13/11/12

Report dell'assemblea di donne e lesbiche del 28 ottobre a Roma


La violenza degli uomini è la prima causa di morte per le donne nel mondo.
In Italia, un giorno sì e uno no, un uomo uccide una donna.
Il silenzio sulle relazioni di potere e oppressione degli uomini sulle donne ci sta portando al massacro.
E’ ora di tornare, insieme, ad agire e reagire!


Il 18 ottobre 2012 sotto il Tribunale dell’Aquila si è tenuto un sit-in di femministe e lesbiche in solidarietà con la giovane donna sopravvissuta allo stupro e al tentato omicidio da parte di un militare impiegato nell’operazione “strade sicure”.
A seguito di questa iniziativa, il 28 ottobre, a Roma, si è tenuta un’assemblea di donne femministe e lesbiche di Roma, L’Aquila, Bologna, Tieste, Milano, Sardegna.

Ci siamo ritrovate unite dal desiderio di riprendere collettivamente ad immaginare ed agire spazi di conflitto, forti di un’analisi condivisa sulla violenza maschile contro le donne  e sulle sue radici profonde, mutuata mettendo insieme, negli anni, esperienze e riflessioni.

Nel 2007 in tante abbiamo detto che “l’assassino ha le chiavi di casa”.
Le esperienze di moltissime donne ci dicono che la famiglia è il primo luogo della violenza sulle donne, e gli uomini che la commettono sono quasi sempre conosciuti: mariti, padri, fidanzati, ex fidanzati, e anche: vicini di casa, datori di lavoro, professori, medici.

La violenza sulle donne non ha colore, né passaporto, né classe, né età, ma ha un unico genere: sono gli uomini a compierla.

Abbiamo compreso e contrastato l’uso strumentale che la politica fa della violenza degli uomini contro le donne unicamente a fini razzisti, repressivi, e di controllo sociale.

La violenza maschile sulle donne e sulle lesbiche è uno strumento atto a perpetuarne l’oppressione. Affonda le radici nel sistema patriarcale e interagisce con altri sistemi e dispositivi ideologici di oppressione (capitalismo, neo-colonialismo, fascismo, razzismo).


Abbiamo riconosciuto, nei nostri percorsi politici, che tutto ciò che indebolisce, limita la libertà e mantiene sotto ricatto le donne è una forma di violenza per tutte noi: dalla famiglia alla precarietà economica (si parla non a caso di femminilizzazione del lavoro).
La disoccupazione, il peggioramento delle condizioni lavorative, la destrutturazione del mercato del lavoro, le misure così dette anti-crisi spingono le donne sempre più ai margini, le rendono dipendenti dai soldi del marito e le obbligano a sopperire alla mancanza cronica di servizi sociali, vincolandole ancora di più ad una vita di dipendenza e sfruttamento.

Abbiamo individuato e nominato lo stretto rapporto che intercorre tra la violenza domestica degli uomini sulle donne, e la violenza delle istituzioni e dello Stato (dai media, ai sistemi educativi, a quello politico ed economico).

Sappiamo che la violenza contro le donne è perpetrata sistematicamente anche dagli uomini in divisa e in armi, dai “servitori dello Stato” che, dentro le caserme, nei cie, per le strade, nelle carceri di tutto il mondo, sottomettono e torturano con abusi e violenze sessuali donne “irregolari”, immigrate senza documenti, compagne fermate durante le manifestazioni, ecc…
Abbiamo gridato che “nei Cie la polizia stupra” e sappiamo che la militarizzazione, in ogni luogo del mondo, si accompagna a stupri e aggressioni armate contro le donne, i cui corpi diventano territori da penetrare, conquistare, assoggettare.
La militarizzazione dei nostri territori dettata dai pacchetti sicurezza, dalle operazioni “strade sicure” a L’Aquila come in molte altre città italiane, o dal tentativo dello Stato di contenere la protesta contro la Tav in Val di Susa, agisce come ulteriore dispositivo di controllo e repressione sui corpi delle donne.

Ancora una volta ribadiamo che non è questa la sicurezza che vogliamo.

La solidarietà tra donne e l’autodifesa sono la nostra sicurezza.

La violenza sulle donne e sulle lesbiche ci riguarda tutte. Ogni singolo stupro, ogni atto volto a sottomettere e ad assoggettare una donna o una lesbica in quanto tali, è una ferita per ognuna di noi, limita la libertà di ognuna e toglie potere a tutte, mentre accresce il potere, i privilegi, la capacità di controllo attraverso la paura, degli uomini.
Per questo la solidarietà tra tutte le donne è una necessità, un diritto, un sogno, un desiderio che vogliamo praticare.

Torneremo all’Aquila, per continuare a seguire il processo contro il militare accusato di stupro e tentato omicidio e per dimostrare la nostra solidarietà attiva e collettiva alla giovane sopravvissuta alla violenza.

Riconosciamo che molte donne, ogni giorno, sopravvivono ad un femminicidio ed affermiamo il diritto delle donne a difendersi dalla violenza degli uomini con tutti i mezzi a loro disposizione.
Daremo la nostra solidarietà alle donne che si sono sapute difendere nelle case, nei posti di lavoro, nei Cie, e a quelle che per questo motivo sono rinchiuse in carcere.

Nell’assemblea del 28 ottobre è emerso forte il desiderio e il bisogno di tornare all’azione e di coordinarci per dei momenti di mobilitazione da costruire insieme.
Insieme abbiamo deciso che ci riprenderemo le piazze, le strade, passo dopo passo, per riprendere parola ed aprire spazi di conflitto.

Torneremo a L’Aquila perché quel territorio è stato scenario di una violenza su una donna da parte di un militare, e nonostante ciò la militarizzazione continua ad essere la formula risolutiva per un territorio devastato.

Torneremo a L’Aquila perché questa città è indicativa di una realtà che riguarda tutti i nostri territori: devastazione della comunità, militarizzazione e controllo della popolazione, licenziamenti soprattutto di donne, aumento dei casi di violenza contro le donne, aumento di trattamenti sanitari obbligatori, ecc.

Saremo in tutte le città, dove c'è autorganizzazione delle donne e spazi di conflitto.

Il 25 novembre CI RIGUARDA TUTTE!

Assemblea di Donne, Femministe e Lesbiche del 28.11.2012


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