanguardia di tutte le barbarie), compreso l'Italia.
Perchè L'Isis, sostenuto dalla Turchia, addestrato dalla NATO, foraggiato dall'occidente è un prodotto del nostro sistema e possiamo/dobbiamo combatterlo alle radici, anche sul nostro territorio.
Per organizzarci: tavolo4flat@inventati.org – 3287223675

Le compagne del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario

26/10/14

Rey­ha­neh Jab­bari: è proprio vero che le abbiamo provate tutte per salvarla?

da Tavolo4:
 
Renzi, Mogherini, Boldrini, non è vero che Rey­ha­neh Jab­bari è vittima 2 volte. Lo è almeno 4 volte, grazie alla complicità del paese imperialista che voi rappresentate. Lo è almeno 3 volte, grazie alla complicità del sistema, quello capitalista,  che voi rappresentate. E anche per le restanti 2 volte che voi ammettete sia vittima Rey­ha­neh Jab­bari...
siete ugualmente responsabili, anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti
Perché il sistema che voi servite non è quello delle donne proletatrie
perchè il sistema che voi rappresentate è quello che ci opprime , ci sfrutta e ci uccide
perchè voi non potete concederci altro che un vago, ipocrita, pietoso pensiero post mortem, mentre intanto decretate la nostra morte,
mentre intanto ci condannate a morte
se gridiamo la nostra verità
se inseguiamo la nostra libertà
se ci ribelliamo al sistema che voi rappresentate e che ci opprime e ci uccide.

ANCHE SE VOI VI CREDETE ASSOLTI SIETE LO STESSO E PER SEMPRE COINVOLTI

Profondo dolore e rabbia per l'assassinio di Reyhaneh dalle lavoratrici Slai Cobas s. c. policlinico PA

DALL’IRAN ALL’INDIA, ALL’ITALIA, CHE IL SANGUE VERSATO DALLE TANTISSIME DONNE IN OGNI PATRTE DEL MONDO, A CAUSA DEL MODERNO MEDIOEVO GENERATO DAL SISTEMA IMPERIALISTA E DAI SUOI GOVERNI, POSSA BEN PRESTO TRASFORMARSI IN PALLOTTOLE… PER LA BORGHESIA E NELLA DISTRUZIONE DI QUESTA SOCIETA’ BARBARA!

Non possiamo che provare un immenso dolore e rabbia per l’assassinio di Reyhaneh Jabbari, giovane donna impiccata dal regime iraniano, per avere giustamente ammazzato colui che aveva tentato di violentarla
Nello stesso tempo, esprimiamo anche il nostro  grande onore per Reyhaneh, che ha avuto il coraggio di fare fuori il suo stupratore e di denunciare fino alla fine, a costo della propria vita, il tentativo di stupro subito

Impiccate, lapidate, sfregiate con l’acido, impalate e arse vive, strangolate,uccise a martellate, a coltellate o sparate; segregate,violentate, massacrate di botte, terrorizzate,oppresse,represse,vendute, annullate, costrette alla prostituzione, alla droga, alla depressione e spesso anche alla pazzia; super sfruttate, molestate anche sul lavoro, mobbizzate, discriminate,sottopagate;, incubatrici, badanti, schiave del focolare. 

Questo è il destino delle donne in questo sistema reazionario, misogino  e moderno fascista. Perciò nessuna si illuda che all’interno di esso vi possa essere un miglioramento delle condizioni dell’altra metà del cielo. Che si tratti dell’Iran, dell’India o dei paesi occidentali, Italia compresa, la condizione delle donne mostra inconfutabilmente la natura barbara della società mondiale, dove le donne sono considerate proprietà e zerbino degli uomini.

Di fronte a tutto ciò non si può far finta di niente,
 non si può continuare a chinare la testa!

Impariamo dalla grande forza e determinazione di Reyhaneh e di tutte quelle donne che lottano senza tregua  mettendo in gioco la propria vita, ponendosi  alla testa dei movimenti, dei partiti e delle guerre popolari, così come in India, in Turchia ecc., per la liberazione delle donne ed un mondo migliore.

Vendichiamo, come affermano le compagne del MFPR, la vita di tutte le donne massacrate, violentate, oppresse,represse, scatenando la furia delle donne in ogni paese, e rafforzandone ed elevandone la lotta contro stati, borghesia, governi,padroni,partiti, sindacati di regime, per la rivolta, la guerra popolare, la rivoluzione, la trasformazione radicale della società!

Pa, 26.10.2014

Lavoratrici SLAI Cobas s.c. Policlinico-Palermo

IL NOSTRO DOLORE E FURORE PER L'IMPICCAGIONE DI REYHANEH JABBARI! "MIA FIGLIA CON LA FEBBRE HA BALLATO SULLA FORCA"


