29/05/09

«Utilizzano i nostri figli morti sotto le macerie a scopo elettoralistico»

Dall'Unità, 28 maggio 2009
di Mariagrazia Gerina

«Mio figlio era uno studente universitario ed è morto sotto le macerie, cosa c’entra questo con la campagna elettorale?», si ribella Paolo Colonna all’idea della cerimonia già apparecchiata per domani mattina. Quando il presidente del Consiglio sarà per l’ennesima volta a l’Aquila per consegnare alle famiglie degli studenti morti sotto le macerie una laurea honoris causa.

Quella onorificenza il signor Paolo Colonna non la vuole. E tanto meno la vorrebbe dalle mani del presidente del Consiglio. «Cosa c’entra? Stanno utilizzando i nostri figli a scopi elettoralistici. Non posso accettarlo. Stiamo parlando di ragazzi di vent’anni morti perché facevano il loro dovere di studenti. Come si fa a utilizzarli per prendere qualche voto in più?», ripete con rabbia il signor Paolo Colonna. Tanto più ora che ha saputo che a quella cerimonia parteciperà anche Berlusconi. Nessuno glielo aveva detto.

All’invito del rettore lui e le famiglie di altri sette studenti morti nel terremoto avevano già risposto di no. Il perché lo spiegano in una lettera al rettore firmata con i nomi dei loro figli. «Quella laurea - scrivono - è solo un blando tentativo di chiudere una tragica parentesi che ha sconvolto la nostra esistenza».

Secondo un rapporto della Protezione civile che risale al 2006 - scrivono Paolo e gli altri genitori degli studenti vittime del terremoto - molti edifici pubblici e tutte le facoltà universitarie avevano gravi problemi strutturali e avevano bisogno di essere ristrutturate. «Quegli studi sono stati fatti nel 2006 e sono rimasti nei cassetti dell’amministrazione», denuncia con rabbia il signor Colonna: «Tutti sapevano, solo noi non sapevamo. Se lo sapevamo i nostri figlio li tenevamo a casa».

Suo figlio, Tonino, studiava ingegneria. Non abitava nella casa dello studente, ma in una delle palazzine di via Luigi Sturzo. Nel fine settimana era stato a casa, dai suoi, a Torre de’ Passeri, un paesino dell'Abruzzo. Ma lunedì mattina aveva lezione presto. Perciò la domenica è tornato e il terremoto l’ha sorpreso a l’Aquila nel suo appartamento di studente.

«Siamo stati noi a tirarli fuori dalle macerie», racconta il padre, che, quando ha cominciato a intuire cosa poteva essere accaduto a l’Aquila è corso da Torre de’ Passeri: «Sul posto c’erano dei ragazzi che scavavano, non c’era la Protezione civile, non c’era nessuno, loro sono arrivati solo diverse ore dopo».

Da quel momento in poi per il signor Colonna è tutto un percorso a ritroso, a cercare le responasbilità, quello che poteva essere fatto e non è stato fatto. Trasportato all’ospedale San Camillo di Roma, Tonino non ce l’ha fatta. «È stato il terremoto ad ucciderli», ha spiegato alla famiglia il preside della facoltà di Ingegneria quando ha chiamato a casa per invitarli alla cerimonia di domani. «Ma i nostri figli sono morti perché facevano il loro dovere di studenti, ma il proprio dovere qualcuno non l’ha fatto», insiste il signor Colonna: «Le scosse erano iniziate a ottobre e il 30 marzo alle tre e mezzo c’era stata una scossa del quarto grado: i ragazzi stavano facendo lezione e sono usciti all’aperto. Perché non hanno deciso allora di chiudere l’università?». «Quando ho chiesto al preside della facoltà di mio figlio se poteva dirmi che i nostri figli andavano a lezione in strutture sicure non mi ha replicato nulla».

Ecco è per questo che ora Paolo e gli altri genitori dei ragazzi morti sotto le macerie come suo figlio non vogliono quella laurea honoris causa. Tanto più ora che hanno saputo che, a una settimana dalle elezioni europee, sarà il presidente del Consiglio a consegnarla personalmente ai presenti. «Vuol dire che moralmente abbiamo proprio toccato il fondo e io non ci sto», dice Paolo, che però se riuscirà, proverà lo stesso domani con le altre famiglie "ribelli" a intervenire per spiegare le sue ragioni anche durante la cerimonia. «So già che non mi faranno entrare, ma se ci saranno anche gli altri ci proverò lo stesso».

Terremoto all'Aquila: i genitori degli studenti vittime rifiutano la laurea honoris causa

Da Abruzzo24ore
Con compostezza e gran dignità i genitori dei ragazzi vittime del crollo della Casa del studente rifiutano la laurea honoris causa che oggi avrebbero dovuto ricevere, in una struggente liturgia ripresa da truppe cammellate di telecamere, per mano del Rettore magnifico e alla presenza nientemeno che del Presidente del consiglio Silvio Berlusconi. Non sanno che farsene di una pergamena arrotolata grondante di retorica, i genitori di Michele Strazzella, Enza Terzini, Tonino Colonna, Luca Lunari, Marco Alviano, Angela Cruciano, Luciana Capuano, Davide Centofanti.


Loro chiedono solo giustizia, e che chi ha sbagliato paghi e al limite vada in galera il prima possibile.

Peccato per il premier: sarebbe stata una bella botta d'immagine, in giorni in cui viene in mezzo mondo accusato di aver flirtato, lui ultrasettantenne e sposato, con una ragazzina. Un diversivo di marketing politico dopo le dichiarazioni roboanti come l'abbattimento del numero dei parlamentar.

" Va ricordato - spiegano i genitori al quotidiano Il Centro - che durante l’attività sismica che andava avanti da circa sei mesi nessuno si è preoccupato di sospendere la normale attività didattica nelle facoltà, sottoponendo gli studenti ad un notevole stress psicofisico. Alla facoltà di Ingegneria ad esempio», precisano, «erano in programma lezioni ed esami nei giorni di lunedì, martedì e mercoledì della settimana di Pasqua. La prevenzione è stranamente scattata dopo i catastrofici eventi sismici del 6 aprile, visto che molte facoltà sono state trasferite in alcune città abruzzesi. Basta solo questo per ribadire che noi rifiutiamo l’assegnazione del titolo di laurea.

Intanto il Comitato familiari vittime Casa dello studente si dice intanto sconcertato dalle dichiarazioni dell'ex presidente Adsu Luca D'Innocenzo, rese alla stampa a margine del suo interrogatorio in Procura, e chiede a gran voce le sue dimissioni anche da assessore comunale con delega all'Università.

Il 31 marzo, spiegano i genitori, D'Innocenzo asserisce di aver consegnato agli studenti un questionario nel quale si chiedeva agli stessi se ritenessero sicura la sede, come se fosse una questione di impressioni soggettive. D'Innocenzo, incalzano, sapeva delle crepe e della colonna fradicia che troneggiava in sala mensa, al contrario di quanto ha detto ai giudici. Sapeva dello studio di Collabora Engineering, sui rischi di criticità degli edifici pubblici, tra cui la casa dello studente, perchè fu l'Adsu a consegnare la cartografia dell’immobile. Soprattutto non ha mosso un dito per far uscire gli studenti da quella casa di cartapesta, nonostante avvertimenti degli stessi studenti, e tre mesi di scosse sismiche.

Concludono i genitori: "Può un dirigente che non sa, non vede, non sente, rappresentare i cittadini attraverso uno degli assessorati più impegnativi e delicati, le politiche sociali, con, ironia della sorte, delega alla Città degli Universitari?"

NEL VIDEO DICHIARAZIONE DI ANTONIETTA CENTOFANTI, COMITATO VITTIME CASA DELLO STUDENTE

24/05/09

Lettera di una sfollata di Poggio Picenze

Questa donna, se è viva, lo deve a Giampaolo Giuliani, il tecnico denunciato per procurato allarme da Guido Bertolaso.

