27/03/10

La doppia lotta delle donne, ieri e oggi

un articolo delle Cassandre felsinee uscito su "Umanità nova" n. 11

Che in questi giorni la CNT spagnola festeggi i sui cento anni con una serie di iniziative sul rapporto tra lotta contro il capitalismo e contro il patriarcato, tra anarchismo e femminismo, è forse il segno di una centralità della lotta femminile in una fase di crisi in cui lo sfruttamento e la precarietà investono con maggior violenza proprio il lavoro e la vita delle donne. Ed è senz’altro significativo che il 20 marzo il tema di dibattito, a metà fra storia e attualità, fosse “Mujeres libres, ieri e oggi”...

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«Ci sono molti compagni che desiderano sinceramente il concorso della donna nella lotta, ma a questo desiderio non corrisponde alcun cambiamento delle loro idee su di essa: desiderano la sua partecipazione come un elemento strategico che potrebbe facilitare la vittoria, senza che ciò li induca a pensare nemmeno per un istante all’autonomia femminile, senza che cessino di considerarsi l’ombelico del mondo. Sono gli stessi che nei momenti d’agitazione esclamano: “Perché non si organizza una manifestazione delle donne?”...».

A mostrare la tenace persistenza di una “questione femminile” anche dentro i movimenti antiautoritari, basterebbe forse questo lucido frammento di dibattito che non risale alla rivolta femminista degli anni Settanta, ma alla Spagna del 1936. Lo si può leggere in una piccola antologia edita a Barcellona nel 1975 da Mary Nash e riproposta in italiano nel 1991 dalle edizioni La Fiaccola: “Mujeres libres. Spagna 1936-1939”: ed è la testimonianza di un’importante esperienza delle donne, lungamente ignorata dalla storiografia femminista e dalle storie del movimento operaio e della guerra civile spagnola.

“Mujeres libres” – rivista e organizzazione femminile di tendenza anarchica – sviluppò la propria attività dal marzo ’36 al febbraio ’39, raccogliendo oltre 20.000 militanti. Si costituì come movimento autonomo nell’ambito del movimento libertario e respinse qualsiasi tentativo che potesse lasciar supporre una sua subalternità o strumentalizzazione. Diversamente dalle organizzazioni e sezioni femminili dei vari partiti comunisti, “Mujeres libres” rivendicava la propria “autonomia organizzativa” e cercò di farsi riconoscere come ramo autonomo dell’anarchismo, al fianco e alla pari con la CNT, la Federación Anarquista Iberica e la Joventud Libertaria. Nell’ottobre del ’38 la richiesta di essere riconosciuta come parte del movimento libertario fu infine respinta perché «un’organizzazione specificatamente femminile avrebbe costituito un elemento di disgregazione e di divisione all’interno del movimento operaio».

Priva di riconoscimenti formali e di un appoggio incondizionato, “Mujeres libres” riuscì tuttavia fin dalla primavera del ’36 a sviluppare un’azione forte e incisiva, organizzandosi come movimento gestito interamente dalla propria base e strutturato in forma federalista su base territoriale. Secondo il femminismo proletario di “Mujeres libres” le donne erano chiamate a una “doppia lotta” (“dobla lucha”): come sfruttate e come oppresse dalle discriminazioni sessiste e dalle costrizioni del familismo. Essendo “doppia”, la lotta aveva dunque bisogno di organizzazioni convergenti ma autonome: liberare la società non significava soltanto sconfiggere padroni e fascisti, ma anche abbattere il patriarcato e ogni forma di autoritarismo maschile. Non si trattava soltanto di difendere un territorio o lo Stato repubblicano, ma di lottare per gli interessi della classe lavoratrice e insieme per l’instaurazione di un sistema sociale più giusto e libero per tutte/i. Nei quartieri proletari le “Mujeres libres” portavano la complessità della lotta antiautoritaria, la pluralità non gerarchizzabile delle contraddizioni (non solo economiche, ma anche sessuali), la necessità di emancipare la donna – scrivevano – «da una triplice forma di schiavitù a cui è stata e a cui continua ancora ad essere sottomessa: schiavitù dell’ignoranza, schiavitù in quanto donna e schiavitù come produttrice».

Oggi, in questi anni di oppressione molteplice, possiamo ben capire la straordinaria vitalità di quell’esperienza remota di donne autorganizzate, autonome e libere. Perché oggi sono forti, come e più di allora, le ragioni di una “doppia lotta” delle donne all’interno dei movimenti di emancipazione sociale: contro lo sfruttamento, la precarietà, le discriminazioni sul lavoro; contro le violenze sessiste ed eterosessiste, l’autoritarismo familista e patriarcale e ogni forma di subordinazione e subalternità.

Non a caso la due giorni “Bagagli per un viaggio delle donne in lotta”, organizzata a Taranto il 13-14 marzo scorsi dalle compagne del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario, ha ribadito la sfida di promuovere nei prossimi mesi la costruzione di uno sciopero generale delle donne che intrecci la battaglia per il lavoro alla lotta contro la “triplice forma” dell’asservimento femminile. E potrebbe essere forse qualcosa di più di uno sciopero: una mobilitazione permanente, un’utopia di liberazione.


Per approfondire:

Mary Nash, Mujeres libres (Donne libere). Spagna, 1936-1939, a cura di M. Matteo ed E. Penna, Ragusa, La Fiaccola, 1991 (reperibile ormai solo in biblioteca).

Martha A. Ackelsberg, Mujeres libres. L’attualità della lotta delle donne anarchiche nella rivoluzione spagnola, Milano, ZIC, 2005.

Cassandre felsinee

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