Il Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario esprime tutto il suo profondo dolore e nello stesso tempo furore per l'impiccagione da parte del regime iraniano di Reyhaneh. 
Esprimiamo il nostro rispetto e orgoglio, come donne in lotta contro un sistema sociale barbaro e putrido, di fronte alla determinazione, altezza e dignità di Reyhaneh che fino all'ultimo non ha voluto negare di aver subito il tentativo di stupro, benchè sapesse bene che questo rifiuto le sarebbe costata la vita.
Esprimiamo tutta la nostra solidarietà alla madre Shole Pakravan, che fino all'ultimo ha lottato, non si è piegata di fronte al dolore e ai ricatti del regime, e ha detto "Mia figlia con la febbre ha ballato sulla forca". 
Questa impiccagione per il reazionario regine iraniano - sostenuto dagli imperialismi, che ora fanno, come sempre, dichiarazioni ipocrite ma continuano i loro legami sporchi di sangue - è di fatto un segnale per tutte le donne iraniane di peggioramento della condizione, della vita delle donne, che dimostra che su questo i governi che siano "moderati" come si presenta quello attuale o che siano dichiaratamente reazionari come quello di Ahmadinejad, non cambiano la loro politica fascista contro le donne e le masse popolari - vedi la nuova legge (Amr-e be marouf va nahi az monkar - Propagare la virtù e prevenire il male), approvata dal parlamento, sull'estensione dei diritti sanzionatori a tutti i cittadini contro chi non rispetta i costumi della Repubblica islamica, che per le donne vuol dire essere sfregiate con l'acido se non si coprono bene con il velo; o l'arresto in giugno di Ghoncheh Ghavami, 25enne britannica di origini iraniane si solo perchè protestava contro il divieto alle donne di assistere ad eventi sportivi.
Ancora una volta la condizione di oppressione, violenza delle libertà e diritti delle donne è la punta di iceberg di una condizione di oppressione, fascista di tutte le masse popolari e indica il livello di inciviltà di un paese. 
Ma in Iran, come in tutto il Medio Oriente, come in tutto il mondo, l'accanirsi contro le donne è espressione del miserabile ma vano tentativo di zittire e colpire il settore più oppresso delle masse popolari ma nello stesso tempo quella forza che quando si unisce e lotta scatena una furia rivoluzionaria che fa paura.

VENDICHIAMO LA MORTE DI REYHANEH, ALZANDO E RAFFORZANDO LA NOSTRA LOTTA DOVUNQUE CONTRO GLI STATI E I GOVERNI BORGHESI-FEUDAL BORGHESI, CONTRO L'IMPERIALISMO, PER LA RIVOLUZIONE, PER LA GUERRA POPOLARE, IN CUI - COME MOSTRANO L'INDIA, KOBANE... LE DONNE SONO IN PRIMA FILA, L'ANIMA PIU' DETERMINATA PERCHE' HANNO DOPPIE/TRIPLE CATENE DA SPEZZARE! 


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(da varia stampa)
Rey­ha­neh Jab­bari è stata impic­cata. Men­tre il boia si avvi­ci­nava, la gio­vane, 26 anni, col­pe­vole di aver ucciso l’uomo che ten­tava di stu­prarla, ha deciso di non dichia­rare il falso. La fami­glia dell’impiegato del mini­stero dell’Intelligence, Mor­teza Sar­bandi, ucciso in cir­co­stanze di legit­tima difesa dalla ragazza nel 2009, chie­deva a Rey­ha­neh di negare che avesse subito un ten­ta­tivo di stu­pro. E lei non lo ha fatto.

«Mia figlia con la feb­bre ha bal­lato sulla forca»: sono state le com­mo­venti parole della madre, Shole Pakra­van, nota attrice di tea­tro ira­niana. Ad atten­dere l’esecuzione c’erano tante per­sone, fami­liari e amici...
Reyhaneh era stata arrestata nel 2007, quando aveva 19 anni, per l’omicidio di Morteza Abdolali Sarbandi, ex dipendente del ministero dell’Intelligence di Teheran. La ragazza era stata condannata a morte dopo un processo viziato da irregolarità secondo quanto denunciato da Amnesty International

Secondo Amnesty International, le indagini sul caso non si sarebbero svolte secondo procedure accurate. Secondo le ricostruzioni di alcuni periti un altro uomo avrebbe ucciso la vittima. Per questo, Jabbari sarebbe stata obbligata a rinunciare al suo avvocato per evitare che venissero svolte ulteriori indagini.

La sto­ria di Rey­ha­neh con­ferma la dif­fi­cile con­di­zione delle donne ira­niane. Ormai i casi si mol­ti­pli­cano. Anche ieri a Teh­ran, decine di donne sono scese in piazza in soli­da­rietà con le gio­vani sfre­giate da para­mi­li­tari a Isfa­han per­ché por­ta­vano veli troppo scol­lati: una di loro, Soheila Jor­kesh, è morta dopo giorni di ago­nia. Men­tre Ghon­cheh Gha­vami resta in car­cere solo per aver assi­stito a una par­tita di pal­la­volo maschile a Teh­ran e l’avvocato Nasrin Sotou­deh non potrà difen­dere gli atti­vi­sti ira­niani per i pros­simi tre anni dopo la deci­sione della Corte di Evin di toglierle la licenza.
Le donne ira­niane sono state le pro­ta­go­ni­ste della rivo­lu­zione del 1979 ma hanno subito deci­sioni discri­mi­na­to­rie: l’infausto obbligo del velo, limiti nei diritti di suc­ces­sione e pro­ces­suali... Le pro­messe di Rohani per mag­giori diritti delle donne si sono rive­late incon­clu­denti.

