31/01/14

STRAORDINARIO!


Straordinario!!!!!! La rivista del Partito Comunista dell'India (maoista) in lingua hindi dedica la prima pagina alla giornata internazionale del 25 gennaio e in copertina foto delle iniziative in Italia e anche delle donne in lotta per lo sciopero delle donne


La rivista di 44 pagine è disponibile per diffusione in Italia tra le/i migranti indiani e lingua hindi
richiedere a csgpindia@gmail.com


30/01/14

Giù le mani dal diritto di aborto, contro il moderno medievo!

IL DIRITTO D’ABORTO NON SI TOCCA!
Contro Moderno Medioevo, Chiesa, Stato, Capitale
Giù le mani dal corpo delle donne!

Il governo di centrodestra di Mariano Rajoy, segretario del partido Popular, il 20 dicembre 2013, su proposta del ministro di giustizia Gallardòn, ha approvato un disegno di legge che limita fortemente il diritto delle donne di abortire entro 14 settimane.
Con questo disegno di legge si cancella la legge Zapatero del 2010 sulla interruzione volontaria di gravidanza che aveva depenalizzato l’aborto; in Spagna, infatti, la legge del 1985 prevedeva la possibilità di ricorrere all’aborto solo nei casi di: pericolo per la salute psico-fisica della donna, violenza sessuale, gravi malformazioni del feto. La proposta Gallardòn prevede un forte peso del ruolo di medici, giudici, genitori e servizi sociali, facendo tornare le donne spagnole in una condizione di eterna minorità. Nello specifico, l’aborto è consentito solo nel caso di violenza sessuale (fino alla 12ma settimana) e di grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna, con rischio permanente o duraturo nel tempo, certificato da due medici (fino alla 22ma settimana). I casi di anomalia del feto incompatibile con la vita o di malformazioni del feto rientrano nella fattispecie della salute psichica della donna e debbono essere certificati; nel caso di rischio per la salute psichica la donna dovrà produrre ben quattro certificati: due di due medici psichiatri, uno d’informazione clinica sui rischi relativi all’aborto e uno dei servizi sociali, soprattutto in merito alle alternative all’aborto: qui siamo al sadismo puro!

Per le giovani tra i 16 e 18 anni si dovrà avere la ratifica dei genitori; per le ragazze al di sotto dei 16 anni ci dovrà essere il consenso dei genitori, se questo non c’è la ragazza potrà rivolgersi a un giudice.
L’obiezione di coscienza è estesa fin dalla fase informativa e non, come attualmente, al personale che interviene direttamente nell’intervento  abortivo.

La gravità dell’attacco al diritto d’aborto, sferrato in maniera frontale, in Spagna non è isolato, dimostra ancora una volta che, in questa società, i diritti conquistati bisogna difenderli con la lotta.

L’abbiamo visto e lo vediamo  anche in Italia, dove l’attacco al diritto d’aborto non avviene , oggi, in maniera frontale, ma a macchia di leopardo, su singoli aspetti, con attacchi ideologici e pratici: il seppellimento dei feti (ultimo in ordine di tempo il Comune di Girenze di Renzi) la crescente obiezione di coscienza che rende, ormai impossibile in diverse regioni il ricorso all’ IVG, la difficoltà di poter ricorrere alla pillola del giorno dopo e alla RU486, il riconoscimento giuridico dell’embrione nella L. 40, per non parlare delle campagne della Chiesa , Bergoglio ha definito orrore l’aborto, ma anche l’assegnazione dell’ambrogino d’oro alla presidente del CAV,” per essersi distinta per la piena applicazione della 194”. 
Si costringe, nei fatti, le donne al pendolarismo per poter interrompere una gravidanza indesiderata e\o ritorno al “prezzemolo e cucchiaio”, come regolarmente avverrà anche in Spagna.

L’attacco al diritto d’aborto rappresenta un attacco a ciò che esso simbolicamente rappresenta: la libertà di scelta delle donne in ogni ambito della propria vita, doppiamente per le giovani, le proletarie, le immigrate che subiranno una discriminazione di classe, ritorno alle “mammane" e alla criminalizzazione.
Siamo al fianco delle donne in lotta contro il ritorno alla barbarie a un nuovo medioevo, ma anche contro la barbarie e al nuovo medioevo a cui vogliono farci tornare anche in questo paese.

In continuità con lo sciopero delle donne del 25 novembre, contro  violenze e femminicidi che rappresentano il frutto più marcio di questa società, ma contro le tante forme di violenza e oppressione sessuale che subiamo in casa, sui posti di lavoro.

Dopo lo sciopero delle donne abbiamo detto “indietro non torniamo” anche nella lotta contro l’insieme degli attacchi pratici ed ideologici al diritto d’aborto, alla libertà di scelta delle donne, in primis contro l’obiezione di coscienza

Movimento femminista proletario rivoluzionario Milano

28/01/14

Disoccupate-lavoratrici a Taranto dopo lo sciopero delle donne

LE DISOCCUPATE E LAVORATRICI DI TARANTO, DOPO LO SCIOPERO DELLE DONNE,
APRONO LA LOTTA SU ASPETTI DELLA PIATTAFORMA DELLO SCIOPERO.

"VOGLIAMO FATTI E NON PAROLE SULLA CONDIZIONE DELLE DONNE A TARANTO
Passato il 25 novembre, non può e non deve tornare tutto come prima!

La lotta contro femminicidi e stupri deve essere unita alla lotta contro le discriminazioni, oppressioni, condizioni pesanti di vita, che sono spesso alla base delle violenze sessuali

E NOI A TARANTO SU QUESTO FACCIAMO BATTAGLIA!


Nello sciopero delle donne abbiamo costruito una piattaforma.

A Taranto alcuni problemi: lavoro, reddito, casa rappresentano un macigno sulla condizione di noi donne e su questi ora vogliamo conquistare dei risultati concreti.

Non può assolutamente bastare che il Comune a Taranto, o esponenti istituzionali e politici abbiano parlato il 25 novembre di adottare azioni contro la violenza sulle donne, se poi queste azioni non puntano a cominciare a cambiare la nostra condizione di vita.Nella nostra città, del 50% di disoccupati la maggioranza siamo donne.
Senza lavoro e senza reddito, siamo di fatto dipendenti dagli uomini, e non solo economicamente; e quindi non possiamo fare alcuna scelta, non possiamo rompere rapporti violenti, non possiamo liberarci di situazioni familiari oppressive.
Quelle di noi che hanno la "fortuna" di lavorare vengono umiliate e offese con lavori a pochissime ore (meno di 2 ore al giorno o addirittura 45 minuti) e a pochissimo salario (la miseria di 250 eanche 150 euro al mese!) che ugualmente non ci permettono indipendenza/scelte di vita; e questo avviene soprattutto negli appalti pubblici, dove i fatti smentiscono le parole di "essere dalla parte delle donne".
Altro grosso problema è quello delle case: senza possibilità di casa, noi donne siamo costrette a rimanere in case che possono trasformarsi in prigioni, o peggio in tombe per noi.

QUESTA CONDIZIONE DEVE CAMBIARE!!