Le interviste da lei rilasciate sono state più volte oscurate su You Tube

A Poggio Picenze si sta bene

A Poggio Picenze si sta bene, se non consideriamo la temperatura esterna intorno ai 30° e quella interna alle tende certamente superiore. Stanno bene specialmente gli anziani, magari malati e stanchi. Alcuni erano talmente stanchi che hanno preferito morire. Ma Francesco ha fiducia e mi dice: "Tanto domani arrivano i condizionatori". I condizionatori il giorno dopo non sono arrivati e nemmeno quello dopo ancora...
Sappiamo che una settimana fa si parlava di virus gastrointestinale. Colpiva gli sfollati nelle tendopoli, solo a Poggio Picenze sono state male circa 70 persone. Qualche giorno dopo sono arrivati i NAS. Hanno portato via la cucina da campo perché non rispettava le norme igieniche. Solo un caso, perché a parte questo a Poggio Picenze si sta bene. Non importa se quando hanno portato una nuova cucina - o era sempre la stessa? - hanno cucinato spaghetti spezzati bolliti, senza neanche un filo d’olio, seguiti da un bel wurstel come secondo. Ci sono sfollati a Poggio Picenze di fede musulmana. E' come se dessero una fiorentina a un cattolico il venerdì santo… Ma questo, mi rendo conto, è del tutto secondario.
A Poggio Picenze si sta bene, in fondo i macedoni sono andati via quasi tutti e chi è rimasto deve vedersela con gli xenofobi di Casa Pound. Gestiscono il magazzino degli abiti e degli alimenti. Qualche giorno fa è tornato dal suo paese un macedone, accompagnato da sua moglie incinta. Ha chiesto delle coperte perché gliene avevano date solo due. Se di giorno si crepa di caldo vi assicuro che di notte fa freddo. Si è visto trattare in malo modo dal buttafuori del magazzino. Se Alessandra non fosse intervenuta probabilmente non avrebbe avuto nessuna coperta... Ma a parte queste piccolezze, al campo di Poggio si sta benissimo.
Io sono residente a Poggio Picenze da molti anni, però quando arrivo all’ingresso del lager c’è uno sconosciuto vestito da Rambo che mi chiede: “Lei chi è e cosa deve fare nel campo?”. Evidentemente non ho quel carinissimo tesserino giallo che fa sentire le persone tutte parte di uno stesso gruppo. La sicurezza è importante e viene prima di tutto. Ma non è una questione di sicurezza anche la distribuzione di cibi non avariati? Forse no, dopo tutto a Poggio Picenze si sta bene.
Faccio un giro per salutare altri amici che si trovano in altre sistemazioni esterne al campo. Mentre parlo con alcuni di loro, vicino alla Piazza Rosa, passano due ceffi che rallentano per girare e ci scrutano dettagliatamente. Lì per lì mi preoccupo, poi mi è tutto chiaro. Sono i tutori dell’ordine di Casa Pound. Si chiamano Casa Pound ma sono a casa tua. Ti fanno sentire un’estranea, ma lo fanno solo per tenere sotto controllo la situazione, per motivi di sicurezza. Mai stati così sereni i poggiani! Sono talmente sereni che a guardarli mi viene voglia di portarli tutti via con me.

Stefania Pace
Residente a Poggio Picenze.
Sfollata a Silvi.

SULLA SITUAZIONE ALL'AQUILA E IL G8

Gli interventi del governo/Berlusconi e della protezione civile all'Aquila mentre da un lato non stanno affatto risolvendo i gravi problemi di vita quotidiana delle popolazioni terremotate, dall'altro stanno imponendo una pesante pesante e invadente presenza di polizia, forze dell'ordine che moltiplica al massimo le condizioni già inaccettabili di vita delle popolazioni nei campi, che calpesta diritti e democrazia, e che ha come naturale affiancamento la falsità delle notizie e il ruolo di servi dei mass media, partiti e sindacati istituzionali; anche all'Aquila è in corso d'opera un moderno fascismo che ha come centro il populismo osceno e strumentale di Berlusconi.
La decisione di fare il G8 all'Aquila è pienamente interna a questa situazione: è una vetrina per Berlusconi, è un uso da avvoltoi del dolore e delle sofferenze della gente per far passare l'immagine dell'imperialismo/i buono/i; è un modo per spostare l'attenzione sulle gravi responsabilità/colpe, prima e dopo il terremoto, delle morti e dei disastri; è soprattutto una provocazione inaccettabile.
Una provocazione, per i soldi che comunque si spenderanno, a fronte dell'elemosine che si vogliono stanziare per la popolazione; una provocazione perchè le strutture del G8 si costruiranno in pochissime settimane, mentre per le case delle popolazioni passeranno anni; una provocazione perchè il G8 lo useranno per buttare fuori dalle proprie zone le popolazioni. Per non parlare poi dell'enorme potenziamento dello Stato di polizia che renderà la vita normale sempre più impossibile.

Per questo IL G8 ALL'AQUILA AUMENTA, NON RIDUCE LE RAGIONI DI UNA FORTE OPPOSIZIONE AL G8! Doppiamente all'Aquila perchè non possiamo accettare che vengano messi bellamente e tranquillamente in scena gli interessi dei potenti, dei padroni, dei ricchi del mondo, nel momento in cui all'Aquila le persone non sono morte per il terremoto ma per la logica e i profitti di questo sistema capitalista. Anzi, dobbiamo noi usare la decisione del G8 all'Aquila per rovesciargliela addosso; è un'occasione per coinvolgere direttamente la popolazione, e soprattutto gli studenti, i lavoratori. Questa volta abbiamo l'occasione che non dobbiamo noi andare dove stanno loro, ma che sono loro che vengono in una realtà difficile: questo deve poter significare costruire non solo UNA manifestazione, ma tante proteste, tante iniziative per "rovinare loro la festa", e senza aspettare luglio. Siamo pertanto nettamente contrari, e riteniamo profondamente opportuniste, offensive verso le popolazioni abruzzesi e oggettivamente complici dei potenti del G8, tutte le posizioni nella sinistra, nel movimento che di fatto stanno già accettando di moderare l'opposizione al G8 all'Aquila, facendo di fatto propria la logica populista del governo verso la gente terremotata., non convocando una manifestazione – corteo -blocco contro il G8 dell'Aquila.
Non pensiamo affatto, chiaramente, che la situazione tra la gente terremotata sia facile e che non ci siano settori della popolazione che vedono il G8 come un'opportunità - ma qui noi dobbiamo distinguere (parlare di popolazione è ancora troppo generico, tra la gente vi sono i politici locali, vi sono le classi), noi guardiamo agli studenti, ai lavoratori, agli immigrati, alle donne che più subiscono le pesanti condizioni di esistenza nei campi; nello stesso tempo la situazione attuale fa emergere nuove contraddizioni tra popolazione e governo/Stato che possiamo utilizzare.
Ora pensiamo che le due cose piu' importanti siano: la controinformazione, sia sul piano nazionale sia in Abruzzo, sulla vera situazione; l'inchiesta diretta tra gli studenti, i lavoratori, le donne, ecc. dei campi per organizzare le forze disponibili.
Per questo Proletari Comunisti organizza un gruppo di inchiesta e intervento e propone a tutte le forze che si ritrovano sulla linea “un'altra opposizione al G8 è possibile“ a dirlo chiaramente e costruire una riunione nazionale allo scopo.

Proletari comunisti - ro.red@fastwebnet.it

STUPRI "ORDINARI" E STUPRI DI POLIZIA.

Nel giro di 4 giorni due stupri, con caratteristiche simili, sono avvenuti in provincia di Taranto, il primo a Palagiano nella notte di sabato 16 maggio e il secondo a Laterza nella notte di mercoledì scorso. In entrambe le volte si è trattato di ragazzine di 17, 16 anni, e gli stupri sembrerebbero fatti da uno stesso uomo che aggredisce coppie di giovani appartati in macchina in zone disabitate, minaccia con la pistola il ragazzo e violenta la ragazza, e per ultimo li rapina. E' da tempo che nella provincia e a Taranto la situazione sta peggiorando, le violenze sessuali sono in netto aumento, sia in famiglia dove spesso si trasformano in omicidi, sia fuori, ma il prefetto di Taranto, la polizia di Taranto, in tutt'altre faccende affaccendato, dice che la situazione è sotto controllo. E i partiti, le donne dei partiti, anche di sinistra, continuano a fare campagna elettorale. E ogni nostro appello di organizzare una risposta di lotta alle violenze sessuali cadono purtroppo nel vuoto più assoluto. Negli stessi giorni è venuta fuori un'altra gravissima violenza che da tempo va avanti. E' uscita su pochissimi giornali ed è invece importante che rilanciamo con forza questa denuncia, ricordando che Mesi fa le detenute del Carcere di Rebibbia iniziarono una protesta, con la parola d'ordine: "il carcere non può essere la discarica abusiva di esseri umani "indesiderati, contro le condizioni di detenzione e le violazioni che ogni giorno vengono portate avanti nelle carceri. Nel carcere femminile di Genova Potedecimo due agenti della polizia penitenziaria per molto tempo hanno costretto alcune detenute a fare prestazioni sessuali, per avere in cambio qualche piccolo privilegio, o come contropartita di diritti negati. Queste violenze continue sono venute fuori perchè una delle detenute, marocchina, uscita incinta a seguito di queste violenza, ha dovuto abortire. Quanti altri episodi simili, soprattutto ai danni di detenute straniere, avvengono senza che vengano alla luce? In cui la polizia penitenziaria usa il suo potere repressivo non solo per negare o concedere diritti, ma anche per ricattare con al violenza le donne?

Movimento Femminista proletario Rivoluzionario - Taranto

22/05/09

Carceri italiane - Abusi sessuali, aborto, suicidio e scabbia


Abusi sessuali su detenute da parte dei secondini, aborto in carcere

Accuse confermate anche da alcuni agenti sentiti come testimoni Inchiesta della Procura su presunti abusi sessuali sulle detenute in cambio di agi e maggiore libertà. Una donna è stata costretta ad abortire dopo essere stata messa incinta dall'uomo che la doveva sorvegliare. Indagati quattro agenti.