Quasi contemporaneamente all'impiccaggione di Reyhaneh, a Isfahan ragazze, studenti, sono scesi in piazza. È la prima volta dal 2009 che Isfahan, la seconda città iraniana, scende in piazza dopo l'Onda verde che si opponeva alla rielezione dell'ex presidente Mahmud Ahmadinejad. Questa volta però la ragione per cui uomini e donne, molti giovani e studenti di Isfahan (anche a Teheran ci sono state manifestazioni), sono scesi in piazza è un'altra. I manifestanti gridavano: «Polizia, dove sono gli occhi di mia sorella?». La folla faceva riferimento a chi si è reso responsabile di aver sfregiato con l'acido sei donne iraniane (forse dieci, secondo fonti indipendenti), colpevoli di non essere «velate bene». Una di loro, Soheila Jorkesh, è morta ieri dopo il ricovero. Alcune delle ragazze hanno perso gli occhi. 
L'episodio di Isfahan è strettamente legato alla nuova legge (Amr-e be marouf va nahi az monkar - Propagare la virtù e prevenire il male), approvata nei giorni scorsi dal parlamento, sull'estensione dei diritti sanzionatori a tutti i cittadini contro chi non rispetta i costumi della Repubblica islamica. Lo stesso presidente moderato Hassan Rohani ha criticato la legittimità della nuova legge.
Ovviamente i metodi usati in questo caso specifico (dalle moto fino all'obiettivo di «donne velate male») fanno pensare a uno dei tanti gruppi paramilitari, in particolare, secondo alcune fonti, sarebbero coinvolti gli Ansar-e Hezbollah.

24/10/14

Un ponte verso le donne che combattono in India. Intervento del MFPR al Meeting Internazionale per il decimo anniversario de PC India (maoista)



Il movimento femminista proletario rivoluzionario, organismo generato del PCm Italia, saluta oggi, in questo meeting internazionale, con profonda gioia rivoluzionaria il 10° anniversario della fondazione del Partito Comunista dell'India (maoista), partito dirigente e guida della grande guerra popolare in India contro il sempre  più reazionario Stato indiano e l'imperialismo; saluta tutti i compagni del Partito e le masse popolari indiane in lotta e  in particolare le tante compagne, donne che nel cammino verso la conquista di un nuovo potere, il potere del popolo, ne costituiscono una ampia parte integrante e determinante; e rende oggi anche grande onore  a tutti i martiri e le martiri caduti combattendo, alzando ancora più in alto le bandiere rosse della rivoluzione.  

Già alla Conferenza internazionale di Amburgo del novembre 2012, che cadde in concomitanza del 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, lanciammo durante l'intervento la proposta di costruire un ponte/collegamento di solidarietà/sostegno con le compagne, donne indiane "…sia per fare conoscere alle masse proletarie e popolari femminili la guerra di popolo indiano e il protagonismo diretto in essa delle tante compagne e migliaia di donne, sia per trovare forza e esempio per fare avanzare anche nel nostro paese il processo rivoluzionario che veda protagoniste le donne, in particolare le proletarie…", l'India è  oggi infatti uno dei luoghi più avanzati in tutto il mondo della lotta rivoluzionaria delle donne per l' emancipazione e liberazione dalle doppie, triple catene di oppressione, infatti "... la grande lotta delle compagne e donne indiane questo dice con forza: non solo una lotta "per sé" ma  una lotta complessiva  che chiama a fare i conti con il  tipo di società che si vuole costruire…" (dall'intervento di Amburgo)
E quel ponte lo abbiamo iniziato a costruire concretamente a partire da quel 25 novembre, in cui sul piano internazionale si dedicò  la giornata in particolare alle donne indiane maoiste;  e avanzando poi nel nostro paese verso nuove e importanti tappe di lotta sul piano delle donne, soprattutto con l'evento storico del primo Sciopero delle donne il 25 novembre 2013 e l'8 marzo di quest'anno, ogni volta, proiettando lo sguardo internazionalista verso tutte le donne, operaie, lavoratrici, proletarie che lottano nel mondo, verso tutte le compagne rivoluzionarie che sono in prima linea nelle guerre popolari, in particolare "…abbiamo voluto alzare sempre più in alto e stringere insieme le mani con le nostre sorelle indiane…", perché l'India sta sempre più diventando il simbolo della violenza del sistema imperialista e capitalista e in particolare contro le donne in tutti i suoi aspetti, e oggi  con l'avvento del nuovo governo fascista e filo imperialista di Modi, questo processo avanza rapidamente. In India alle vecchie tradizioni feudali, al tribalismo familiare, l'integralismo religioso nelle vastissime zone dell'India fuori dalle mega città si uniscono la ferocia di branco, il nuovo bullismo delle grandi città dove l'imperialismo aggiunge alle vecchie le nuove aberrazioni.  

