03/07/14

L'ipocrisia degli allarmi sulla disoccupazione delle donne

Istat, record della disoccupazione femminile: sfiora il 14%

Istat, record della disoccupazione femminile: sfiora il 14%"
Aumento delle donne senza lavoro. Mai così alta da quando esistono le serie storiche. 

E' emergenza per quanto riguarda la disoccupazione femminile che nel mese di maggio è tornata a salire, annullando il dato positivo dell'occupazione maschile e portando in negativo il dato generale... Oltre tre milioni di disoccupati (dati di maggio '14) -  la disoccupazione femminile sale al 13,8% (con un più 0,5% sul mese e un più 0,8% sull'anno), il livello più alto da quanto esistono le serie storiche (gennaio 2004). Il numero dei disoccupati sale così a 3 milioni 222 mila, in aumento, in termini assoluti, dello 0,8% rispetto al mese precedente (+26 mila) e del 4,1% su base annua (+127 mila)" - (dalla stampa)

Sembra, per quanto riguarda il dato della disoccupazione femminile, che quasi la colpa venga data alle stesse donne che "vorrebbero lavorare..."; un giornale presentava la cosa dicendo che più donne ora cercano lavoro e quindi questo aumenta il dato generale di disoccupazione; della serie: se le donne stessero tranquille a casa il dato generale si abbasserebbe e l'immagine dell'Italia ne gioverebbe...

Nello stesso tempo nel dramma della maggiore mancanza di lavoro o perdita di lavoro per le donne, ci sarebbe da ridere per come le Istituzioni, i centri statistici, la stampa, riferiscono questi dati, come se fosse una sorpresa che le donne sono le prima ad essere licenziate, quelle che più difficilmente trovano lavoro, quelle che quando lo trovano devono accontentarsi di lavori precari, instabili, a sottosalario, o a nero/grigio. 
E la cosa diventa paradossale e ipocrita lì dove sono gli stessi Enti pubblici che stanno operando tagli dei posti di lavoro alle donne - vedi ora il Policlinico di Milano (dove le lavoratrici protestano da alcuni giorni sul tetto), molte altre strutture della Sanità, vedi soprattutto la scuola dove la precarietà e il rimando a casa delle donne è strutturale.

Un dato poi che in nessuna statistica compare è il doppio attacco che viene alle donne quando perdono o non trovano lavoro: ogni donna licenziata non è solo una persona che ha perso il lavoro, ma è una donna ancora più oppressa, subordinata in famiglia sia a livello pratico sia a livello ideologico; ogni donna disoccupata costretta a casa, oltre il danno sulla mancanza di salario e di indipendenza economica ha la beffa che comunque aumenta (quello sì) il lavoro che deve fare in casa, in famiglia, perchè i costi della crisi, del taglio o i rincari dei servizi sociali si scaricano su di lei.

Per questo, lottare per il lavoro alle donne, contro i licenziamenti delle donne si carica e si deve caricare necessariamente dell'insieme della condizione di discriminazione, oppressione delle donne.

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