21 maggio 2009
Genova - Ci sarebbe anche un aborto tra gli episodi al centro dell'inchiesta della procura di Genova sui presunti abusi sessuali sulle detenute in cambio di agi e piu' liberta' nel carcere di Pontedecimo.
A confermare il fatto, secondo quanto riferito dal 'Secolo XIX', ci sono le testimonianze sia delle detenute che degli agenti 'puliti', che nel corso degli interrogatori avrebbero parlato di una donna costretta ad abortire dopo essere stata messa incinta dall'uomo che la doveva sorvegliare. L'ipotesi di reato formalizzata dal procuratore capo, Francesco Lalla, e' pesantissima: concussione, dove il prezzo del presunto ricatto imposto dagli agenti in questo caso era il sesso.
Sarebbero gia' quattro le persone iscritte nel registro degli indagati - fra loro il poliziotto coinvolto nell'aborto - al termine di una prima fase d'inchiesta condotta dalla sezione giudiziaria della Polizia di Stato.
Otto gli appartenenti alla Penitenziaria ascoltati in questi ultimi giorni come persone informate sui fatti. E con loro
sono state interrogate almeno tre detenute ed ex detenute. Una e' stata fatta arrivare, sotto scorta dal carcere di Napoli dove si trova attualmente. Le altre due si trovano tuttora a Pontedecimo. Le loro confessioni, sulle quali il segreto e' assoluto, si aggiungono a quelle della presunta vittima, Z.E., la marocchina di 28 anni che sconta una condanna per una storia di maltrattamenti in famiglia.
Adnkronos

Venezia: detenuti protestano, per suicidio e epidemia di scabbia

20 maggio 2009
Venezia - "I soldi non si inventano": risponde così il Provveditore per il sistema penitenziario del Triveneto Felice Bocchino alle notizie di infezioni come la scabbia, contenute nel documento inviato al ministro della giustizia dai detenuti di Santa Maria Maggiore di Venezia. Da alcuni giorni i detenuti manifestano pacificamente, battendo sulle porte di ferro del carcere, per le condizioni di detenzione. Causa scatenante della protesta è stata il suicidio di un detenuto immigrato, ma la protesta verte soprattutto sull’eccesso di presenze. I detenuti sono in tutto 310, il triplo della presenza regolamentare.
Il Gazzettino

ANCORA DALL’INFERNO DELLE TENDOPOLI

Freddo di notte, caldo di giorno, un caldo sfibrante, soprattutto per i 120 sfollati di Colle Sassa, rimasti senza acqua, senza poter bere e lavarsi per 2 giorni, fino a quando non hanno protestato e minacciato querele.
Freddo di notte, caldo di giorno. Nelle cuccette e nelle tende alla mattina non si può più stare: manca l’aria e il termometro sale ad oltre 30°. Il microclima, il sovraffollamento, le scarse condizioni igieniche e i tardivi controlli sugli alimenti e la gestione della cucina nei campi favoriscono la diffusione di malattie infettive e parassitarie. 50 casi di gastroenterite nel solo campo di piazza d’armi in un solo giorno e i malati vengono tenuti in isolamento nelle tende. Un caso accertato di tubercolosi nel campo di Pizzoli, ma le prime notizie apparse su televideo parlavano di 5 malati di tubercolosi all’Aquila. Di una cosa sicuramente siamo tutti malati, la disinformazione.
La protezione civile promette condizionatori e doppi teli per proteggersi dal sole, ma intanto si aspettano ancora lavabi in prossimità dei cessi chimici e i medici asseriscono che: “per prendere una diarrea basta aprire la porta del bagno chimico e poi non lavarsi le mani”. Sapete cosa ha risposto la protezione civile ad uno sfollato disoccupato che chiedeva teli frangisole e frigoriferi per il campo? “Vedi di farteli regalare da qualcuno, noi non ne abbiamo!”
Fa caldo, troppo caldo nelle tende, i bambini, gli anziani, i malati costretti all’isolamento non riusciranno a superare l’estate e l’ospedale da campo non è in grado di fronteggiare l’emergenza. Nonostante i climatizzatori, nelle tende dell’ospedale la temperatura supera i 30° e i ricoverati, di cui una trentina di anziani allettati nelle tende di medicina interna, aspettano i rifornimenti di integratori salini contro il caldo. Per andare al bagno, chi può alzarsi dal letto deve uscire dalla tenda per raggiungere i cessi chimici e durante il percorso rischia di inciampare in un’altra minaccia, le vipere. Ma non è tutto: dal 20 maggio, per una settimana, sono sospesi gli esami per i pazienti ambulatoriali e ricoverati per liberare le aree dove verrà montato l'ospedale da campo del G8.
Questo maledetto G8, che già da ora rende ancora più invivibile, con la sua invadenza militare e finanziaria le condizioni degli sfollati aquilani. Un G8 che sottrae e sottrarrà alla rinascita della città risorse urbanistiche ed economiche preziose. L’ennesima beffa e provocazione a danno dei terremotati abruzzesi. Un G8 per il quale verranno sperperati 90 milioni di euro di denaro pubblico per stendere un tappeto rosso sotto i piedi degli 8 potenti della terra (sotto i piedi dei terremotati abruzzesi solo scosse e vipere), un G8 per il quale il governo si sta adoperando in tutta fretta per mettere in sicurezza da eventuali contestazioni gli 8 potenti della terra, nella roccaforte blindata e antisismica della caserma ''Vincenzo Giudice'' (che potrebbe ospitare già da adesso 25.000 sfollati, o in alternativa la sede dell’università dell’Aquila), un G8 per il quale verranno sottratti agli sfollati altri 900mila euro per l’adeguamento dell’aeroporto di Preturo alle esigenze di mobilità e sicurezza degli 8 potenti della terra (alle proprie esigenze di sicurezza e di mobilità gli sfollati devono pensare da soli, senza intralciare le forze del disordine a difesa del G8 e della più alta concentrazione in Italia di depositi bancari, quale era l’Aquila sicuramente già prima del sisma del 6 aprile), un G8 per il quale già da ora il diritto alla mobilità, alla salute, al lavoro, alla casa, alla sicurezza dei terremotati abruzzesi passa in secondo piano rispetto ai privilegi e all’arroganza dei potenti e dei governi.
Dal 6 aprile non abbiamo più diritto all’autogoverno, non abbiamo più diritti. I malati vengono spediti fuori dall’Abruzzo per essere curati e il personale medico, così come anche quello dell’università, se può abbandona il territorio. Qui non c’è più lavoro per gli aquilani, qui non c’è più neanche l’assistenza sanitaria minima, garantita prima del terremoto.
Gli operai comunali sono a braccia conserte e la breccia delle cave abruzzesi per i campi e per il G8 viene prelevata da ditte provenienti da Milano o Torino perché, dicono, le cave non sono sicure, come se le ditte di Milano o Torino conoscessero il territorio abruzzese meglio di chi ci vive da sempre.
La disoccupazione nel territorio aquilano, già molto elevata prima del terremoto, ora ha raggiunto livelli insopportabili per un tessuto sociale così profondamente diviso e sparpagliato tra un presente di tendopoli e alberghi-ghetto e un futuro di new town. L’Aquila nacque dall’unione di 99 villaggi, che strinsero un patto per fuggire alle vessazioni dei baroni feudali e garantire a tutti stessi diritti civici e uso delle proprietà collettive, come boschi e pascoli. Ora questi campi, le future new town, riporteranno indietro l’orologio di questa città di almeno 8 secoli.
Fa caldo, troppo caldo nelle tendopoli e si muore di noia. Chi prima aveva un lavoro, seppur precario, ora non lo ha più e migliaia di famiglie non hanno più neanche un reddito su cui contare.
Né il governo centrale, né le amministrazioni locali si sono concretamente impegnati a far ripartire l’economia del territorio, privilegiando evidentemente speculazioni di interesse politico ed economico a discapito del tessuto umano.
I prodotti locali dell’agricoltura e dell’allevamento, inutilmente offerti alla protezione civile per il consumo nei campi, rimangono invenduti e devono essere distrutti. Sono le grosse catene di distribuzione e non i piccoli produttori indigeni a guadagnare dall’emergenza. Nelle tendopoli gli sfollati non hanno certo diritto di scelta e, mentre nelle stalle abruzzesi i vitelli invecchiano e il latte deve essere gettato, nei campi la minestra è sempre quella del cibo in scatola o surgelato, di dubbia provenienza e inesistente genuinità, probabile concausa della recente epidemia di dissenteria.
I lavoratori aquilani sono costretti ad emigrare per trovare un lavoro, anche perché di fatto, gli enti locali sono stati commissariati. La popolazione, con il decreto 39 e relative ordinanze viene espropriata di ogni potere decisionale in merito al proprio destino, sia per quanto riguarda la fase dell’emergenza (impossibilità di autogestione nei campi della protezione civile e blocco degli aiuti da parte della stessa nei confronti dei campi autogestiti) sia per quanto riguarda quella della ricostruzione, per la quale il suddetto decreto, invece di privilegiare i lavoratori del posto, promette una giungla di subappalti ad imprese a partecipazione mafiosa e massonica, provenienti da altre zone d’Italia.
Non siamo un popolo di accattoni, vogliamo solo quel che ci spetta: il lavoro e la terra per ricominciare a sognare, per ricostruire le nostre case, per vivere con dignità, come abbiamo sempre fatto. Ma qui ci impediscono di lavorare e si prendono la terra e presto si prenderanno anche tutte le nostre macerie, la nostra storia, i nostri ricordi, le prove della loro colpevolezza oltre che della nostra vita.
Si prendono tutto il nostro tempo: il tempo che ci vuole per aprire e chiudere una tenda della protezione civile ogni volta che si entra e che si esce (stimato in media di 20’), il tempo che ci vuole (ore, giorni o addirittura mesi senza risultati tangibili) per cercare di avere notizie o documenti dall’infernale macchina del DICOMAC (DIrezione di COMAndo e Controllo, l'organo di Coordinamento Nazionale delle strutture di Protezione Civile nell'area colpita) e di quel che è rimasto degli sportelli comunali, il tempo che ci vuole per cercare di chiamare, a un numero verde sempre occupato, un autobus per potersi spostare (ore e a volte giorni), il tempo che ci vuole per gli sfollati nella costa per aspettare un autobus che non arriverà mai. L’Aquila è ormai una città assediata dalla burocrazia e dalla militarizzazione, blindatissima per il G8 ed ermetica alle concrete esigenze degli aquilani. Senza notizie e informazioni gli sfollati sono costretti a file sfibranti solo per lasciare il documento al maresciallo di turno ed uscire insoddisfatti e sfiniti, pronti per un'altra fila presso un altro com o un altro ufficio.
Fa caldo, troppo caldo nelle tende e nelle file laceranti fuori dai COM e fuori dalle mense, dalle docce, dalle tende con gli aiuti. Il tempo, scandito dalle esigenze di profitto dall’emergenza e non da quelle della ricostruzione del tessuto sociale, la convivenza forzata, la perdita totale di ogni frammento di intimità e di identità collettiva nei luoghi e nei tempi controllati dal disordine della protezione civile ed associazioni da essa accreditate, l’ozio forzato cui sono costretti gli sfollati cominciano a prendere forma nelle risse, nelle violenze alle donne e nella guerra tra poveri. E mentre i carabinieri e i media minimizzano, per evitare che questa rabbia gli si rivolga contro il generale Bertolaso chiede aiuto all’arcivescovo e ai preti: “la gente nelle tendopoli comincia a rumoreggiare, tocca anche ai sacerdoti veicolare messaggi distensivi per evitare rivolte popolari”. Naturalmente in una situazione così “surriscaldata” l’appello ai parroci potrebbe non essere sufficiente e così il controllo governativo dei campi profughi si capillarizza in chiave autoritaria, oltre che con la militarizzazione dei campi stessi, anche con la gerarchizzazione delle persone ivi ospitate. Nelle tendopoli le uniche assemblee popolari consentite e incoraggiante, quando non direttamente indette dal capo-campo della protezione civile, come è successo a piazza d’armi, sono quelle per simulare la libera elezione dei responsabili civili per la sicurezza, ossia i kapò. Un kapò per ogni etnia per meglio controllare ogni comunità, praticamente scelto dal capo-campo in cambio di condizioni privilegiate nella tendopoli stessa. Altro che Stato di diritto e di democrazia! I campi sono blindati: vietato introdurvi volantini e macchine fotografiche, vietato importare ed esportare informazione e democrazia. Eppure a piazza d’armi c’è un presidio fisso della rai che non trasmette nulla di ciò che accade lì, ad eccezione delle passerelle degli sciacalli politico-istituzionali. Oltre quei cancelli e quei recinti, solerti funzionari della digos e della polizia in borghese vigilano affinché la gente rimanga ignorante, vigilano affinché tra le maglie di quelle reti non passi neanche un filo di libertà, di partecipazione.
Ma noi dobbiamo resistere, abbiamo il diritto-dovere di resistere, di partecipare al nostro presente e di essere protagonisti del nostro futuro. Vogliono fare il G8 all’Aquila? Noi abbiamo il diritto-dovere di guastargli la festa prima che la festa la facciano a noi. D’altronde se per luglio ci saranno ancora macerie le pietre non mancheranno!