Anuradha Gandhy, compagna Janaki, dirigente del Partito Comunista dell'India (Maoista), oggi non più in vita, che ha teorizzato sul movimento delle donne rivoluzionarie in India organizzandolo praticamente in alcune regioni, nel marzo 2001  in un'intervista di Poru Mahila,  l'organo della Krantikari Adivasi Mahila Sanghatan, in Dandakaranya, diceva in particolare sulle condizione delle donne delle città urbane : "… tutte le donne in India subiscono l'oppressione feudale, capitalista, imperialista e patriarcale, ciò avviene in varie forme in diverse aree, urbane e rurali. Le donne della classe operaia e le donne della classe media nelle aree urbane hanno alcuni problemi specifici. In primo luogo, se guardiamo ai problemi all'interno della famiglia, anche nelle aree urbane le donne sono oppresse dalla cultura feudaleLe ragazze non sposate sono sotto pressione per sposare un uomo della stessa casta e religione…  Anche se una donna vuole lavorare fuori casa dovrà ottenere il permesso di suo padre, fratello o marito. Così diventa inevitabile per le donne combattere anche per l'indipendenza economica. Specialmente negli ultimi 25-30 anni l'India può essere divenuta l'unico paese al mondo in cui il nuovo crimine dell’uccisione delle spose bruciandole per la dote è diventato di moda… Le donne nelle aree urbane…ottengono posti di lavoro in fabbriche, uffici, scuole, ospedali e negozi. Ma in molti posti di lavoro non sono pagate allo stesso modo degli uomini … e in cima a tutto questo esse devono fronteggiare le vessazioni da parte degli appaltatori e degli uomini per i quali lavorano. Ciò avviene in molte forme. Non solo le donne della classe operaia, ma anche le donne istruite della classe media si trovano ad affrontare tali intimidazioni… un altro punto è che l'influenza della cultura imperialista è molto grande sulle donne urbane. Non solo sono influenzate dal consumismo, ma ne sono anche vittime. Questo aumenta di giorno in giorno. Invece dei valori umani si dà più importanza alla bellezza e ai prodotti di bellezza. La conseguenza è che vi è un ambiente di insicurezza a causa di atrocità e molestie nelle aree urbane…"

Ma soprattutto in India le violenze, uccisioni delle donne, che in questi ultimi periodi in alcuni Stati hanno fatto esplodere grandissime manifestazioni di massa, in cui la partecipazione  delle donne, delle giovani, è stata enorme, vengono perpetrati direttamente da parte dello Stato indiano come arma di repressione soprattutto nelle zone rurali dove è in corso la guerra popolare, gli stupri atroci di contadine, delle donne dei villaggi, delle donne dalit,  da parte della polizia e delle forze militari e paramilitari, vedi l'operazione Green Hunt, sono una normalità; e gli stupri odiosamente accompagnano sempre le torture contro le compagne maoiste arrestate.
 Moltissime donne, compagne hanno però trasformato questa violenza subita, le condizioni brutali di vita, la repressione dell'esercito di Stato in impetuoso fattore di ribellione e  aderendo alla guerra popolare oggi costituiscono più del 50% dei combattenti costituendo una parte fondamentale della guerra rivoluzionaria del popolo guidata dal Partito Comunista maoista.
 "La guerra popolare ha mandato in frantumi le esitazioni delle donne del Dandakaranya" ha affermato la compagna Anuradha Gandhy riferendosi alla massiccia adesione delle donne adivasi alla guerra popolare in quella regione, ma ciò ha riguardato tutte le zone coinvolte dalla guerra popolare a tal punto che il governo, lo Stato teme la numerosa presenza delle donne nella guerra popolare e cerca di contrastarne con ogni mezzo violento l'adesione e partecipazione.

La questione delle donne è quindi uno degli elementi fondamentali trattati dal Partito Comunista indiano maoista, lo sviluppo e il rafforzamento della militanza rivoluzionaria delle donne, tante sono quadri nell'esercito e all'interno del partito, anche se passi in avanti si devono ancora fare per affermare pienamente il ruolo dirigente delle compagne – scrive Anuradha Gandhy: "…Ovunque il partito lavora in modo sistematico, possiamo vedere che la partecipazione delle donne è maggiore in tutte le attività e movimenti politici… ma vi è anche la necessità di dare speciale formazione sociale e politica alle donne…Anche se si stanno contrapponendo a tali grandi nemici e forze, la timidezza e il senso di subordinazione, i cui i resti sono ancora presenti, sono anch'essi i loro grandi nemici che ostacolano il loro sviluppo... Devono combattere contro i nemici che si trovano innanzitutto dentro di sé… Per affrontare tutte queste sfide le nostre compagne dovrebbero raggiungere la maturità politica e ideologica e avere fiducia in se stesse… per portare avanti anche la comprensione per quanto riguarda la vera liberazione della donna intervenendo anche nel movimento delle donne che sta andando avanti nella forma di varie correnti nel paese…".
La lotta contro l'oppressione feudale/patriarcale/maschilista nelle zone del nuovo potere è una lotta concreta, quotidiana, che seppur complessa è avanzata sia praticamente che ideologicamente anche attraverso le organizzazioni di massa specifiche per le donne dirette dal partito, ma questa lotta avviene anche  all'interno del partito, nelle file rivoluzionarie contro la permanenza o il riprodursi di manifestazioni patriarcali, anche attraverso specifiche campagne di rettifica.
Il protagonismo delle donne nella guerra popolare in India mostra che mentre si porta avanti  la lotta di classe rivoluzionaria  nel contempo si mette in moto la lotta per una trasformazione delle idee, della cultura, della famiglia, delle tradizioni religiose…

La guerra popolare in India rappresenta pertanto un esempio internazionale della lotta di liberazione delle donne e del mettere in atto la rivoluzione nella rivoluzione, un esempio verso cui come compagne del Movimento femminista proletario rivoluzionario, abbiamo sempre guardato nel cammino non facile ma entusiasmante, in un paese imperialista come l'Italia, volto alla conquista  alla lotta rivoluzionaria della maggioranza delle donne.  