A partire da:
  • sull'immediato, corsi di formazione per le donne su raccolta differenziata/bonifiche, retribuiti e finalizzati al lavoro;
  • aumento delle ore di lavoro, non inferiori a 24 ore settimanali, e quindi del salario in tutti gli appalti pubblici, in cui la stragrande maggioranza sono donne;
  • priorità nel diritto alla casa per le donne violentate, maltrattate, o capifamiglia.

SU TUTTI E OGNUNO DI QUESTI OBIETTIVI APRIREMO LOTTE.


E SFIDEREMO TUTTE E TUTTI A DIMOSTRARE NEI FATTI DI VOLER CONTRASTARE LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE


Disoccupate, lavoratrici, donne in lotta per la casa di Taranto

Concetta (3451616390)

Fiorella (3339199075)

Katia (3348022767)

26/01/14

Arrivano alcuni splendidi dati 'ufficiali' dello sciopero delle donne nelle scuole del 25 novembre! Andiamo avanti nella lotta... dal 25 novembre al nostro 8 marzo di lotta e oltre

Ci sono arrivati solo oggi, pur avendoli chiesti il 30 novembre scorso, i dati sullo sciopero del 25 novembre delle lavoratrici nelle scuole in tutt'Italia. Non c'è una regione, nè una provincia in cui le lavoratrici non abbiano fatto lo "sciopero delle donne"!! In totale sono 12.663 che hanno scioperato.

Pensiamo che sia un risultato eccezionale, considerando che è stato il primo "sciopero delle donne", che abbiamo avuto pochi mezzi e possibilità di giungere con le iniziative e l'appello in tutte le province, che lo sciopero è stato fatto in mezzo a tante altre iniziative sul 25 che potevano deviare dal mettere al centro lo sciopero;uno "sciopero delle donne" poi boicottato dai sindacati confederali e, a parte Usi, Slai cobas per il sindacato di classe e Sisa, non appoggiato formalmente a livello nazionale neanche dagli altri sindacati di base, uno sciopero per cui le iscritte e delegate anche alla cgil che lo hanno fatto si sono trovate non sostenute, e anche peggio.
Questo ed altro rende il risultato ancora più significativo.

Purtroppo non sappiamo e sarà difficile averli, i dati degli altri settori lavorativi, soprattutto quelli privati; ma anche qui le notizie dirette che abbiamo avuto degli scioperi nelle fabbriche, nei servizi, ecc. rappresentano un importante risultato "storico".

Siamo contente, e pensiamo che questo ci debba incoraggiare a, come abbiamo detto, far diventare i tanti fuochi del 25 novembre un vero incendio che illumina la nostra difficile battaglia.

Quindi, andiamo avanti. Abbiamo fatto un nuovo appello: "Dallo sciopero delle donne alla lotta su ogni aspetto dello sciopero, alla ripresa del nostro 8 marzo rosso".
Come per lo "sciopero delle donne" del 25, facciamoci sentire, costruiamo una nuova rete, diffondiamolo e rendiamolo concreto in tutti i posti in cui le donne hanno scioperato ma anche in quelli che ancora non lo hanno fatto.

Nei prossimi giorni sarà pronto un ricco DOSSIER su tutta la campagna dello "sciopero delle donne".

MFPR

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Diffondi l'appello, aderisci, sostieni... 
manda proposte, messaggi a mfpr.naz@gmail.com o a mfprpa@libero.it

"Dallo sciopero delle donne alla lotta su ogni aspetto dello sciopero, alla ripresa del nostro 8 marzo rosso".


Con lo sciopero delle donne del 25 novembre “contro femminicidi, stupri, violenza e l'intera condizione di oppressione delle donne” abbiamo cominciato ad accendere tanti fuochi dal nord al sud. E' stato un fatto storico, nuovo, che ci riempie di forza e di orgoglio. Con questo sentimento abbiamo chiuso un bruttissimo anno per le centinaia di femminicidi/stupri, per gli attacchi alle nostre condizioni di vita, di lavoro, per il clima di oppressione generale; e con questo sentimento e ancora più determinate apriamo il 2014 che è cominciato altrettanto male con nuovi femminicidi. 

"Lo sciopero delle donne" che ha dato vita a momenti di lotta, di gioia, di rabbia, di ribellione contro questa società che è la madre di tutte le violenze contro le donne, non è stato che "l'assaggio" e rappresenta una tappa di un percorso lungo, tortuoso, ma di lotta e forti azioni da parte delle donne per ciò che desideriamo e meritiamo... per spezzare le doppie catene che questa barbara società capitalista ci ha imposto! Lo sciopero delle donne ha posto un punto di non ritorno: le donne non vogliono più solo denunciare, lamentarsi, ma si ribellano e lottano. E quindi diciamo: “mai più come prima!”, agli uomini che odiano le donne, ai padroni, al governo, allo Stato che odia le donne; “tutta la vita deve cambiare!

” Lo sciopero delle donne" ha posto una netta linea di demarcazione tra una lotta vera che vede protagoniste le donne più sfruttate, più oppresse, le ragazze ribelli, e il femminismo da ceto politico/parlamentare, paraistituzionale. Sono state le operaie delle fabbriche, da Bologna a Bergamo, le lavoratrici, precarie di tantissimi posti di lavoro la realtà maggioritaria di questo sciopero delle donne, le lavoratrici si sono prese in mano lo "sciopero" trasformandolo da "parola d'ordine" in realtà, sia pure ancora iniziale, dando un segno preciso di classe alla battaglia generale di tutte le donne. A loro si sono unite le ragazze, le studentesse, che al contrario di come la società dipinge sono spesso consapevoli della doppia oppressione subita in quanto figlie femmine, in quanto donne… e in luce di ciò hanno portato nello sciopero, nei cortei tutto il vento fresco delle loro bella ribellione gridando “non ci avrete mai come volete voi!”. 

"Lo sciopero delle donne" appoggiato anche in mille modi da tante donne che non hanno materialmente scioperato, ha dato coraggio, ha mostrato che è possibile Una "mistura", un intreccio tra la questione di classe e la questione di genere che ora deve estendersi, e da tanti piccoli fuochi deve diventare un grosso incendio. . E ora in tanti altre fabbriche posti di lavoro, fabbriche, scuole, quartieri, SI PUO' FARE! QUESTO E' IL NOSTRO PRIMO IMPEGNO IN QUESTO ANNO.
Nello sciopero delle donne abbiamo costruito una piattaforma unendo i bi/sogni espressi dalle donne in lotta, una piattaforma che si è arricchita e articolata via via. Ora vogliamo dare continuità a livello nazionale e in ogni città, in ogni realtà in cui c'è stato lo sciopero, a quella piattaforma, sviluppando su ogni punto di essa lotte concrete, campagne di organizzazione e di iniziative, aprire anche vertenze, conquistare risultati che aiutino la nostra lotta generale e ci mettano in posizione di maggior forza, e diano fiducia, che si può e si deve lottare e cambiare, alla maggioranza delle donne. Sviluppiamo lotte nelle città, nei quartieri per il lavoro alle donne, per un salario garantito alle donne che garantisca l'indipendenza economica, contro il lavoro ultraprecario, ma anche contro il doppio lavoro, ecc. 
Le delegate Rsu che hanno indetto, appoggiato lo sciopero del 25 novembre, ora rendano concreta anche nelle fabbriche, sui posti di lavoro il “mai più come prima!”, sviluppando la mobilitazione contro le discriminazioni, gli attacchi ai diritti delle lavoratrici, sulla maternità, per condizioni di lavoro e orari/turni che non penalizzino le donne, contro le provocazioni e molestie sessuali, ecc., contro il clima maschilista presente nei sindacati e anche tra i lavoratori, con piattaforme e iniziative nuove, rompendo gli schemi.
 Uniamo poi le varie battaglie per costruire insieme una mobilitazione nazionale prima dell'estate contro il governo, lo Stato dei padroni, con assedio ai Palazzi del potere padronale e istituzionale e alle donne del potere borghese. 
Nelle scuole vogliamo aprire anche la lotta sul fronte culturale, ideologico, contro una cultura falsa, sessista, che viene usata per opprimere, per uccidere il sapere critico, che sin dal primo giorno di vita divide i ruoli tramite i giochi, la televisione, l'indottrinamento scolastico presentandoli come immutabili;contro una società che instilla alle giovani il culto dell'apparenza e del modello di donne/veline della tv, una società che dopo gli studi che ci riserva un futuro precario o addirittura un non futuro; Noi vogliamo invece non solo una vera conoscenza ma vogliamo anche Rivoluzione su tutto! 