NO AI CAMPI-LAGER!
NO AGLI ALBERGHI-GHETTO!
NO AL G8!

Per una rete di soccorso popolare
mumiafree@inventati.org

Veronica e il moderno fascismo

Uno scritto di Margherita Calderazzi per proletari comunisti versione web

La questione di questi giorni: Berlusconi/Veronica Lario/Casoria sta mettendo in scena, pur se con forme anche grottesche, un aspetto del moderno fascismo. Per questo nessuno, e tanto meno chi è comunista, può starsene zitto. Parafrasando Marx, il fascismo in Italia una prima volta si è presentato in "tragedia" ora si presenta in "farsa". Lo spirito e gli atteggiamenti fanatici, di servilismo cieco ma convinto e militante verso l'"imperatore" degli esponenti e sostenitori del PdL, sordi a qualsiasi ragionamento di buon senso - che appare nelle trasmissioni televisive, dalle dichiarazioni sui e di parte dei giornali; L'uso delle donne, come oche alla corte dell'imperatore, l'ideologia maschilista ossessiva, l'idea di Berlusconi e della sua "corte" che lui può tutto e che ciò che tocca, pur se è "merda", diventa per il fatto stesso che lo fa Berlusconi legittimo e bello, stanno dimostrando anche questo La prostituzione a fini di carriera-spettacolo, o politico/elettorale che viene praticata e legittimata; la pornografia dello spettacolo; una sorta di rinnovato e moderno "ius prime noctis" per il piacere dell'imperatore; vogliono dire cultura e pratica dello stupro, della pedofilia che vengono rese legittime. Se tutto questo lo facesse una persona qualsiasi, sicuramente rischia di essere arrestato, ma se lo fa Berlusconi è sinonimo di un potere che è vicino alle masse... La "politica" come abuso di potere, nelle forme usate da Berlusconi era praticata anche ai tempi di Mussolini. Il potere viene usato per rendere legittimo solo per sé ciò che è reato per gli altri L'abuso del potere da parte di Berlusconi, della sua carica istituzionale per imporre le veline e i delinquenti nelle liste, per dispensare regali, per stravolgere le regole politiche-elettorali, per viaggiare con i soldi dello Stato per incontrare un "amico" già inquisito e partecipare ad una festa di 18enne; le vergognose cose dette e fatte all'estero; l'uso personale dei mass media, ecc.ecc., non sono cose "sbagliate", ma sono - come ha detto Veronica Lario - ciarpame politico, L'aperta violazione delle leggi, lo stravolgimento delle regole di uno Stato da parte di chi dovrebbe essere garante di quelle leggi e regole equivale ad una sorta di colpo di Stato permanente, questo è fascismo - q nato dall'interno stesso delle istituzioni di democrazia borghese, usando gli stessi strumenti della democrazia borghese. Un qualsiasi cittadino per violazioni molto più lievi viene punito, ma nessun partito di opposizione o presente alle elezioni lo chiede seriamente per Berlusconi: Questa aperta illegalità, non è nuova, anche se più andiamo avanti, peggio è. L'abbiamo vista anche nel caso Englaro: masse fanatiche di cittadini organizzati da partiti di governo, da esponenti istituzionali per impedire materialmente l'applicazione di leggi, sentenze, che loro per primi dovrebbero applicare e rispettare; lo vediamo nelle ronde organizzate dai sindaci contro gli immigrati, nei medici che si rifiutano di applicare leggi ancora esistenti, ecc. ecc.. Sulla vicenda Veronica Lario è la posizione della "opposizione " è partita con la dichiarazione che si trattava di "un fatto privato...", (Franceschini: "tra moglie e marito non metterci il dito"), è proseguita con con teatrino dialettico dei talk show televisivi dimostrando di accettare il terreno della corte dell'imperatore. E le politiche di molte cosiddette "femministe"? Nessuna parola, nessuna denuncia e indignazione; queste "femministe" che alzano grandi grida di fronte anche ad una molestia sessuale, ora che siamo di fronte a una violenza e molestia sessuale di carattere istituzionale verso le donne, ad un uso da parte del potere delle ragazzine come piacere dell'imperatore e dei suoi accoliti, invece di essere disgustate, offese, arrabbiate per come un capo di governo può "legittimamente" permettersi di infangare le donne, di sfruttare i loro corpi, non gridano, né dicono niente in tutt'altre faccende affancendate Alcuni (ancora più stupidamente) dicono che è tutto un gioco delle parti, che Veronica Lario "ci fa", quasi in accordo con Berlusconi. La realtà di questi giorni ha ampiamente dimostrato la serietà e lil significato politico delle dichiarazione di Veronica, e solo chi sta invischiato/a nello stesso teatrino della politica, può non se ne rende conto. Chi sottovaluta le verità (in un certo stesso "banali" nella loro evidenza) delle cose dette dalla Lario, chi le riduce a querelle elettorali- patrimoniali di fatto dà la stura alla tesi del "complotto" di Berlusconi. Veronica Lario ha detto delle sacrosante verità. Ha fatto delle analisi e denunce di fatti pubblici, niente affatto privati, ha mostrato che "l'imperatore è nudo" e che non bisogna lasciarlo agire; che un paese non si può lasciar governare da chi non "sta bene", da chi è fuori di testa (anche la pazzia di Hitler, non dimentichiamocelo, fu una componente del nazismo); Veronica Lario ha visto dall'interno il "nero" profondo dell'ideologia, della prassi, l'abuso di potere di Berlusconi e e lo ha indicato pubblicamente. Che finora anche lei facesse e fa parte di questo mondo che cosa può importare? Non rende meno vere le cose dette; Non lo ha fatto, tranne eccezioni giornalistiche invece, e non lo fa neanche ora la cosiddetta sinistra elettorale che dovrebbe fare una normale opposizione politica lì dove invece appare il moderno fascismo in azione che chiede tutt'altro scontro, invece ne spiana la strada alla piena attuazione Contro il potere di Berlusconi espressione del moderno fascismo in formaziione e in trasformazione come regime che via via occupa e stravolge tutti i posti, tutti i settori strutturali e sovrastrutturali della società, che usa il potere per ottenere un consenso populista,serve l'opposizione politica rivoluzionaria


15.5.09
Proletari comunisti ro.red@fastwebnet.it
la lotta e non il voto alla falsa opposizione
14-15 giornate di mobilitazione nazionale

21/05/09

Miserie umane e sovrumane virtu'... la mia testimonianza sul terremoto


Lettera di Laura


Finite le comparsate... si solleva il velo sulla realtà.
Nel sito "Criticamente" è pubblicata questa lettera di Laura, una studentessa universitaria di Colle di Roio, paesino colpito dal terremoto.