Il collegamento/sostegno con la lotta rivoluzionaria delle compagne indiane è e deve essere uno stimolo, ispirazione e incoraggiamento reciproco: in particolare oggi nel nostro paese il  nostro terreno di lotta principale sul piano delle donne è la condizione di vita e di lavoro, la doppia oppressione delle donne proletarie, operaie, precarie, disoccupate, immigrate… un terreno in cui le compagne del Mfpr, dirigono e guidano diverse lotte che per esempio l'anno scorso a novembre, come abbiamo accennato all'inizio, sono confluite in un eccezionale e partecipato nuovo evento "lo sciopero delle donne', che ha visto l'adesione e partecipazione di migliaia di donne tra  operaie di fabbrica, lavoratrici scuola, precarie di vari settori, disoccupate, studentesse; uno sciopero in cui la lotta contro l'emergenza sistemica dei femminicidi e violenza sessuale contro le donne nel nostro paese, cosiddetto "civile", si è intrecciata a tutta la condizione di doppia oppressione e sfruttamento che come maggioranza di donne subiamo a causa delle politiche governative sempre più reazionarie e da moderno medioevo al servizio del capitale; uno sciopero avvertito come "un pericolo" dai padroni, governo, Stato, partiti parlamentari, sindacati confederali, realtà femministe borghesi e piccolo-borghesi ma anche sottovalutato o ignorato da organizzazioni economiciste di ispirazione comunista, perché, ha posto al centro la questione della doppia lotta rivoluzionaria delle donne come determinante  per rovesciare da cima a fondo questo sistema sociale, secondo la concezione della rivoluzione nella rivoluzione per costruire una nuova società in cui tutta la vita deve cambiare,  ha rappresentato una concreta scintilla luminosa che accendendo tanti fuochi di lotta delle donne dal Nord al Sud del paese può nel tempo "incendiare la prateria"; durante lo sciopero delle donne abbiamo collegato la nostra lotta a quella delle compagne, donne indiane e di tutte le donne nel mondo contro il sistema capitalista e imperialista come forza poderosa per la rivoluzione.  

Attraverso le esperienze di lotta come l'importante Sciopero delle donne  le compagne del Movimento femminista proletario rivoluzionario, organismo ispirato e guidato dalle idee del marxismo-leninismo-maoismo, che sono in prima fila nell'organizzazione e guida delle donne proletarie in particolare,  avanzano nell'assumere un ruolo di direzione in tutti i campi, nel movimento sindacale, nel movimento delle donne e soprattutto nella lotta per la trasformazione rivoluzionaria del nostro paese a partire dalla costruzione del partito della rivoluzione.  Un partito comunista di tipo nuovo, che pone la questione delle donne come strategica, come netta discriminante, un partito  in cui le compagne costituiscono oggettivamente l'avanguardia più radicale, la forza trainante all'interno ideologica e politica contro patriarcalismo, concezioni e influenze borghesi/maschiliste, contro la mera accettazione "di principio" della questione delle donne che non si trasforma in forza materiale,  impugnando la  concezione della rivoluzione nella rivoluzione già all'interno del partito, come ricchezza generale in esso e per esso. Tra avanzate e arretramenti,  le compagne così contribuiscono al processo rivoluzionario in questo paese.
In questa ottica essere saldamente legate con le donne maoiste delle guerre popolari nel mondo, e oggi in particolare con le compagne, donne protagoniste della guerra popolare più avanzata e incisiva a livello internazionale è  un punto fondamentale.
Alla luce di tutto questo, nel chiudere questo saluto,  come compagne del Mfpr riteniamo necessario assumere l'impegno per un'iniziativa specifica rivolta alle donne indiane, cuore determinante della guerra popolare contro la ferocia dello Stato indiano, genocida del suo stesso popolo,  iniziativa che proponiamo al Comitato di sostegno che ha organizzato questo meeting e al movimento delle donne a livello internazionale, affinchè il ponte che abbiamo costruito si rafforzi e si estenda.

22/10/14

A proposito della relazione sull'applicazione della 194: indignamoci!

E’ uscito l’annuale rapporto del ministero della Salute sullo stato di applicazione della legge 194. Come al solito si tende ad affermare la sostanziale “compatibilità” tra l’elevato numero di obiettori di coscienza e il diritto, per le donne, di ricorrere all’ IVG; nel rapporto non manca il riferimento ai carichi di lavoro cui sono sottoposti i non obiettori, anche questo “compatibile”.
Per soffermarci sui dati numerici, bisogna dire che l’analisi non si basa sugli effettivi bisogni delle aree territoriali: come si spiegherebbero, altrimenti, il pendolarismo, da un lato, e il ricorso all’aborto clandestino, dall’ altro? Quello che è certo, comunque, è che l’obiezione di coscienza ha un ruolo pratico, concreto nel rendere la vita delle donne che intendono abortire difficile, complicata; ha un ruolo pratico concreto nel criminalizzare le donne che osano scegliere se portare avanti o meno una gravidanza; ha un ruolo ideologico, politico e pratico perché, con essa, si afferma che l’embrione conta più di una donna reale; perché contribuisce a spandere a piene mani un humus reazionario e oscurantista che vuole le donne rinchiuse nelle case, in un ruolo di mere badanti. Per tutto questo i dati del ministero della Salute devono suscitare indignazione, per questo occorre cancellare l’obiezione di coscienza dalla 194!