Dopo lo “sciopero delle donne” non possiamo permettere che ci infanghino ancora l'8 marzo!
Vogliamo e dobbiamo far sì che quest'anno l'8 marzo sia tutt'altra cosa. SIA NOSTRO E ROSSO!

Noi proponiamo di costruire insieme una grande MANIFESTAZIONE NAZIONALE PER L'8 MARZO 2014, che quest'anno cade anche di sabato. Una manifestazione che colpisca anche con azioni di protesta esemplare l'offesa consumistica della borghesia di questa giornata di lotta.
Una manifestazione che unisca tutte le battaglie delle donne, contro la guerra di bassa intensità che ci uccide, contro l'insieme della nostra condizione di vita, contro tutte le oppressioni.
Un 8 marzo che unisca in una stessa lotta le donne italiane e le immigrate.
Un 8 marzo che sia “ponte” verso le donne, lavoratrici, compagne, rivoluzionarie che lottano negli altri paesi, che sono in prima linea nelle rivoluzioni popolari, dall'India al Bangladesh, alla Turchia, ecc. 
Un 8 marzo che dica basta con il riformismo, vogliamo fare la rivoluzione!! Se vogliamo che tutta la nostra vita cambi, tutta la società deve essere rivoltata!
Le operaie, le lavoratrici, le giovani prendano nelle loro mani la costruzione di questo 8 marzo, per ridare dignità storica, verità di classe, perchè l'8 marzo non è di tutte, non è interclassista, ma delle donne più sfruttate e oppresse che sono la maggioranza, come delle ragazze che vogliono lottare per un altro futuro.
  
FACCIAMO UN 8 MARZO, ROSSO, DI LOTTA!
  

15.1.14   Mfpr


18/01/14

verso la giornata internazionale del 25 gennaio/India... PER LA LIBERAZIONE DELLE E DEI PRIGIONIERI POLITICI - AL FIANCO DELLE COMPAGNE, DONNE CHE NELLA GUERRA POPOLARE IN INDIA SONO UN CUORE RIVOLUZIONARIO DETERMINANTE

In India "la più grande democrazia del mondo"  le forze armate governative e paramilitari hanno nello stupro una delle più bestiali armi di guerra contro le masse popolari. Nelle vastissime zone dell'India fuori dalle mega città, e soprattutto nelle zone dove è in corso la guerra popolare, gli stupri, le uccisioni delle donne da parte delle forze militari sono una normalità, così come gli stupri che accompagnano sempre le torture quando le donne che fanno la guerra popolare vengono arrestate.

Moltissime donne, compagne hanno fatto, però, della violenza, degli stupri subiti la leva per ribellarsi, oggi costituiscono una parte importante della guerra rivoluzionaria del popolo lottando contro il governo, lo Stato indiano fascista e reazionario che come si comprende dall'articolo riportato sotto in realtà teme la numerosa presenza delle donne nella guerra popolare e cerca di contrastarne con ogni mezzo l'adesione e partecipazione.


COMPAGNE, DONNE CORAGGIOSE E DETERMINATE TRA CUI VI SONO ANCHE DIVERSE PRIGIONIERE POLITICHE NELLE CARCERI INDIANE IN CUI LA CONDIZIONE DI REPRESSIONE GOVERNATIVA E' RESA ANCORA PIU' ODIOSA DALLE VIOLENZE E STUPRI DA PARTE DEI MILITARI.

Verso il 25 gennaio giornata internazionale di solidarietà e sostegno ai prigionieri politici in India

PER LA LIBERAZIONE DELLE E DEI PRIGIONIERI POLITICI

AL FIANCO DELLE COMPAGNE, DONNE CHE NELLA GUERRA POPOLARE IN INDIA  COSTITUISCONO UN CUORE RIVOLUZIONARIO DETERMINANTE

Movimento femminista proletario rivoluzionario

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Traduzione dalla stampa borghese indiana

India - lo Stato indiano vuole schierare un grande numero di ufficiali donne dopo aver ricevuto la notizia che il numero di quadri donne nei gruppi Naxaliti (maoisti) è “aumentato in modo significativo”


Poliziotti statali puntano sulle donne per combattere la tendenza dei rossi


La polizia di stato sta rinforzando le infrastrutture a Gadchiroli, nell'angolo sud-orientale del Maharashtra, con l'obiettivo di dispiegare una grande forza di ufficiali donne dopo aver ricevuto la notizia che il numero di quadri donne nei gruppi Naxaliti è “aumentato in modo significativo”. Fonti della polizia hanno riferito che i recenti scontri dei poliziotti con i Naxaliti nella zona hanno dimostrato che le notizie sono accurate. Appena due mesi fa, le forze di sicurezza hanno ucciso due quadri donne vicino il villaggio di Hiddoor nella provincia di Etapalli nel sud di Gadchiroli, ma i Naxaliti avuto l'ultima parola quando i commandos sono stati presi in un contro-attacco, causando la morte di un militare.

Un alto funzionario di polizia ha detto: "I Naxaliti si dividono in gruppi di 24, che chiamano dalam. Fino a un anno fa, in ogni dalam ci sarebbero state due o al massimo tre quadri donne. Ora troviamo una dozzina di donne in ogni dalam. I nostri scontri con i ribelli hanno rivelato che le donne sono esperte nella gestione di armi ed esplosivi." Il distretto di Gadchiroli è delimitato dal Chhattisgarh ad est, e l'Andhra Pradesh a sud e sud-ovest. Il distretto fa parte del Corridoio Rosso, una regione che sperimenta un notevole insurrezione naxalita-maoista. "I ribelli stanno trovando difficile reclutare uomini, che preferiscono lasciarsi alle spalle le loro famiglie e migrare verso le città. Le donne in questi settori sono bersagli facili. Attratti dalla promessa di potere e indipendenza, molte donne hanno preso le armi" , ha detto l'ufficiale.