Il testo mette in luce il punto di vista di chi il terremoto lo ha subito e, al di là dei proclami e la propaganda del governo del tipo "tutto sotto controllo" che tutti i giornali e le televisioni si sono affrettati a divulgare senza il minimo spirito critico, sta sperimentando come funzioni in realtà la macchina degli aiuti...

Ciao a tutti. Oggi è il 20 aprile 2009. Per molti Abruzzesi lo sguardo è congelato all'alba del 6 aprile 2009. Io, fisso il mio sull'ennesimo sorriso paterno e rassicurante del nostro Presidente del Consiglio, che campeggia sul paginone centrale de Il Centro, quotidiano locale e che ancora una volta (pure quando un minimo di decenza richiederebbe moderazione), fa sfoggio di capacità ed efficienza facendo grandi promesse nella speranza che si dimentichi il prima possibile (si sa gli italiani hanno memoria moooolto corta), che fino al 5 aprile nel meraviglioso piano casa che si intendeva vararare a imperitura soluzione della crisi economica, di norme antisismiche nemmeno l'ombra.

Vi scrivo da Colle di Roio (AQ) uno dei paesini colpiti dal sisma del 6 aprile 2009.

Il mio paese.

Trovo molto difficile fare ordine nel turbinio di pensieri che mi gonfiano la testa, ma ci proverò. E scrivo questa nota perchè credo che solo uno strumento quale la rete permetta di conoscere altre verità, senza mediazioni se non dell'autore.

Il nostro campo è abitato da circa trecento persone, distribuite in una quarantina di tende. Tornati da una vacanza mai iniziata, assieme a Pierluigi, abbiamo cercato di dare un contributo alle attività di gestione della tendopoli che, nel frattempo, (era passata già una settimana dall'inaspettato evento), era andata sviluppandosi.

Come sapete non sono un tecnico, nè ho una qualche esperienza di gestione logistica e di personale in situazioni di emergenza e quanto vi racconto può essere viziato da uno stato di fragilità emotiva (immagino mi si potrà perdonare). Il fatto è, che a fronte di uno sforzo impagabile profuso da molte delle persone presenti nel nostro campo, (volontari della protezione civile, della croce verde/rossa, vigili del fuoco, forze di polizia etc...), inarrestabili fino allo sfinimento, ci siamo trovati, o sarebbe meglio dire ci siamo purtroppo imbattuti, nella struttura ufficiale della Protezione Civile stessa e nel suo sistema organizzativo.

La splendida macchina degli aiuti, per quanto ho visto io, poggia le sue solide e certamente antisismiche basi, sulle spalle e sulle palle dei volontari; il resto da' l'impressione di drammatica improvvisazione. E non perchè non si sappia lavorare o non si abbiano strumenti e mezzi, ma semplicemente ed a mio parere, perchè si è follemente sottovalutato il problema fin dall'inizio.

Se vero che il terremoto non è prevedibile è altrettanto vero che tutte le scosse precedenti (circa trecento più o meno violente prima dell'inaspettato evento) dovevano rappresentare un serio monito. Perchè non è servito il fatto che due settimane prima del sisma alcuni palazzi presenti in via XX settembre a L'Aquila, poi miseramente sventrati, erano già stati transennati perchè le scosse che si erano susseguite fino a quel momento (la più alta di 4° grado, quindi poca cosa...) avevano fatto cadere parte degli intonaci e dei cornicioni...

Una persona minimamante intelligente, a capo di una struttura così grande quale la protezione civile, avrebbe dovuto schierare i propri uomini alle porte della città, come un esercito, pronto a qualsiasi evenienza. Ed invece mi trovo a dover raccontare che le prime venti tende del nostro campo se le sono dovute montare i cittadini del paese (ancora stravolti del

sisma), con l'aiuto di una manciata di instancabili volontari, che manca un coordinamento tra i singoli gruppi presenti, che la segreteria del campo (che cerchiamo di far funzionare), è rimasta attiva fino a ieri con un Pc portatile di proprietà di mia proprietà, acquistato "sia mai dovesse servire", e con quello di un volontario; che siamo stati dotati di stampante e telefono ma per la linea Adsl (in Italia ancora uno strano coso...) stiamo ancora aspettando e quello che siamo riusciti a mettere in piedi è merito dell'intelligenza di qualche giovane del posto e dei suoi strumenti tecnici; che abbiamo dovuto chiamare chi disinfettasse e portasse via mucchi di vestiti perchè arrivati sporchi e non utilizzabili; che che fino dieci giorni dal sisma avevamo un rubinetto per trecento persone, nessuna doccia, circa 20 bagni chimici e nessun tipo di riscaldamento per le tende.

Vi ricordo che in Abruzzo ed a L'Aquila in particolare la primavera fatica ad arrivare e che anche in queste notti la temperatura continua ad essere prossima prossima allo zero. Non ci si può quindi stupire che molte persone, la maggior parte delle quali anziane (e non tutte con la dentiera...), cocciutamente ed in barba alle direttive che vietano di rientrare nelle case, contiunano a fare la spola dalla tenda al bagno di casa.

Potreste obbiettare che tutto sommato e visti i risultati raggiunti nel seguire più di quarantamila sfollati questi problemi sono inevitabili e bisogna solo avere pazienza. Condivido il ragionamento.

Quello che mi lascia stupito, che la gente non sa e che gli organi di informazione si guardano bene dal dire è che tutta la macchina si basa all'atto pratico, sulla volontà ed il cuore di persone che lasciano le loro case e le loro famiglie e che non pagate, cercano di ridare un minimo di dignità e conforto a chi, a partire dalla propria intimità, ha perso tutto o quasi. La protezione civile che molti immaginano (alla Bertolaso per intenderci) non esiste nei campi, almeno non nel nostro. I volontari si alternano, perchè obbligati ad andarsene dopo circa 7 giorni.

Cosa comporta tutto questo?

Che ogni settimana si vedono facce nuove con la necessità di ricominciare a conoscersi ed imparare a coordinarsi, che il capo campo cambia anche lui con gli altri e quindi può avere esperienza o meno, che spesso, ed è il nostro caso, la gestione di alcune attività è affidata ai terremotati perchè non viene inviato personale apposito, con inevitabili problemi, invidie acrimonie e litigate tra...poveri.

Volete un esempio cristallino della disorganizzazione?

La nostra psicologa, giunta al campo per propria cocciuta volontà, è rimasta anche lei solo una settimana. Vi immaginate quale può essere l'aiuto ed il sostegno che una persona addetta può dare e quale fiducia può risquotere per permettere alle persone di aprirsi, se cambia con cadenza domenicale??? A questo si aggiungano l'inesperienza di molte persone (spesso e per fortuna sconfitta dalla volontà di far bene) e le tristi e umilianti dimostrazioni di miseria umana che ci caratterizzano e che risultano ancora più indecenti ed inaccettabili in casi di emergenza.

Qualcosa di buono però ragazzi l'ho imparato.

Ho imparato che per la richiesta di materiale devo inviare un modulo apposito e che a firmare lo stesso non deve essere il capo campo, la cui responsabilità, fortuna sua, è solo quella di gestire trecento vite, trecento anime, più tutti coloro che ci aiutano dalla sera alla mattina, ma serve il visto del Sindaco, oppure del presidente di circoscrizione oppure di un loro delegato (pubblico ufficiale). Noi dopo aver speso due giorni per individuare chi dovesse firmare questi benedetti moduli, sappiamo che dobbiamo prendere la macchina e quando serve (ovviamente più volte al giorno), raggiungerlo al comune.

Un'ultima noticina.

Due giorni fa la Protezione civile si è riunita con gli esperti, ed ha ritenuto che non vi siano motivi di preoccupazione relativamente alle dighe abruzzesi (la terra trema ogni giorno). Ora ricordandomi che analoga sicurezza era stata espressa all'alba di una scossa di quarto grado e pochi giorni prima che il nostro inaspettato evento facesse trecento morti e azzerasse l'economia e la vita di migliaia di persone...ho provveduto, poco elegantemente, ad eseguire il noto gesto scaramantico...

Però dei regali li ho ricevuti.