Mfpr- Milano

Di seguito un articolo sul rapporto Aborti, in Italia nel 2013 calati del 4%. Ma interruzioni clandestine oltre 15mila. Resta alto il numero degli obiettori di coscienza tra ginecologi, anestesisti e infermieri.
Continua a calare il numero di aborti in Italia e a rimanere alto quello degli obiettori di coscienza tra ginecologi, anestesisti e infermieri, anche se quei (pochi) che eseguono le interruzioni volontarie di gravidanza sono comunque sufficienti rispetto agli interventi che si fanno: queste alcune delle conclusioni che emergono dalla relazione inviata al Parlamento dal ministero della Salute sull’applicazione della legge 194. Dati che confermano quelli dell’anno precedente, ma che, secondo i ginecologi della Laiga (Libera associazione italiana ginecologi per l’applicazione della legge 194), raccontano una realtà diversa da quella che invece vivono ogni giorno medici e pazienti. Secondo la relazione infatti, nel 2013 sono state notificate 102.644 interruzioni di gravidanza, cioè il 4,2% in meno rispetto al 2012, e il tasso di abortività è risultato pari a 7,6 aborti per 1.000, con un calo del 3,7% rispetto al 2012.
Tante ancora le donne straniere che ricorrono all’interruzione di gravidanza, visto che sono circa il triplo delle italiane, anche se stanno iniziando a stabilizzarsi, mentre l’Italia in Europa è uno dei paesi con il minore ricorso all’aborto tra le minorenni, rispetto agli altri Paesi dell’Europa Occidentale. Più o meno stabile, dal 2005, il numero di aborti clandestini, che secondo i calcoli dell’Istituto superiore di sanità per il 2012 sono stimabili in 12-15mila tra le italiane e 3-5mila tra le straniere. Pubblicità Il dato più interessante, e a tratti sorprendente, è quello che riguarda invece l’obiezione di coscienza, che pur avendo numeri da capogiro, non provocherebbe sostanzialmente problemi ai colleghi non obiettori che devono lavorare di più né complicazioni alle pazienti. La relazione contiene infatti i risultati del primo monitoraggio su aborti e personale obiettore, condotto dal ministero insieme alle Regioni. Da qui emerge che nel 2012 in media sono stati obiettori più di due ginecologi su tre (69,6%), la metà degli anestesisti (47,5%) e per il personale non medico c’è stato un ulteriore incremento, con valori che sono passati dal 38,6% nel 2005 al 45% nel 2012. Poi ci sono i “picchi” di alcune regioni, come Molise e Basilicata, dove i tassi di obiezione tra i ginecologi si aggirano sul 90% e quello tra gli anestesisti sull’80%. Ma, secondo i dati, le “ivg” vengono effettuate nel 64% delle strutture disponibili, dunque con una copertura “soddisfacente”, tranne che in Molise e nella provincia autonoma di Bolzano. E, considerando il numero di aborti che ogni settimana deve fare ogni ginecologo non obiettore, ipotizzando 44 settimane lavorative in un anno, a livello nazionale ogni non obiettore ne effettua 1,4 a settimana, un valore medio fra il minimo di 0,4 della Valle d’Aosta e quello massimo del Lazio, con 4,2. Il numero dei non obiettori nelle strutture ospedaliere è dunque “congruo” rispetto alle ivg effettuate, “quindi gli eventuali problemi nell’accesso al percorso – conclude la relazione – sono dovuti eventualmente ad una inadeguata organizzazione territoriale”.
Soddisfatta Eugenia Roccella, parlamentare Ncd. “L’obiezione di coscienza – rileva – non rappresenta un ostacolo al ricorso alle interruzioni volontarie di gravidanza. Le criticità segnalate sono dovute alle eventuali inadeguatezze sanitarie delle diverse regioni, ma non si possono usare gli obiettori per mascherare i problemi dell’organizzazione sanitaria locale”. “Favole” secondo Giovanna Scassellati, ginecologa non obiettrice dell’ospedale San Camillo di Roma. “Noi così crediamo alle favole – commenta amara – Il San Camillo fa un terzo di tutte gli aborti della regione Lazio. Nel mio reparto di ginecologia, siamo senza primario, lavoriamo sotto organico e su un sacco di turni. Il problema è che non ci si ribella mai, e quando lo si fa, si viene penalizzati”. Anche i numeri sul carico di lavoro settimanale non collimano con quelli della realtà lavorativa quotidiana, come conferma Silvana Agatone, presidente della Laiga. “All’ospedale Pertini di Roma siamo in tre a fare 80 interruzioni di gravidanza al mese, cui ci sono ad aggiungere gli aborti terapeutici – evidenzia – I dati della relazione sono viziati da una distorsione di fondo, perché monitorano l’offerta e non la domanda. Sappiamo che ad esempio nel Lazio e nelle Marche ci sono ospedali che fanno 2-3 interventi a settimana, costringendo così le donne a ‘emigrare’ in altre strutture e regioni”.