Senza servizi le donne poliziotto

Anche se la polizia di stato ha 700 donne a propria disposizione, il problema principale per il loro dispiegamento nelle zone della giungla è la mancanza di strutture. "Ora stiamo cercando di costruire infrastrutture qui. I nostri uomini possono andare nel profondo della giungla, ma il personale femminile trova difficoltà a causa della mancanza di strutture adeguate per il loro soggiorno. Ora abbiamo messo in campo proposte e avviato la procedura per renderli più comodi, "ha detto. L'Ispettore Generale (legge e ordine) Deven Bharti ha detto che non la polizia non ha dati per confermare l'ascesa di quadri donne tra i Naxaliti. "Ci imbattiamo in casi di donne che vengono sfruttate dai gruppi ribelli, e sentiamo queste storie di volta in volta quando alcuni ribelli, tra i quali anche donne, si arrendono", ha detto.

17/01/14

Dopo lo sciopero delle donne a Taranto riprende la mobilitazione

Ieri prima assemblea organizzata dalle lavoratrici, disoccupate del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario, dopo l'importante sciopero delle donne del 25 novembre scorso che ha visto nella nostra città scioperi e iniziative sui posti di lavoro tra le lavoratrici delle pulizie scuole, appalti comunali, pasquinelli, sciopero delle studentesse e due manifestazioni in piazza Immacolata. 
L'assemblea ha aderito all'appello nazionale "Dallo sciopero delle donne ad ogni aspetto dello sciopero, alla ripresa del nostri 8 marzo rosso" e sui vari aspetti ha deciso alcune iniziative:

Per mantenere sempre viva la battaglia a tutti i livelli contro femminicidi e stupri:
- GIOVEDI' 23 GENNAIO a Talsano (TA), nella sede messaci a disposizione dall'Arci - via Umberto I, dalle ore 17 alle 20, si terrà una nuova mostra sul tema di pittura, fotografie, pannelli informativi, insieme ad un momento di assemblea;
- PER LE STUDENTESSE - Stiamo chiedendo sia all'Università di Taranto vecchia che all'Ist.scolastico Cabrini, di poter tenere la stessa mostra nelle scuole, unita alla presentazione-discussione di alcuni opuscoli/dossier che soprattutto analizzano e denunciano la questione delle uccisioni delle donne all'interno dell'attuale fase del sistema capitalista e del clima di "odio verso le donne", da moderno medioevo
- presidio al nuovo PROCESSO DI CARMELA del 25 febbraio

Per cominciare a rendere concreta la lotta su alcuni obiettivi della piattaforma dello sciopero delle donne:
avvieremo una campagna/lotta vertenza, con l'obiettivo di strappare risultati concreti sui due problemi che a Taranto sono un macigno contro la condizione generale delle donne proletarie e sono alla base di una condizione generale di oppressione, che alimenta le violenze contro le donne: 
la mancanza del lavoro e i miseri salari per chi lavora. 
Su questo vogliamo: 
- sull'immediato un corso di formazione su raccolta differenziata/bonifiche, retribuito e finalizzato al lavoro, solo per le donne;
- aumento delle ore di lavoro e quindi del salario in tutti gli appalti pubblici, in cui la stragrande maggioranza sono donne;
- salario sociale per tutte le donne. 
A febbraio avvieremo iniziative di lotte, presidi; ma anche su questo vogliamo rompere la normalità e mettere sul tappeto tutta la combattività delle donne. Quindi, vicino l'8 marzo faremo anche forme più incisive di lotta, compresa l'occupazione di una struttura pubblica, per strappare risultati

Per una manifestazione nazionale per un 8 marzo nostro, rosso
cominceremo sin da subito a far girare l'appello, a fare propaganda con locandine, striscioni, a organizzare concretamente la partecipazione. 
Una compagna si è incaricata anche di fare la traduzione in inglese dell'appello.

Assemblea delle donne - Taranto 16.1.14

16/01/14

Torture e stupri di Stato

da Contropiano


Il CPT: “Una giovane basca violentata dai poliziotti spagnoli”
Si parla del Marzo del 2011, quando l’organizzazione armata Eta da tempo aveva dichiarato un cessate il fuoco unilaterale. La magistratura spagnola ordinò l’ennesima retata nella provincia basca della Bizkaia e molti militanti e attivisti della sinistra indipendentista finirono arrestati e condotti nei commissariati della Guardia Civil. Tra questi anche Beatriz Etxeberria: la donna, dopo i cinque giorni di ‘incomunicaciòn’, cioè di isolamento totale che la legge concede alle forze dell’ordine in caso di sospetti di ‘terrorismo’, denunciò di essere stata torturata e violentata dai poliziotti nella cella di un commissariato di Madrid. I media spagnoli, come sempre, si guardarono bene dal riprendere la denuncia della giovane basca. Da tempo, d’altronde, magistrati e politici hanno spiegato che “l’Eta ordina ai suoi, quando vengono catturati, di gridare alla tortura”; e quindi che denuncia gli abusi e le violenze, in base a questo fine ragionamento, confermano paradossalmente di appartenere all’organizzazione armata. Neanche nel Paese Basco ci fu particolare attenzione per quanto era avvenuto, a parte le formazioni di sinistra e delle organizzazioni per i diritti dei prigionieri e contro la repressione. Neanche alcuni dei partiti che pure sabato scorso hanno convocato la grande manifestazione di Bilbao si erano preoccupati molto di quanto denunciava Beatrix Etxeberria. Ma il caso ora è arrivato fino al Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura (CPT) che l’ha inserito nella relazione relativa all’ispezione dei suoi membri nell’aprile del 2011. Secondo il CPT la denuncia della donna è “credibile e consistente”. Secondo il Comitato europeo molti degli arrestati dei primi sei mesi del 2011 furono torturati: alcuni di loro si videro applicata la ‘bolsa’ – una busta di plastica in testa per asfissiarli – oppure furono obbligati a fare esercizi fisici fino allo svenimento. Afferma poi la relazione a pagina 16: “Una terza persona ha ricevuto schiaffi e pugni durante il trasferimento a Madrid da parte della Guardia Civil, e nel corso del primo interrogatorio nel commissariato di via Guzman el Bueno la fecero spogliare, la avvolsero al suolo in una coperta e la colpirono ripetutamente. Poi ha raccontato che durante un altro interrogatorio, mentre aveva la busta di plastica in testa, le applicarono vasellina nella vagina e nell’ano e le introdussero un palo di legno nel retto, continuandola a minacciare di altri abusi sessuali se non avesse parlato. Disse che la mantennero nuda ogni volta che veniva interrogata (…), e dopo averla bagnata con acqua le attaccarono al corpo degli elettrodi minacciandola di torturarla con l’elettricità”. Aggiunge poi la relazione del CPT: “Gli abusi cessarono quando alla fine decise, l’ultimo giorno di isolamento in commissariato, di rendere una dichiarazione. Le denunce di maltrattamenti e di violenza sessuale furono registrate nella relazione del medico forense appena conslusa la incomunicaciòn”.
E’ lo stesso Comitato Europeo a spiegare perché le denuncia della donna sono credibili e perché è stata sottoposta a tortura: “stando alle informazioni raccolte, sembra che lo scopo dei maltrattamenti fosse quello di ottenere che la persona arrestata firmasse una dichiarazione (cioè una confessione) prima che si concludesse il periodo di incomunicaciòn”. Il caso è ritornato alla ribalta perché la relazione del Cpt è stata pubblicata – con due anni di ritardo – insieme alle note di competenza del governo spagnolo. Curiosamente, nonostante le note spagnole riempiano 205 pagine contro le 102 totali della relazione del Cpt, nella parte di competenza di Madrid non c’è accenno alle denunce dei prigionieri baschi. Anzi, i funzionari spagnoli affermano che i prigionieri baschi – pardon, terroristi – sono stati trattati con i guanti bianchi e che le denunce rispondono alla propaganda dell’Eta che vuole mettere in cattiva luce le istituzioni di Madrid. Il Cpt insiste chiedendo alle autorità spagnole di portare avanti “una indagine rigorosa e indipendente sui metodi utilizzati dagli ufficiali della Guardia Civil quando arrestano o interrogano dei prigionieri” e pretende “di ricevere entro tre mesi un rapporto dettagliato sulle azioni adottate per rendere effettive le sue raccomandazioni” ricordando che la Spagna si guarda bene, sistematicamente, dall’indagare denunce di tortura che pure lo stesso organo europeo di controllo ha segnalato a Madrid come credibili – come quelle di Mikel San Argimiro, Aritz Beristan e Martxelo Otamendi. La Etxebarria non fu l’unica a subire torture durante la retata del marzo del 2011. Un altro degli arrestati, Daniel Pastor, finì in ospedale dopo l’arresto, ma ufficialmente a causa di ‘atti di autolesionismo’. Naturalmente i collettivi baschi che si occupano della lotta contro la pratica della tortura in Euskal Herria – Tat e Behatokia - salutano con favore il fatto che il Cpt abbia raccolto una lora denuncia. Ma si chiedono quando alle parole seguiranno fatti concreti.

