12/02/12

Porci padroni a Treviso

Colloquio di lavoro a luci rosse:«Quante volte la settimana fai sesso?»Impiegata denuncia domande improprie. Pochi giorni fa una ventenne costretta a indossare un perizoma per lavorare al bar

TREVISO - Domande hard ai colloqui di lavoro, quesiti piccanti e allusioni sessuali fin troppo esplicite. La denuncia del malcostume sempre più diffuso arriva da Barbara Martignago, una ventinovenne di Montebelluna, con alle spalle un'esperienza lavorativa come parrucchiera prima e come operaia in tampografia poi. Infine di nuovo impiegata in una impresa di pulizie.

La sua odissea nel mondo del lavoro comincia quando scopre di essere allergica ai prodotti chimici. È a quel punto che la ragazza è costretta ad inanellare una serie di colloqui di lavoro per cercare una professione diversa.

«La prima volta che ad un colloquio mi hanno chiesto se fossi fidanzata ho risposto ovviamente di sì, io non sono abituata a raccontare le bugie» spiega la donna. Le domande seguenti sono un crescendo di allusioni ai limiti della volgarità. Domande alle quali lei, che aspira ad un posto di
lavoro, è stata costretta a rispondere.

«Mi hanno chiesto quanti rapporti sessuali avevo alla settimana e se facessi uso o meno delle precauzioni». A quel punto la ragazza si è alzata, ha guardato negli occhi il suo interlocutore, quell'uomo che era lì per proporle un lavoro, ed è andata via. Proprio pochi giorni fa l'emittente
televisiva Antennatre aveva raccontato anche la storia di Monica, una 20enne residente a Treviso costretta ad indossare un perizoma per lavorare in un bar: «Mi sono sentita trattata come un oggetto. Mi è stato chiesto di indossare quel tipo di abbigliamento intimo da tenere in vista così da attirare un maggior numero di clienti» aveva denunciato.

Richieste esplicite quanto gravi e irrispettose che tracciano uno spaccato impietoso del mondo del lavoro in cui sono costretti a destreggiarsi i giovani. «Io alla mia età - ha continuato la 29enne montebellunese Barbara - non ho avuto esitazioni nè difficoltà ad andarmene, ma penso a qualche ragazza più giovane di me, magari appena diciottenne, e mi chiedo come si
sarebbe comportata al mio posto davanti a queste domande così esplicite, quasi insistenti».

Sulla vicenda è intervenuta anche l'assessore regionale alla Formazione professionale, Elena Donazzan: «Noto spesso ai convegni delle associazioni di categoria ragazze e hostess con la microgonna. Se lo fanno perché gli viene imposto credo sia disdicevole. Qui non siamo davanti ad imprenditori che approfittano della crisi - rincara la dose la Donazzan - quanto piuttosto davanti ad un problema di tipo culturale».

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