Sono le lacrime di molte delle persone che hanno lavorato alla tendopoli, trattenute a stento nel momento dei saluti; sono le parole e gli sguardi dei vecchi del paese, che mescolano dignità e paura, coraggio e rassegnazione, senza mai un lamento.

Un'altra cosa.

Vi prego chiunque di voi possa, prenda il treno l'aereo o la macchina e si faccia un giro per L'Aquila e d'intorni. Le tendopoli non sono tutte come quelle a Collemaggio. Scoprirete il livello di falsità che viene profuso a piene mani dagli organi di comunicazione oramai supini e del livello di indecenza del ns presidente del consiglio che prima con lacrime alla cipolla e poi con sorrisi di plastica distribuisce garanzie e futuro a chi, vivendo in tenda e saggiando sulla pelle la situazione sa, che sono tutte palle.

I morti sono serviti subito per mostrarsi umano e vicino alle famiglie, ma ora è meglio dimenticarli in fretta..Via via..nessuna responsabilità, nessun dolo. I pm sono dei malvagi.. ricostruiamo in fretta.. forza la vità e bella, vedrete, tra un mese sarete tutti a casa... Conoscete i nomi delle famiglie che doveva ospitare nelle sue ville?

Le virtù umane travalicano gli eventi, le sue miserie non hanno confini.

Se volete vi prego fortemente di inviare questa mail a quanti vi sono amici. La stampa nazionale si è guardata bene dal pubblicarla.

Un saluto a tutti.

Laura

08/05/09

Diario/Comunicato dalle zone terremotate


ALL’AQUILA SI VIVE IN STATO DI GUERRA

PADRONI ASSASSINI RIDATECI LA TERRA!

Un saluto di amore, sincero e rivoluzionario alle compagne e ai compagni trasparenti, a tutti quelli che hanno manifestato la loro solidarietà concretamente, con la lotta e non con il pietismo o la beneficenza, cercando di mettere a tacere il grido di dolore e rabbia che molti terremotati si portano dietro.
Non sappiamo se gli altri fuori ci vedono ancora e se ci vedono come ci vedono a noi terremotati.
Ma una cosa è certa: non ci hanno cacciati con le bombe dal nostro territorio, ma cacciarci dalla nostra terra era loro intenzione. Non riusciamo ancora a capire bene il perché o dove vogliono andare a parare. Di sicuro è una prova di guerra e di dominio totale sulla volontà della popolazione, forse è la sperimentazione del piano "rinascita" di Gelli.
Servizi segreti, sbirri di tutte le sorti e digos si sono concentrati qui nell’Aquilano, insieme a massoneria, mafia, camorra, ‘ndrangheta, sacra corona unita, Stato di polizia e G8. Oltre ai vigili del fuoco, su 60.000 abitanti, di cui 30.000 sfollati sulla costa, ci sono più di 70.000 uomini e donne in divisa all'Aquila, dall’esercito ai carabinieri, dalla polizia, municipale e non, ai gom, dalla guardia di finanza (anche in assetto antisommossa) alla guardia forestale. E poi ci sono le guardie ecozoofile, che con le loro divise belle inamidate addosso, invece di rendersi utili nei campi stanno lì a prendere i documenti a chi entra e chi esce e a fare le ronde. C’è la protezione civile di Bertolaso-Berlusconi che filtra la solidarietà, impedisce l’istallazione di punti di connettività adsl (“tanto” dicono “noi ce l’abbiamo e agli sfollati questo non serve!”) e se gli chiedi di installare i cessi chimici in fondo al campo, dove c’è meno controllo, oppure la carta igienica, tergiversano o si rivolgono ai vigili del fuoco. E poi c’è tutta la pletora di volontari a pagamento autorizzati dalla protezione civile: dalla Misericordia ai Devoti di questo o quell’altro santo in paradiso, dalla croce rossa a quella bianca, verde o azzurra. E poi c’è Digos e polizia in borghese sparsa per tutto il territorio. In ogni campo su 160 sfollati, ci sono almeno 200 sbirri a vario titolo più quelli in borghese.
Queste tendopoli sono dei lager. Non è permesso tenere animali con sè (tranne rare eccezioni strombazzate in televisione), non è permesso andare a trovare amici e parenti negli altri campi senza essere identificati, non è permesso cucinare, lavarsi, autogestirsi. Quando arrivano i camion di roba la gente fa a botte per accaparrarsi le mutande o due calzini non spaiati.
Ci trattano come decerebrati. Ci hanno invaso, colonizzato, disinformato. Non arrivano giornali nei campi. Per andarli a comprare bisogna uscire la mattina presto dopo essere stati identificati e cercare di raggiungere l'edicola ancora agibile più vicina (abbiamo il marchio del terremotato: un tesserino da portare sempre bene in vista anche quando si fa la fila per mangiare o per andare al cesso o per farsi la doccia o andare dal barbiere ogni 15 giorni).
Per le donne, soprattutto le anziane, è una tragedia, per farsi una doccia o un bidè bisogna andare al mare o a Roma e tornare prima che chiudano i cancelli, altrimenti doccia fredda e bene in vista (sotto gli occhi di tutti, sbirri e maschi in generale), perché in molti campi non ci sono containers per le docce, ma docce a cielo aperto. Le donne anziane, disabili, le incontinenti, la fanno e se la tengono nella tenda, perchè non ci sono cessi chimici in fondo al campo, dove c'è meno sorveglianza. I cessi stanno all'entrata del campo, dove c'è la protezione civile e tutti gli altri sbirri con le telecamere e i fari. I cessi hanno tra l’altro le barriere architettoniche. Molte tende tra l’altro sono inagibili (ci entra l’acqua e gli sfollati devono scavare dei canali per convogliare l’acqua in una fossa, che poi svuoteranno la mattina successiva) e quelle della protezione civile difficilmente accessibili ( invece delle chiusure lampo hanno bottoni e spaghi per la chiusura) e per un giovane o una giovane aitante occorrono almeno 10 minuti per aprirne o chiuderne una.
La notte cerchi di dormire e di accantonare tutto questo disastro, cerchi di non pensare al futuro, non esiste futuro: non avevamo e non abbiamo lavoro, non avevamo e non abbiamo reddito e ora non abbiamo neanche più una casa, un nido dove stare. E mentre cerchi di addormentarti in mezzo a questo orrore, gli uomini in divisa entrano nelle tende e ti accecano la vista con le torce, per vedere chi c'è e chi non c'è, che cosa fa e se ha il computer acceso o la televisione (è vietato tenerli con sé nella tenda).
C'è il coprifuoco. Arrestano un rumeno per aver recuperato dalle case crollate pezzi di grondaia di rame, mentre i veri sciacalli sono pagati per tenerci rinchiusi dentro i campi o per mandarci via dalla disperazione.
E con il g8 sarà ancora più atroce. Nessuno guadagnerà una lira da quest’altro terremoto, nessuno tranne i potenti. Avevano strutture antisismiche sotto la scuola della guardia di finanza, in grado di ospitare 3.000 persone. Queste strutture non ospitano e non ospiteranno gli sfollati. Queste strutture ospitano e ospiteranno lo stato maggiore dei potentati economici e finanziari, ospiteranno gli 8 grandi capi di Stato dei paesi più imperialisti del mondo, dei paesi più guerrafondai del mondo, dei maggiori criminali del mondo. Queste strutture hanno ospitato, ospitano e ospiteranno un solo Dio, quello del denaro, quello delle banche che hanno messo in ginocchio l’economia e l’autonomia di un intero pianeta chiamato terra. Un pianeta che si è ribellato sotto i nostri piedi allo sfruttamento e alla devastazione selvaggia del territorio e dell’uomo.
I 90 milioni di euro che il governo Berlusconi-Bertolaso vuole destinare a “far star comodi” governi criminali col loro seguito di veline e pennivendoli per il G8, potrebbero servire a far star comode 600 famiglie di sfollati; la cittadella sotterranea della scuola della guardia di finanza potrebbe servire ad ospitare almeno gli anziani e i disabili sfollati, ma quelli non ci hanno un euro pe’ piagne!!!
E allora teniamoceli buoni questi straccioni! mettiamogli a credere che con il decreto affossa-Abruzzo avranno la casa per settembre! Poi se ci scappa da dire che “ci vorranno almeno 200 giorni per vedere i primi prefabbricati” costruiti su macerie di amianto e sangue, chi se ne frega, tanto nelle tende c’è il riscaldamento! E poi “che cazzo vogliono, sono morte soltanto 300 persone! Noi ce ne aspettavamo almeno 1500-2000!” (dichiarazioni di Berlusconi verificabili)
SVEGLIAMOCI!
Qui non ci daranno niente! Ciò che potremo avere ce lo dovremo conquistare con la lotta. Vogliamo case sicure e non tende! Un lavoro dignitoso e non una vita da larve dentro tendopoli-lager o alberghi-ghetto! Le comunità locali devono decidere del proprio futuro! I sindaci, non il governo centrale, non Berlusconi, non Bertolaso devono pretendere di amministrare i soldi per la ricostruzione. Se non hanno il coraggio di farlo che si dimettano.
Che si dimettano Bertolaso, Berlusconi, Maroni, Sacconi, Tremonti (attenzione, se non avremo i soldi da anticipare per la messa in sicurezza e la ricostruzione delle nostre case, tra 5 mesi dovremo regalarle a Fintecna, come stabilito dal decreto “salva- Abruzzo”).

che se ne vadano tutti!