15/01/14

Pakistan: strage di ragazze

Legata e bastonata con un tubo di ferro per due giorni. Poi, quando le sue condizioni si sono aggravate, portata in ospedale dai suoi stessi suoi aguzzini dove i medici non hanno potuto far altro che constatarne il decesso. Ultima di sei fratelli, Iram Ramzan lavorava come domestica in un piccolo villaggio nella provincia del Punjab, in Pakistan e, così come altre due sorelle, era stata mandata nelle case dei “ricchi” per guadagnare qualche soldo per far mangiare la famiglia. Sarebbe stata più sicura che in strada, pensava sua madre che - oltre ad aver perso il marito qualche tempo fa - ha perso anche una mano in un incidente sul lavoro.
“Volevamo darle una lezione questa volta”, hanno confessato i suoi datori di lavoro e assassini, perché “aveva rubato, almeno 3 volte”. In carcere sono finiti Altaf Mahmood, sua moglie Nasira e il figlio Ibrar. Iram Ramzan aveva solo 10 anni e una vita che valeva 23 dollari al mese.
Nella stessa settimana in cui moriva Iram un’altra ragazzina di 15 anni, anch’essa domestica presso una famiglia a Lahore, veniva trovata morta strangolata nella casa dove lavorava e, secondo quanto riferiscono i media, presumibilmente vittima anche di un abuso sessuale prima di essere uccisa.
Secondo le organizzazioni per i diritti umani in Pakistan - dove il 50% dei bambini, a causa della povertà, sono fuori dal circuito scolastico, percentuale che raggiunge anche il 97/98% nelle zone tribali – sono circa 12 milioni i bambini/e lavoratori spinti nelle strade o in case di sconosciuti per cercare “reddito”. Uno dei paesi in cui il lavoro minorile aumenta e dove i casi di aggressione e abusi nei confronti dei minori, come denuncia la Società per la protezione dei diritti del bambino (Sparc), sono praticamente all’ordine del giorno e non tutti vengono denunciati

Dallo sciopero delle donne alla lotta su ogni aspetto dello sciopero, al nostro 8 Marzo di lotta

Con lo sciopero delle donne del 25 novembre “contro femminicidi, stupri, violenza e l'intera condizione di oppressione delle donne” abbiamo cominciato ad accendere tanti fuochi dal nord al sud. E' stato un fatto storico, nuovo, che ci riempie di forza e di orgoglio.
 
Con questo sentimento abbiamo chiuso un bruttissimo anno per le centinaia di femminicidi/stupri, per gli attacchi alle nostre condizioni di vita, di lavoro, per il clima di oppressione generale; e con questo sentimento e ancora più determinate apriamo il 2014 che è cominciato altrettanto male con nuovi femminicidi. Lo sciopero delle donne che ha dato vita a momenti di lotta, di gioia, di rabbia, di ribellione contro questa società che è la madre di tutte le violenze contro le donne, non è stato che "l'assaggio" e rappresenta una tappa di un percorso lungo, tortuoso, ma di lotta e forti azioni da parte delle donne per ciò che desideriamo e meritiamo... per spezzare le doppie catene che questa barbara società capitalista ci ha imposto!
 
Lo sciopero delle donne ha posto un punto di non ritorno: le donne non vogliono più solo denunciare, lamentarsi, ma si ribellano e lottano. E quindi diciamo: “mai più come prima!”, agli uomini che odiano le donne, ai padroni, al governo, allo Stato che odia le donne; “tutta la vita deve cambiare!” Lo sciopero delle donne ha posto una netta linea di demarcazione tra una lotta vera che vede protagoniste le donne più sfruttate, più oppresse, le ragazze ribelli, e il femminismo da ceto politico/parlamentare, paraistituzionale.
 
Sono state le operaie delle fabbriche, da Bologna a Bergamo, le lavoratrici, precarie di tantissimi posti di lavoro la realtà maggioritaria di questo sciopero delle donne, le lavoratrici si sono prese in mano lo "sciopero" trasformandolo da "parola d'ordine" in realtà, sia pure ancora iniziale, dando un segno preciso di classe alla battaglia generale di tutte le donne. A loro si sono unite le ragazze, le studentesse, che al contrario di come la società dipinge sono spesso consapevoli della doppia oppressione subita in quanto figlie femmine, in quanto donne… e in luce di ciò hanno portato nello sciopero, nei cortei tutto il vento fresco delle loro bella ribellione gridando “non ci avrete mai come volete voi!”. Lo sciopero delle donne appoggiato anche in mille modi da tante donne che non hanno materialmente scioperato, ha dato coraggio, ha mostrato che è possibile una "mistura", un intreccio tra la questione di classe e la questione di genere che ora deve estendersi, e da tanti piccoli fuochi deve diventare un grosso incendio. E ora in tante altre fabbriche posti di lavoro, fabbriche, scuole, quartieri, SI PUO' FARE! QUESTO E' IL NOSTRO PRIMO IMPEGNO IN QUESTO ANNO
  Nello sciopero delle donne abbiamo costruito una piattaforma unendo i bi/sogni espressi dalle donne in lotta, una piattaforma che si è arricchita e articolata via via. Ora vogliamo dare continuità a livello nazionale e in ogni città, in ogni realtà in cui c'è stato lo sciopero, a quella piattaforma, sviluppando su ogni punto di essa lotte concrete, campagne di organizzazione e di iniziative, aprire anche vertenze, conquistare risultati che aiutino la nostra lotta generale e ci mettano in posizione di maggior forza, e diano fiducia, che si può e si deve lottare e cambiare, alla maggioranza delle donne. Sviluppiamo lotte nelle città, nei quartieri per il lavoro alle donne, per un salario garantito alle donne che garantisca l'indipendenza economica, contro il lavoro ultraprecario, ma anche contro il doppio lavoro, ecc. Le delegate Rsu che hanno indetto, appoggiato lo sciopero del 25 novembre, ora rendano concreta anche nelle fabbriche, sui posti di lavoro il “mai più come prima!”, sviluppando la mobilitazione contro le discriminazioni, gli attacchi ai diritti delle lavoratrici, sulla maternità, per condizioni di lavoro e orari/turni che non penalizzino le donne, contro le provocazioni e molestie sessuali, ecc., contro il clima maschilista presente nei sindacati e anche tra i lavoratori, con piattaforme e iniziative nuove, rompendo gli schemi. Uniamo poi le varie battaglie per costruire insieme una mobilitazione nazionale prima dell'estate contro il governo, lo Stato dei padroni, con assedio ai Palazzi del potere padronale e istituzionale e alle donne del potere borghese.
 
