27/08/14

La cicatrice non andrà via, dice la giovane donna che ha fatto ripartire la discussione e le manifestazioni sull’aborto in Irlanda

Per le migranti, le povere dei paesi in cui l'aborto è vietato repressione, rischio della vita, doppia, tripla oppressione, nessuna possibilità di scelta 


Mentre arrivano le prime foto da Dublino, dove hanno manifestato più di duemila persone, parla la ragazza che ha subito prima uno stupro da parte di un uomo e  poi violenze da parte delle istituzioni. Dopo due ricoveri, il tentato suicidio, l’alimentazione forzosa, l’aborto negato,  e un cesareo non voluto, la ragazza dice:  “Mi hanno detto che non potevo abortire. Ho risposto: allora lasciatemi morire. Non voglio più vivere in questo mondo. … La cicatrice non potrà mai andare via … sarà sempre un ricordo. A volte, quando sento il dolore … sento di essere stata abbandonata da tutti … io voglio solo che sia fatta giustizia. Per me questa è un’ingiustizia.”

Qui estratti dell’intervista raccolta da Kitty Holland di Irish Time.

La giornalista racconta  in un video la storia che ha raccolto e analizza il caso.

In questo articolo de “il Post” si trovano approfondimenti e link. Di seguito un breve estratto.

L’iter per ottenere l’autorizzazione “è molto difficile, ai limiti del surreale: ogni donna che manifesti intenzioni suicide in gravidanza deve essere esaminata da una commissione di 3 medici, e l’aborto può essere consentito se tutti danno un parere favorevole. In caso contrario la donna può presentare ricorso e venire esaminata da una seconda commissione, dovendo dunque sottoporsi, alla fine, a ben sette giudizi (tutto questo sempre mentre dice di volersi suicidare, e magari ci prova anche). …
Dopo l’approvazione della legge Johanna Westeson, direttrice regionale per l’Europa presso il “Center for Reproductive Rights”, aveva parlato di «una violazione assoluta delle norme internazionali sui diritti umani e sul diritto delle donne alla salute e alla dignità»; Maria Favier, portavoce di Doctors for choice, associazione che riunisce diversi professionisti che si battono per il diritto delle donne, commentando quest’ultimo caso ha detto: «Non sarebbe mai successo in un qualsiasi altro paese civile», aggiungendo che l’episodio «dimostra che le nuove leggi irlandesi non sono adeguate». Máiréad Enright, docente di diritto all’Università di Kent e membro di un’associazione irlandese di avvocati, ha anche detto che la donna in questione non aveva una buona padronanza della lingua inglese, che probabilmente non era stata informata a sufficienza dei suoi diritti e che la sua situazione era complicata dal fatto che per recarsi nel Regno Unito avrebbe avuto comunque bisogno di un permesso speciale, concludendo quindi che l’attuale legge irlandese sull’aborto rende molto difficile e discriminante la condizione di alcune donne che già si trovano in una situazione di vulnerabilità. Tramite la sua associazione, Máiréad Enright ha presentato un documento alla Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite.”

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