Che se ne vadano i militari, la protezione civile, la polizia. Che se ne vada questo Stato di polizia!
Gli abruzzesi, migranti e non, colpiti dal terremoto devono tornare, quelli imprigionati nelle tendopoli devono uscire, riversarsi nelle strade tutti, per lottare, per dire no allo sciacallaggio istituzionale-mafioso, per riprenderci la terra, per riprenderci la vita, per mandare a casa chi ci tiene al giogo attraverso false promesse e un’apparato militare senza precedenti qui da noi. Siamo almeno 50.000 sfollati, non possono farci la guerra!

Fuori le lucine blu dal nostro territorio!

Non abbiamo bisogno di ronde, nessuno di noi ha più niente da perdere se non il futuro. E gli uomini in divisa, armati fino ai denti non sono qui per aiutarci, ma per proteggere il lauto banchetto, legato alla ricostruzione, a cui non siamo stati invitati!
Lottare possiamo e dobbiamo, non abbiamo più niente da perdere, solo da guadagnare!

No al G8!

Opponiamoci con forza a quest’altra passerella di potenti sulla nostra terra: non ci porterà ricchezza, ce la ruberà, ci ruberà il nostro patrimonio artistico, storico e culturale per piantare una bandierina pietistica e pietosa made G8 sulle nostre macerie. Ben venga la solidarietà quando è disinteressata, se non lo è diventa corruzione e non può essere avallata, neanche da certa sinistra istituzionale e non, che ingenuamente invita a “una forma di rispetto che non porti a manifestazioni su questo territorio”.
E’ questo il territorio che ci appartiene, è qui che dobbiamo lottare con forza, anche con manifestazioni e denunce, ma devono partire da qui e ben venga la solidarietà da fuori, l’appoggio dei comitati popolari contro le discariche o la TAV o della rete nazionale per la sicurezza sul lavoro, o del sindacalismo di base, ma siamo noi abruzzesi i protagonisti di quest’ultima sciagura e siamo noi, sulla nostra terra che dobbiamo ribellarci allo sciacallaggio anche istituzionale.
Non ci interessano le tournée a Roma o altrove, se ci sono ben vengano, ma siamo noi, inscidibilmente legati alla nostra terra, che dobbiamo reagire e ricostruire il nostro futuro.
Ci dicono e ci diciamo che siamo “forti e gentili”, ma è il nostro territorio duro, selvaggio e meraviglioso che ci ha plasmati così. Rispettiamolo, questo territorio sarà forte e gentile con coloro che da fuori vorranno darci solidarietà disinteressata e non coloniale. Manifestiamo ovunque, ma manifestiamo anche e soprattutto qui.

Ma quale civile, ma quale protezione, Bertolaso è un servo del padrone!

Questo è stato gridato, a ragion veduta, al capo della protezione civile presente al consiglio comunale straordinario dell’Aquila il 5.05.09. Questo "saggio" funzionario dello Stato è stato infatti inquisito per traffico illecito di rifiuti, falso ideologico e truffa ai danni dello Stato. Questo "saggio" funzionario dello Stato ha sostenuto e sostiene l'intervento di Impregilo (già sotto osservazione per infiltrazione mafiosa e ora per il crollo dell’ospedale dell’Aquila) per lo sversamento delle ecoballe tossiche nelle discariche di Chiaiano e per la messa in funzione dell’inceneritore di Acerra.

Tutti questi signori non sono qui per noi, ma per “azzuppare il biscotto”

Beh, il biscotto azzuppatelo nelle vostre mutande, che alle nostre ci pensiamo noi. Grazie per le tende inagibili, per la pasta scotta e il cibo scaduto, grazie per le mutande, i calzettini, gli psichiatri e i clown. La fase 1 adesso è finita

RIAPPROPRIAMOCI DEL TERRITORIO, BASTA CON LE PASSERELLE!

JETESENNE AFFANCULO!


Per una rete di soccorso popolare
mumiafree@inventati.org

Sabato 16 maggio 2009: presidio per Barbara Cicioni

Il 24 maggio del 2007 a Marsciano, piccolo centro della tranquilla e pacificata Umbria, la “normale” famiglia italiana faceva un’altra vittima: Barbara Cicioni.

Dopo una vita di vessazioni e maltrattamenti da parte del marito Roberto Spaccino, Barbara muore in seguito all’ennesima lite violenta.

Una vita di coppia fatta di violenze quotidiane e umiliazioni continue e caratterizzata, come candidamente ammette lo stesso Spaccino, da qualche “schiaffetto leggero” dato per “calmare” la gelosia di Barbara o quando “la cena non era pronta” e che sembra rappresentare ancora oggi l’ordinario svolgersi delle relazioni uomo/donna.

Questo caso di violenza “normale” non è appetibile per i mass media proprio per la sua emblematicità: quello che viveva Barbara è quello che vivono ancora molte donne tutti giorni all’interno delle mura domestiche e è considerato consuetudine privata da questo sistema sociale che si alimenta della violenza eterosessista, maschilista e patriarcale. In tale sistema il corpo delle donne è considerato come una proprietà di Stato e la sua difesa è tirata in ballo solo quando è funzionale alla legittimazione di politiche securitarie e razziste.

Sabato 16 maggio, in corrispondenza delle ultime udienze e dell’emissione della sentenza finale del processo a Roberto Spaccino scegliamo di essere in piazza per un’intera giornata di mobilitazione, per rivendicare la nostra idea di sicurezza.

Siamo contro la “banalità” della violenza sistemica sulle donne e la sua strumentalizzazione, che quotidianamente promuove ipocrite politiche sulla sicurezza, favorisce la paura e il razzismo e limita la libertà e il diritto all’autodeterminazione delle donne stesse.

Sabato 16 maggio 2009

Perugia, Piazza Matteotti e Piazza IV Novembre

Presidio e “istallazione umana antisecuritaria” dalle ore 9,00



Indecorose e libere!

Collettivo Femminista Sommosse Perugia - Rete delle donne umbre

Ponte Galeria, Roma. Tunisina si impicca al CIE.


Un altro omicidio di stato.


Nella notte tra il 6/7 maggio 2009 nel Cie di Ponte Galeria è morta Nabruka Mimuni, detenuta tunisina, 44 anni.
Residente in Italia da 30 anni, e' stata arrestata due settimane fa mentre era in fila per rinnovare il permesso di soggiorno. Le hanno comunicato che sarebbe stata espulsa e si è uccisa.

Da quel momento i detenuti e le detenute di Ponte Galeria stanno dando vita
ad uno sciopero della fame per protestare contro questa morte, contro le condizioni disumane di detenzione, contro i maltrattamenti, contro i rimpatri, contro l'esistenza dei CIE.

Domani, sabato 9 maggio, ore 15.00 appuntamento alla Metro Piramide

in solidarietà con le lotte dei reclusi e le recluse nel CIE di Ponte Galeria, come in tutti gli altri lager d Italia.

Chiudere i CIE subito
Nessuna gabbia, nessuna frontiera!

Alle compagne dei collettivi femministi, alle giovani ribelli, alle lavoratrici.

Compagne, la violenza sessuale alla May Day pone urgentemente all'ordine del giorno la necessità irrinunciabile e non più rinviabile di una ripresa di una lotta chiara, visibile, in questa città, e non solo, da parte dei collettivi femministi, delle lavoratrici in lotta, delle compagne dei centri sociali contro la violenza sulle donne.

Lo stesso comunicato stampa degli organizzatori della May Day, su questo grave episodio, mostra l'arretratezza del movimento milanese - e non potrebbe essere altrimenti, vista la mancanza a Milano di una battaglia visibile, costante su questo aspetto che grava pesantemente sulla condizione delle donne-ma i commenti mostrano anche di peggio (si arriva a discutere se è stato giusto consegnare lo stupratore migrante irregolare alla polizia!).

Questo grave episodio ha mostrato come la mancanza di risposta di lotta delle donne, delle femministe di Milano su questo terreno fa sì che l'humus maschilista arriva a permeare anche settori di movimento. Fino a portare alla difesa del proprio spazio di movimento, dimenticando che di violenza sulle donne si tratta e l'aspetto principale non può essere la “salvaguardia” della manifestazione.

Per ogni donna stuprata e offesa siamo tutte parte lesa! Questa la parola d'ordine che ha animato le manifestazioni femministe. Occorre renderla viva e agente per riuscire a contrastare concretamente l'humus reazionario, maschilista, di violenza dispiegata contro le donne che, in questa città, raggiunge i neri primati delle violenze in famiglia, nei luoghi di lavoro, per le strade.


A partire da queste prime, brevi valutazioni crediamo sia necessario che ci si assuma la responsabilità e l'onere di aprire un serio confronto per cambiare l'attuale inadeguatezza e porsi l'obiettivo di costruire una rete con lo scopo di contrastare sul campo sessismo, maschilismo, uso strumentale del corpo delle donne per far passare le politiche securitarie.