Nelle scuole vogliamo aprire anche la lotta sul fronte culturale, ideologico, contro una cultura falsa, sessista, che viene usata per opprimere, per uccidere il sapere critico, che sin dal primo giorno di vita divide i ruoli tramite i giochi, la televisione, l'indottrinamento scolastico presentandoli come immutabili;contro una società che instilla alle giovani il culto dell'apparenza e del modello di donne/veline della tv, una società che dopo gli studi che ci riserva un futuro precario o addirittura un non futuro; Noi vogliamo invece non solo una vera conoscenza ma vogliamo anche Rivoluzione su tutto!
 
Dopo lo “sciopero delle donne” non possiamo permettere che ci infanghino ancora l'8 marzo! Vogliamo e dobbiamo far sì che quest'anno l'8 marzo sia tutt'altra cosa. SIA NOSTRO E ROSSO!
 
Noi proponiamo di costruire insieme una grande MANIFESTAZIONE NAZIONALE PER L'8 MARZO 2014, che quest'anno cade anche di sabato. Una manifestazione che colpisca anche con azioni di protesta esemplare l'offesa consumistica della borghesia di questa giornata di lotta. Una manifestazione che unisca tutte le battaglie delle donne, contro la guerra di bassa intensità che ci uccide, contro l'insieme della nostra condizione di vita, contro tutte le oppressioni. Un 8 marzo che unisca in una stessa lotta le donne italiane e le immigrate. Un 8 marzo che sia “ponte” verso le donne, lavoratrici, compagne, rivoluzionarie che lottano negli altri paesi, che sono in prima linea nelle rivoluzioni popolari, dall'India al Bangladesh, alla Turchia, ecc.
Un 8 marzo che dica basta con il riformismo, vogliamo fare la rivoluzione!! Se vogliamo che tutta la nostra vita cambi, tutta la società deve essere rivoltata! Le operaie, le lavoratrici, le giovani prendano nelle loro mani la costruzione di questo 8 marzo, per ridare dignità storica, verità di classe, perchè l'8 marzo non è di tutte, non è interclassista, ma delle donne più sfruttate e oppresse che sono la maggioranza, come delle ragazze che vogliono lottare per un altro futuro.
 
FACCIAMO UN 8 MARZO, ROSSO, DI LOTTA! 
15.1.14

13/01/14

PAKISTAN, OPERAIE BAMBINE UCCISE DAI LORO PADRONI

Pakistan. Lavoro minorile, è strage di ragazze

Legata e bastonata con un tubo di ferro per due giorni. Poi, quando le sue condizioni si sono aggravate, portata in ospedale dai suoi stessi aguzzini dove i medici non hanno potuto far altro che constatarne il decesso. Ultima di sei fratelli, Iram Ramzan lavorava come domestica in un piccolo villaggio nella provincia del Punjab, in Pakistan e, così come altre due sorelle, era stata mandata nelle case dei “ricchi” per guadagnare qualche soldo per far mangiare la famiglia. Sarebbe stata più sicura che in strada, pensava sua madre che - oltre ad aver perso il marito qualche tempo fa - ha perso anche una mano in un incidente sul lavoro.
“Volevamo darle una lezione questa volta”, hanno confessato i suoi datori di lavoro e assassini, perché “aveva rubato, almeno 3 volte”. In carcere sono finiti Altaf Mahmood, sua moglie Nasira e il figlio Ibrar. Iram Ramzan aveva solo 10 anni e una vita che valeva 23 dollari al mese.
Nella stessa settimana in cui moriva Iram un’altra ragazzina di 15 anni, anch’essa domestica presso una famiglia a Lahore, veniva trovata morta strangolata nella casa dove lavorava e, secondo quanto riferiscono i media, presumibilmente vittima anche di un abuso sessuale prima di essere uccisa.
Secondo le organizzazioni per i diritti umani in Pakistan - dove il 50% dei bambini, a causa della povertà, sono fuori dal circuito scolastico, percentuale che raggiunge anche il 97/98% nelle zone tribali – sono circa 12 milioni i bambini/e lavoratori spinti nelle strade o in case di sconosciuti per cercare “reddito”. Uno dei paesi in cui il lavoro minorile aumenta e dove i casi di aggressione e abusi nei confronti dei minori, come denuncia la Società per la protezione dei diritti del bambino (Sparc), sono praticamente all’ordine del giorno e non tutti vengono denunciati

tratto da 
http://proletaricomunisti.blogspot.it/2014/01/pc-13-gennaio-pakistan-operaie-bambine.html

10/01/14

bangladesh la nuova classe operaia mondiale è fatta di tante operaie - operaia uccisa dalla polizia durante gli scontri

 bangladesh la nuova classe operaia mondiale è fatta di tante operaie - operaia uccisa dalla polizia durante gli scontri

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la protesta operaia contro i tagli salariali in Bangladesh ha visto duri scontri con la polizia dopo l'invasione di una delle fabbriche di proprietà sudcoreana nella zona sud del porto di Chittagong
una giovane operaia di 20 anni è morta colpita dalle pallottole della polizia

tratto da http://proletaricomunisti.blogspot.it/2014/01/pc-1o-gennaio-bangladesh-la-nuova.html

08/01/14

Vicenza, militare Usa stupra giovane studentessa... dopo il 25 novembre riprendere denuncia e mobilitazione nazionale