Dalle donne Kurde alle donne italiane: un appello, un dialogo...

avanti con la mobilitazione per la resistenza kurda

contro ISIS e imperialismo!

https://scioperodelledonne.files.wordpress.com/2013/01/kurde3.pdf
Ad Asia - ufficio informazione kurdistan in Italia - avevo chiesto: "come possiamo intervenire qui in europa per portarvi la nostra solidarietà? Come possiamo contribuire?"
Quella che segue in calce è stata in sintesi la risposta di Asia.
Non lasciamo disattesa questa richiesta di aiuto, non perchè siamo buone, ma perchè siamo sorelle e compagne
Perché l'Isis e l'imperialismo che lo sostiene sono il nostro nemico comune
Perché l'Isis, dopo una performance della coalizione a guida USA, si sta preparando a un nuovo attacco
Perché l'Isis per ora è meno sfacciato di Israele, ma come questo è uno stato teocratico e imperialista, espressione del capitalismo burocratico in medio oriente
Perchè L'Isis, sostenuto dalla Turchia, addestrato dalla NATO, foraggiato dall'occidente è un prodotto del nostro sistema e possiamo/dobbiamo combatterlo alle radici, quindi anche sul nostro territorio
Perchè allora non cominciamo con l'ambasciata turca a Roma?
Se le compagne romane ci sono, potremmo indire un presidio sotto l'ambasciata turca in tempi brevi, in occasione della manifestazione globale contro ISIS per Kobanê, proclamata per il 1°novembre.
Fate sapere la vostra disponibilità, se non per quel giorno per altri, anche per raccordarci con eventuali altre manifestazioni in Italia

Luigia, mfpr-l'Aquila

Asia: ci sono diversi modi. In primo luogo ci serve sempre un'attenzione: questa situazione si deve vedere come una situazione che si può vivere ogni giorno e che riguarda tutti, non come è successo nella seconda guerra mondiale con i nazisti. Ognuno di noi può fare qualcosa, si possono raccogliere aiuti, andare sul confine e fare pressione affinché il governo turco, anzichè proteggere ISIS, lasci trasportare i feriti agli ospedali di Turchia.
E' importante anche l'aiuto psicologico, ad esempio i cittadini di Kobane dicevano che volevano avere anche solo un saluto dall'umanità, volevano sapere che il mondo sta vedendo questo genocidio e questo è importante da un punto di vista morale.
E' importante non lasciarli soli, l'isolamento, l'embargo per i popoli del medio oriente, che sono abituati a vivere tutti insieme, fa loro più male dell'ISIS, psicologicamente, socialmente, economicamente, militarmente.
Noi abbiamo fatto una proposta alla comunità internazionale di creare un gruppo, una "coalizione dei popoli", per intervenire lì al confine, come un gruppo della solidarietà, per far attenzione, per opporsi alla guerra, agli interessi degli stati-nazione.
Anche qui in Italia si può fare qualcosa, perchè noi non vediamo che il governo italiano voglia portare la pace in quella regione. Noi crediamo che i popoli, non gli stati-nazione possano cambiare il corso della storia, perciò abbiamo attuato il confederalismo democratico. Se i governi, se gli stati avessero fatto gli interessi dei popoli allora non ci sarebbero state queste guerre. La mentalità degli stati-nazione è falsa, bisogna cambiare questa mentalità, questa ideologia. La guerra dei governi è contro le donne, contro i popoli e le donne sono le prime ad essere colonizzate e schiavizzate. Il potere degli stati nazione è intrinsecamente patriarcale. In questa società le donne è come se non esistessero, ma le donne sono il centro del popolo. Il popolo si organizza secondo la donna oppure secondo la madre e se si vuole difendere il popolo bisogna difendere i diritti, la libertà delle donne prima di tutto. Questo secondo noi è molto importante, perciò nel sistema del Rojava, la partecipazione delle donne è del 40%, quella degli uomini pure e il restante 20% è rimasto così (?), perciò questo sistema può essere un modello per gli altri paesi, oppure per tutto il medio oriente.
In Europa, e ancor di più in medio oriente per l'influenza dell'islam, la donna non viene proprio considerata come persona. questo noi non lo accettiamo. Abbiamo la forza di costruire un altro sistema con la forza del popolo, con la partecipazione del popolo e noi ci siamo riusciti, nonostante la guerra, a partire da ogni aspetto della vita sociale, economica, culturale, fino all'educazione, all'istruzione, alla difesa.
E' possibile anche se è difficile, ma anche la resistenza è una cosa difficile, non possiamo condurre una vita normale, come il popolo palestinese e altri popoli della regione che si devono abituare alla guerra e secondo questo modo di vivere sono costretti anche a rafforzare la psicologia. Questa è una realtà, ma non possiamo dire "non possiamo far niente" e allora che facciamo? rimaniamo così quando ci sfruttano e ci uccidono?
Sappiamo che la difesa è un diritto e si può usare, ma si deve anche usare!