Milano, 5 maggio 2009

movimento femminista proletario rivoluzionario Milano

contatti: mfprmi@libero.it 333/9415168

PRESIDI SPIA: RAZZISMO E MODERNO FASCISMO

Prima le classi separate per i bambini immigrati, poi il tetto massimo degli studenti immigrati da inserire nelle classi (vedi la Gelmini) ora ADDIRITTURA il governo sulla scia dei medici spia, tra le nuove misure da inserire nel pacchetto sicurezza in discussione, parla anche di PRESIDI SPIA che dovrebbero denunciare gli studenti immigrati, figli di genitori senza il permesso di soggiorno, che si iscrivono a scuola.

NO AI PRESIDI SPIA! NO AI PROFESSORI POLIZIOTTI!

L'ISTRUZIONE E' UN DIRITTO SACROSANTO DI TUTTI!!!

CONTRO LE POLITICHE SECURITARIE DEL GOVERNO CHE VUOLE ANCHE LA SCUOLA SEMPRE PIU' RAZZISTA E AL SERVIZIO DELLA FORMAZIONE DI UN NUOVO REGIME GRIDIAMO IL NOSTRO NO E CONTINUAMO A LOTTARE!!!

L'8 maggio, IN OCCASIONE DEL G8/UNIVERSITA'-ISTRUZIONE, scendiamo tutti in piazza a Palermo (Piazza Verdi ore 16,00 partenza corteo) anche contro tutto questo.

Lavoratrici precarie scuola dello Slai Cobas per il sindacato di classe - Palermo

Solidarietà alle maestre delle Scuole Longhena di Bologna

Solidarietà alle maestre delle Scuole Longhena di Bologna che stanno ricevendo lettere minatorie, di minaccie e offese, da parte di "ignoti" e che sono sotto inchiesta , 3 di loro si stanno difendendo da provvedimenti disciplinari che prevedono come sanzione il loro trasferimento ad altre scuole (una di loro è anche RSU e per la legge 300/70 statuto di lavoratri/lavoraton non può essere trasferita per l'art.28 attività antisindacale).
Tutto questo perchè?
Perchè hanno lottato e lottano contro i provvedimenti SUI TAGLI ALLA SCUOLA PRIMARIA DELLA Gelmini: contro il voto di condotta, contro il taglio di 135.000 posti di lavoro, contro il taglio del tempo pieno e contro lo smantellamento della scuola pubblica, PER LA SCUOLA PUBBLICA DI TUTTI E PER LA QUALITA' DELLA SCUOLA PUBBLICA CHE LA SCUOLA PRIVATA NON AVRA' MAI PERCHE' INTERESSATA AI PROFITTI PIU' CHE ALLA CULTURA DI BAMBINE E BAMBINI.
le maestre delle Scuole Primarie Longhena di Bologna sono colpevoli di avere espresso i loro pareri e di averlo fatto con manifestazioni sindacali e pubbliche.
Questo è fascismo puro, togliere la libertà di parola , di manifestazione, di denuncia.
Contro la costituzione italiana che ha apenna festeggiato i 60 anni di vita.
Solidarietà a loro, siamo con voi, non fermatevi.

Donne del Tavolo 4 Bologna

FORTE SOLIDARIETA' ALLE MAESTRE DELLE SCUOLE LONGHENA DI BOLOGNA CHE STANNO LOTTANDO CONTRO LO SMANTELLAMENTO DELLA SCUOLA PUBBLICA MESSO IN ATTO DALLA RIFORMA DELLA MINISTRA GELMINI

LA LOTTA DI QUESTE MAESTRE E' ANCHE LA NOSTRA LOTTA!!!

LAVORATRICI PRECARIE ATA DELLA SCUOLA DI PALERMO aderenti al tavolo 4 nazionale "lavoro/precarietà/reddito"

05/05/09

LIBERIAMO ANGELICA!

il movimento feminista proletario rivoluzionario invita a raccogliere questo appello e a mobilitarsi Il 7 maggio a Napoli, processo di appello per la giovane Rom Angelica. Gruppo EveryOne: "E' stata condannata in base al pregiudizio medievale secondo cui i Rom rubano bambini". Napoli, 4 maggio 2009. "La giovane Rom ha subito una condanna assurda, senza prove, senza indagini approfondite, senza buon senso," dichiarano i leader del Gruppo EveryOne Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau. "Abbiamo inviato al giudice del Tribunale d'Appello un dossier che ne dimostra l'innocenza". Il grande giurista Juan de Dios Ramirez Heredia si è detto pronto a "indossare la toga per difenderla, accanto all'avvocato Valle". Angelica viene da Bistrita-Nasaud città della Transilvania. Era arrivata in Italia da pochi mesi con il giovane marito Emiliano e alcuni familiari. Ha una figlia di 3 anni, Alessandra Emiliana, che è rimasta in Romania. "Ma come possono pensare che io abbia cercato di rapire una bambina?" protesta Angelica davanti a un attivista di EveryOne, che ha avuto il permesso dal giudice di visitarla. "Sono una mamma e se qualcuno mi portasse via la bambina, morirei dal dolore". A Napoli la ragazza viveva di elemosina "e di qualche piccolo furto," confessa, "ma solo quando non sapevo come procurarmi da vivere, perché il mio sogno era quello di lavorare, se solo avessi avuto un'occasione". Il 10 maggio Angelica viene arrestata con un'accusa terribile: una donna di Ponticelli afferma di averla sorpresa mentre avrebbe tentato di rapire la sua bambina in fasce. "Per entrare nella stanza in cui dormiva la piccola," ricostruiscono gli attivisti, "Angelica avrebbe dovuto trovare contemporaneamente aperti il cancello esterno, il portone dell'edificio e la porta blindata dell'appartamento, senza imbattersi in un inquilino e senza che la piccola, una volta afferrata, si mettesse a piangere. Tutto questo, in un periodo caratterizzato a Ponticelli da una vera e propria fobia nei confronti degli 'zingari', tanto che tre mesi prima era nato un Comitato di Ponticelli per il problema dei Rom. Inverosimile". Leggendo gli atti del processo e il dispositivo di sentenza, si rileva che non esistono prove a carico di Angelica, ma solo la testimonianza della madre della bambina neonata. "Non vediamo perché la donna avrebbe dovuto mentire," scrive il magistrato. "E' una sentenza priva di razionalità, proprio per la 'zingarofobia' che si era impadronita in quei giorni degli abitanti di Ponticelli," prosegue EveryOne. "La Storia ci insegna che fin dal Medioevo la sola presenza di 'zingari' vicino a un bambino 'cristiano' faceva gridare le comunità locali al ratto di minore. Anche volendo credere alla buona fede dell'accusatrice, il fattore-pregiudizio non può in alcun modo essere ignorato nel giudizio di un caso come questo. Una perizia, che non è stata mai eseguita, avrebbe dimostrato che Angelica avrebbe dovuto muoversi al rallentatore per essere vista dalla madre, già sul pianerottolo e con la bimba in braccio, e quindi raggiunta e bloccata. Sembra che la madre della neonata descriva una propria paura piuttosto che un evento reale. I seguito è ancora più irreale. La madre leva la piccola dalle braccia di Angelica, rientra in casa, pone la bambina a terra, grida e... Angelica è rimasta ancora sul pianerottolo, giusto per farsi raggiungere dal nonno della neonata e poi da altri vicini, che cercano di linciarla". Alcuni cittadini di Ponticelli hanno ricordato che l'accusatrice ha precedenti giudiziari per falso ideologico. Le stesse conclusioni tratte dal Gruppo EveryOne e dal giurista spagnolo Heredia sono state tratte dal giornalista investigativo spagnolo Miguel Mora sulle pagine di El Pais: "Il teorema che ha portato alla condanna si basa solo sulle parole contraddittorie dell'accusatrice. "Il caso di Angelica ha scatenato gli abitanti di Ponticelli," commentano gli attivisti, "che in men che non si dica hanno sgomberato con brutalità i terreni occupati da Rom romeni, che erano al centro di un progetto urbanistico in attesa di un finanziamento pubblico di milioni di euro, finanziamento che poco dopo il 'pogrom' sono arrivati". Angelica, secondo la giurisprudenza, è una "minore non accompagnata" e il legislatore ritiene che un minore di età debba rimanere in Istituto il minor tempo possibile, favorendo tutte le possibilità di reinserimento sociale. "Ma Angelica è già dentro da un anno," conclude EveryOne, "e sconcerta il fatto che non le sia stato concesso il patrocino gratuito per un motivo surreale: era impossibile al magistrato stabilire le sue condizioni economiche in Romania". Se in appello sarà fatta giustizia, per Angelica si aprono due possibilità: tornare in Romania e ricostruirsi una vita con i suoi cari oppure restare in Italia, grazie a una famiglia che si è offerta di aiutarla in un percorso di inserimento sociale positivo, in attesa di ricongiungersi alla famiglia. Intanto il suo caso ha destato l'attenzione della Commissione europea, del Cerd (Nazioni Unite) e delle più importanti organizzazioni contro la discriminazione e gli abusi che colpiscono il popolo Rom in Europa, da Union Romani a ERRC, dall'OSI al Coordinamento Antirazzista Sa Phrala. Scriviamo al Presidente della Corte di Appello di Napoli Sezione Minorenni dr Vincenzo Trione e al Presidente del Tribunale per i Minorenni di Napoli dr. Stefano Trapani: info@tribunalenapoli.it tribmin.napoli@giustizia.it Per informazioni: info@everyonegroup.com www.everyonegroup.com