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Trascinata in un vicolo buio e violentata. È l'ennesimo episodio di stupro, questa volta commesso da un militare statunitense della caserma Ederle di Vicenza. I fatti risalgono all'inizio di novembre scorso, quando una giovane diciassettenne, dopo una serata in discoteca è stata avvicinata dal militare che dopo aver abusato sessualmente di lei, ha lasciato la giovane in pessime condizioni in quel vicolo lontano dagli occhi di tutti. La notizia è passata in sordina e riportata solo da alcuni quotidiani locali qualche giorno fa, dopo che la procura della Repubblica di Vicenza ha deciso di indagare il militare per violenza sessuale e sequestro nei confronti della ragazza violentata che ha sporto denuncia dopo l'accaduto.
Ancora una volta lo stupro in divisa viene omesso e tenuto nascosto dai media mainstream, mentre l'ennesimo militare commette violenza ai danni di una ragazza. Che lo stupro sia stato commesso da un militare, non rende la violenza più ignobile in sé, ma di certo la amplifica, nella condizione in cui indossare una divisa non può essere un elemento irrilevante, proprio perchè, e questo lo dicono i numerosi fatti analoghi, violenze e impunità vengono legittimate e in qualche modo autorizzate dal ruolo di potere che quella divisa definisce.
Oltre al disgusto e alla rabbia, non ci sconvolge l'ennesimo stupro, venuto alla luce solo negli ultimi giorni, ma ne rileviamo l'importanza non soltanto per la gravità della violenza (come di tutte quelle commesse ai danni di una donna) ma anche perché sappiamo bene che questa appartiene alla lista delle “notizie scomode” che difficilmente troveranno spazio tra le pagine dei quotidiani, soprattutto se il militare in questione è statunitense e di stanza in una delle molte basi americane presenti in Italia.

http://www.infoaut.org/index.php/blog/femminismoagenders/item/10184-vicenza-militare-usa-

Un funerale "di popolo" e altri messaggi per Antonietta


Centinaia e centinaia di persone ieri hanno accompagnato Antonietta Rito. Tutti gli abitanti, circa 200 famiglie del complesso popolare in cui abitava, e poi tante altre donne, uomini, anche ragazze hanno fatto un breve ma intenso corteo dalla sua abitazione.
Un "funerale di popolo", con momenti di emozione e di manifesto dolore.
Nel funerale alta la bandiera dello Slai cobas per il sindacato di classe, dove Antonietta, con i Disoccupati Organizzati, ha militato, ha lottato negli ultimi suoi anni, perchè tutti ricordassero questa Antonietta, forte e determinata in una battaglia collettiva per rispondere alla disperazione individuale dell'attacco alle condizioni di vita.
Le operaie e gli operai della Pasquinelli, tutti provenienti dalla lotta dei Disoccupati Organizzati e che grazie a questa lotta fatta insieme ad Antonietta hanno conquistato il posto di lavoro, hanno voluto rendere omaggio alla loro compagna con un grande cuscino di rose rosse.

Alla fine del funerale, le lavoratrici dello Slai cobas per il sindacato di classe hanno consegnato alla figlia di Antonietta i messaggi di saluto e cordoglio che erano fino allora pervenuti anche da altre città, da parte soprattutto di compagne.

ALTRI MESSAGGI SONO GIUNTI OGGI:   

Le compagne di Milano del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario salutano Antonietta. La sua curiosità per le lotte difficili e faticose, riconoscendone la stessa necessaria tenacia, determinazione, ma anche entusiasmo e forza.
Ciao Antonietta

Non ho avuto la fortuna di conoscere Antonietta, ma mi alzo in piedi per salutarla di fronte a una compagna attivista così ammirevole ed energica. 
Ciao compagna Antonietta, 
Pia del Comitato Lucciole di Pordenone

Un saluto ad Antonietta compagna di tante lotte, forte e determinata, sempre in prima linea nella lotta per i lavoro, coraggiosa e orgogliosa di essere la forza trainante dei Disoccupati Organizzati. Sarai sempre con noi in ogni lotta! Ciao Antonietta 
Fiorella mfpr Taranto

Ci sono morti che pesano come una piuma e morti che invece  toccano il cuore…
Noi non conoscevamo personalmente Antonietta, ma leggendo la tristezza delle compagne che hanno avuto modo di conoscerne la combattività e la determinazione, di donna proletaria in lotta per il lavoro e la giustizia 
sociale, non possiamo non unirci al dolore di tutte quante, promettendo che la lotta di Antonietta non sarà stata vana e che continueremo senza tregua a batterci per diritti e dignità e per una società a misura di donna 
proletaria. Un ultimo saluto, ROSSO E PROLETARIO! 
Lavoratrici SLAI Cobas per il sindacato di classe –Policlinico-Palermo

Sono addolorato e sorpreso dalla sua dipartita, una grande e forte donna sempre in lotta per i più deboli e gli emarginati, un esempio per tutti noi, ho avuto il piacere e l'onore di condividerne alcune, rimarrà nel mio cuore, ciao Antonietta. Il cordoglio per i parenti e amici Annibale Carelli segretario provinciale di Taranto del Partito Socialista Italiano

Ho conosciuto Antonietta a Taranto la prima volta in occasione di una assemblea di donne promossa dal Mfpr dopo l'8 marzo di quell'anno e proprio a lei diedi in dono lo striscione che le lavoratrici, precarie di Palermo avevano affisso l'8 marzo in un sit-in di lotta alla Rai... Lei fu molto contenta e orgogliosa di riceverlo a nome delle donne disoccupate in lotta a Taranto, una lotta dura per il lavoro contro le istituzioni con momenti anche di forte scontro con la polizia su cui Antonietta con poche ma incisive e forti parole mi parlò in quella assemblea...
Così la vogliamo ricordare e portare nel cuore, nelle lotte che continueremo a mettere in campo contro tutta l'oppressione di padroni, governo, stato
Donatella di PALERMO

Voglio ricordarla viva e combattiva, con me, con noi, con il suo calore la sua determinazione, la sua passione, a sciogliere questo nodo in gola fatto di rabbia, dolore, e odio contro tutti gli sfruttatori, gli assassini di proletarie e proletari, contro tutti gli uomini che odiano le donne.
Ciao Antonietta, continuerai a vivere nelle nostre lotte
Luigia de L'Aquila

Non ho conosciuto Antonietta, ma quando muore una compagna combattiva e sempre in prima linea un pezzo di noi si perde con lei.
Ricordiamola nella sua grande forma, sempre in lotta. In lotta per il lavoro o per l'acqua o per tutte le lotte di questo sistema. Sarai con noi.
Cettina di Palermo

dispiace tanto... soprattutto quando ad andarsene sono persone come Antonietta che ha sempre lottato e fatto la sua parte dino alla fine... Ciao Antonietta, avrei voluto tanto conoscerti...
Giorgia delegata Slai Cobas s.c. palermo - cobas precarie e precari Coop Sociali


06/01/14

LA PARABOLA DELLE OPERAIE DI MELFI

Spegnete gli entusiasmi per la "svolta" Fiat,  le donne stanno già pagando la politica di Marchionne.