20/10/14

contro il "marcio"corteo degli integralisti



Il 25 ottobre, a un mese esatto dal 25 novembre giornata internazionale contro la violenza sulle donne vengono lasciati sfilare – per la seconda volta in sei mesi – a Milano e, in contemporanea a Caserta-sfileranno gli integralisti cattolici del Comitato No194, compreso Militia Christi, che si pone l’obiettivo di abrogare la 194 e la criminalizzazione delle donne e dei medici che praticano l’ aborto. E’lo stesso Comitato che promuove le oscene “preghiere di riparazione di aborto ed eutanasia” davanti agli ospedali pubblici di diverse città. Una presenza fortemente intimidatoria.
Questa marcia avviene in una regione , che già negli anni delle giunte Formigoni, si è particolarmente distinta per gli attacchi ideologici, pratici contro le donne: ricordiamo, qui: il seppellimento dei feti abortiti, il permesso di ingresso del CAV negli ospedali, le moderne ruote degli esposti, il tentativo di ridisegnare la legislazione nazionale in tema di IVG. Contribuendo a spandere a piene mani un humus maschilista, pregno di concezioni reazionarie verso le donne. Oggi la "tradizione" continua con la giunta Maroni, con un di più di razzista verso le donne immigrate nei “provvedimenti” legislativi; oltre ai tagli ai parti indolori  ai fondi Nasko, fondi per il “sostegno” alla maternità, puro strumento ideologico al servizio della centralità della famiglia, del ruolo in essa delle donne, potranno accedere le donne da anni residenti in Lombardia;  il “diritto alla vita” delle donne non conta, la condizione reale fatta di precarietà, non lavoro, peggioramento delle condizioni di lavoro, tagli di servizi scaricati sulle donne…Ma, soprattutto, la giunta Maroni si è adoperata per  la trasformazione dei Consultori in “Centri di supporto alle famiglie: un attacco ideologico e pratico contro le donne, che pone al centro la famiglia con il ruolo subordinato in essa delle donne e le priva di una delle poche strutture di riferimento per l’autodeterminazione in tema di maternità:  invece di aumentarne il numero – per legge dovrebbe esserci un consultorio ogni 20.000 abitanti, attualmente sono 1 ogni 60.000.
Queste marce  avvengono in un Paese in cui l’aumento crescente degli  obiettori di coscienza  limita sempre più il diritto d’aborto e quindi la libera scelta delle donne in tema di maternità, ma, soprattutto, mette a repentaglio la vita stessa delle donne costrette a pendolarismo nelle regioni in cui il tasso di obiettori è minore, al ricorso a pratiche abortive “fai da te”, all’aborto clandestino soprattutto tra le immigrate; in un Paese in cui periodicamente . In una fase di crisi, per prime le donne vengono ricacciate a casa, sia perché sono le prime ad essere licenziate, sia perché si scarica su di esse  il ruolo di “supplente” dei servizi di cura sempre più carenti e queste manifestazioni sono parte delle campagne che servono a giustificare e rendere “normale” una condizione delle donne difficile, di subalternità, sottomissione, queste marce contribuiscono a diffondere una concezione delle donne oscurantista e reazionaria. Noi riteniamo ci sia un nesso stretto tra l’ humus oscurantista  e reazionario che vuole riportare le donne a un Moderno Medioevo e l’aumento delle violenze contro le donne, sino alle uccisioni. L’abbiamo fortemente affermato nello storico sciopero delle donne del 25 novembre 2013 e nell’ 8 marzo Giornata internazionale di lotta delle donne. Per ciò riteniamo che questo corteo, le preghiere in “riparazione di aborto ed eutanasia” siano parte della guerra di bassa intensità contro le donne e i promotori l’anima “militante” della Chiesa, l’attuale Papa incontrando di recente gli esponenti del movimento per la vita ha dichiarato:” "L'aborto e l'infanticidio sono delitti abominevoli", concezione ribadita nel Sinodo in corso in questi giorni. E non certo di meri dibattiti religiosi si tratta, ma di indicazioni pratiche.
Per questo abbiamo contrastato il corteo del 12 aprile - il contropresidio, pur in poche, ha permesso alle tante donne che  si sono trovate inaspettatamente di fronte a una scena con macabre croci con fetini, volantini di negazione del diritto di scelta delle donne  e di  criminalizzazione delle donne che ricorrono all’ IVG,  di trovare   femministe  a contrastare sul campo i clerico-fascisti; in tante hanno ringraziato,  si sono sentite risollevate dal senso di profonda offesa,  preoccupazione, di rinnovata oppressione  e rabbia perché si fosse permesso questo odioso corteo  e hanno sostenuto le ragioni del contropresidio – e saremo ancora in piazzale Cadorna il 25 ottobre dalle 14.30 per contrastarlo e invitiamo le lavoratrici, le donne in lotta contro precarietà, contro gli attacchi ai diritti a partecipare con cartelli, slogan….perchè  occorre  contrastare a 360° gli attacchi ideologici, pratici, politici che in tema di autodeterminazione le donne di questo
 paese, a macchia di leopardo subiscono, a partire dalla cancellazione dell’obiezione di coscienza.

IL DIRITTO D’ABORTO NON SI TOCCA!
Contro Moderno Medioevo, Chiesa, Stato, Capitale
Giù le mani dal corpo delle donne!
Fascisti reazionari, passerete un guaio noi non torneremo a prezzemolo e cucchiaio!
Le lavoratrici, precarie, disoccupate aderenti all’  mfpr -Milano

 Per contatti: mfpr.mi1@gmail.com

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