In attesa della ristrutturazione delle linee per i nuovi modelli (proprio in Basilicata verrà prodotta la nuova jeep) e in presenza di una notevole crisi di mercato dei vecchi, è stata avviata una lunga fase di cassa integrazione. La settimana è articolata su soli tre giorni di lavoro, e le pause a singhiozzo sono frequenti. Di fronte alla contrazione netta del reddito, le famiglie operaie soffrono notevolmente. Così ritornano i lavori minuscoli di ieri: “molte di loro sono le prime ad adoperarsi per riprendere i loro vecchi lavoretti in nero, come estetista domiciliare, come rappresentanti per marchi di prodotti per la casa, collaboratrici domestiche o assistenti per gli anziani”.
La parabola delle operaie di Melfi rischia di essere la parabola della deindustrializzazione del Sud, altrove già potentemente in atto. Sono loro la punta dell’iceberg di un profondo sommovimento in atto in tutto il Mezzogiorno..."

operaie tessili e amianto

dal blog http://proletaricomunisti.blogspot.it/

LE MORTI SUL LAVORO NON SONO TRAGEDIE, MA HANNO DEI RESPONSABILI CON nOME E COGNOME SONO IL SISTEMA DEI PADRONI SONO LA NOCIVITA' DEL CAPITALE CHE NON VEDE ALTRO CHE IL PROFITTO…… 

è così che solo per fortuna degli operai tra cui anch'io siamo scampati per culo al crollo di un paranco di una gru con portata 7tonnellate venerdì 20 dicembre alla Tenaris Dalmine….

i sindacati come la cisl sono parte di questo sistema che ha mantenuto il silenzio prima durante e dopo l'esposizione al rischio amianto avvenuta in maniera massiccia nelle fabbriche e sempre tenuta nascosta con il silenzio sindacale e anche con l'avvallo degli enti statali come l'inail …..

solo la lotta dei lavoratori organizzati nei cobas a partire dall'ilva di taranto alla dalmine ha permesso di scoperchiare questo aspetto delle morti sul lavoro e ottenere dei risultati dal punto di vista dei riconoscimenti pensionistici…..

ma sarà solo una rivoluzione dei lavoratori che potrà mettere fine alle morti per i profitti della borghesia.

DALL’INCHIESTA CORRIERE DELLA SERA BERGAMO

Amianto killer nel tessile
Pronto un nuovo esposto

EX OPERAIA CONTRO AZIENDA DELL’ISOLA. E LA CONDANNA DI UNA DITTA IN VAL SERIANA VIENE CONFERMATA IN SECONDO GRADO. LA CISL: UNA TRAGEDIA PASSATA SOTTO SILENZIO

Lavoro con vecchio telaioLavoro con vecchio telaio
Un dramma rimasto nel silenzio, per troppo tempo. Il nesso tra il lavoro nelle aziende tessili e le diagnosi di mesotelioma pleurico - tumoredovuto all’inalazione delle polveri d’amianto - era già stato messo a fuoco nel 2005 in uno studio dell’Università di Milano. I freni dei telai, dei filatoi o dei ritorcitoi, realizzati in amianto almeno fino al 1992, erano soggetti a usura e quindi disperdevano fibra cancerogena nell’aria, a diretto contatto con i lavoratori. Solo di recente, però, c’è stata una presa di coscienza da parte di operai e operaie, colpiti dal mesotelioma anche venti o trent’anni dopo la fine della loro esperienza lavorativa. Troppo spesso sono i loro figli a chiedere un parere medico, o una consulenza legale: i genitori non ci sono più, divorati da quel male che nell’immaginario collettivo è stato collegato quasi esclusivamente alla produzione dell’eternit nel Monferrato e nel Pavese, o al contatto diretto con la materia prima da fondere, come nel caso della Dalmine. A rompere il silenzio è stata una famiglia di Gorno: i figli di Erminia Abbadini, detta Giuseppina, dipendente dal 1941 al 1979 della Cantoni Itc Tessiture Spa di Ponte Nossa, morta a marzo del 2008 di mesotelioma, l’anno scorso hanno ottenuto dal giudice del Lavoro di Bergamo Monica Bertoncini un risarcimento per «danno morale e biologico subìto in vita dalla mamma e poi da loro ereditato», come è stato scritto nella sentenza. L’azienda aveva presentato ricorso in appello, ma anche in quella sede i giudici hanno dato ragione ai figli dell’operaia. Quel caso sta smuovendo le coscienze: l’ufficio vertenze della Cisl e l’avvocato Pierluigi Boiocchi, che già avevano assistito la famiglia Abbadini, presenteranno a giorni un nuovo esposto. L’ex dipendente di un’azienda tessile di Chignolo d’Isola, al lavoro per anni su un ritorcitoio, è affetta da mesotelioma.
La diagnosi, come è accaduto in molti altri casi, è arrivata più di dieci anni dopo aver smesso di lavorare. Informata dai medici, e dall’Asl, delle possibili cause della neoplasia, la donna ha deciso di rivolgersi al sindacato, all’avvocato, e quindi al tribunale. «Il caso che stiamo per portare in tribunale è molto simile al precedente, per il quale i giudici hanno riconosciuto le responsabilità dell’azienda - commenta Salvatore Catalano, responsabile dell’ufficio vertenze della Cisl -. Al momento, però, la diretta interessata preferisce non scendere nello specifico della sua vicenda. Più in generale va detto che, per quanto riguarda il tessile e quindi l’usura dei freni dei macchinari, si è arrivati molto tardi ad una presa di coscienza del problema. È ormai certo che all’interno di molti stabilimenti ci fossero macchinari con componenti in amianto. Ed è altrettanto fuor di dubbio, come ci hanno raccontato molti operai, che proprio dopo il 1992 (anno in cui la legge vietò l’utilizzo dell’asbesto, ndr ) i responsabili delle aziende sostituirono gli impianti. Prima di quell’anno i dipendenti, mentre lavoravano, notavano a vista d’occhio la polvere grigia dispersa dall’usura dei freni dei macchinari. Spesso la si ripuliva semplicemente utilizzando una scopa, altre volte si usavano i compressori. La si rimuoveva, ma restava sul posto. Accadeva così in molti luoghi di lavoro: l’impressione è che si sia consumata una tragedia silenziosa». Una tragedia o più tragedie che possono essere risarcite (solo in parte, solo per l’aspetto economico) anche quando le vittime non ci sono più.
Scriveva infatti il giudice Bertoncini nella sentenza di primo grado: «Non si può concordare con le argomentazioni della convenuta (ovvero con la Cantoni Itc Tessiture), secondo cui, essendo intervenuta la morte della Abbadini, non vi sarebbe spazio per una liquidazione del danno biologico permanente». I danni, biologico e morale, sono anzi soggetti ad un diritto ereditario, vengono trasmessi ai figli e alle figlie, che possono farli valere in tribunale. Quello del tessile è l’ultimo fronte che si sta aprendo in relazione a quel prodotto naturale omicida, chiamato asbesto, o amianto, utilizzato con continuità per almeno trent’anni in decine di aziende italiane.L’anno scorso la ricercatrice dell’Università di Bergamo Isabella Seghezzi, in occasione di un convegno, aveva riassunto le vicende giudiziarie bergamasche: quelle della Dalmine, della Siad e della Sacelit, per le quali si è arrivati ad una serie di condanne di alcuni dirigenti. Oppure le assoluzioni per la Manifattura Colombo di Sarnico e per il Sacchificio Vezzoli di Calcio. Adesso un altro settore produttivo, il tessile, che la crisi sembra aver fiaccato in modo irreparabile, sembra pronto a raccontare una sua pesante eredità.

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