17/03/24

Dopo lo sciopero delle donne dell'8 marzo, la lotta delle lavoratrici continua - Taranto, le lav. degli asili comunali


Da notizie stampa siamo venute a sapere che c'è stato un accordo tra Comune di Taranto e sindacati confederali per l'ampliamento del servizio negli asili nido comunali - Ma per noi lavoratrici di ausiliariato e pulizia restano poche ore e bassissimi salari 

A noi lavoratrici che garantiamo servizi, igiene degli ambienti, tutela della salute dei bambini, la risposta del Comune, poche settimane fa è stata invece che nessun reale aumento dell'orario di lavoro, e quindi del salario, ci sarà neanche in futuro, - al massimo l'orario giornaliero di 3 ore e 30, sarà aumentato di un'altra mezzora - questo nonostante siamo diminuite, passando da 82 alle attuali 68, mentre i servizi, carichi di lavoro sono aumentati e noi siamo costrette a fare le attività come 50 anni fa, senza le attrezzature idonee, pagando tutto questo anche con la salute.

Noi dello Slai cobas da tempo chiediamo: 

l'internalizzazione del servizio e quindi dei lavoratrici; si tratta di un servizio permanente, strutturale, senza il quale gli asili non possono funzionare:

aumento delle ore lavorative, portandole almeno a 5 ore al giorno e 30 settimanali; aumento delle retribuzioni;

fine di ogni periodo di sospensione;

attrezzature meccaniche ed elettriche per le pulizie, ai fini della sicurezza/salute per noi lavoratrici e garanzia di effettiva igiene per i bambini.

Nella giornata dell'8 marzo abbiamo fatto sciopero e presidio al Comune perchè è su noi donne - che negli asili siamo il 99% del personale - che si scarica questo sfruttamento. E per noi donne questa condizione è alla base della nostra condizione generale di doppio sfruttamento, oppressione, violenza.

Quindi, ora, nessuna illusione, riprenderemo la lotta! 

Lavoratrici Slai cobas 

asili comunali Taranto

Bologna - Tre bambini e la madre morta - un commento

da L'Osservatorio Nazionale di Bologna morti sul lavoro

Si rimane impressionati nella mia Bologna una delle città più ricche d'Europa sentire che in una strada della nostra città, che ha diversi primati in Italia,  sono morti tre bambini e la madre per il fumo provocato di notte da una stufetta elettrica, Conosco bene via Bertocchi dove si è verificata la tragedia, è anche una strada decorosa, ben servita. ma ovviamente anche qui si annidano forti povertà, perchè era accesa la stufetta di notte, il riscaldamento funzionava o era spento per l'impossibilità di pagare le bollette, gli impianti erano a norma, si poteva affittare se non lo erano? La bella e giovane mamma rumena faceva le pulizie e si era separata dal marito, anche se erano rimasti in buoni rapporti. Ecco i drammi della solitudine. Ecco alcuni casi. Il 4 gennaio muore anziano per asfissia in casa, sempre in provincia di Bologna il 6 gennaio muore un' anziana bruciata per aver voluto accendere il camino con l'alcol, Itala mazzetti aveva 87 anni, sempre il 6 gennaio a Paternò in Sicilia una donna sola di 52 anni ha battuto la testa cadendo in casa, sempre in Sicilia Antonino Facella muore per un incendio in casa, Giuliano Lazzari aveva solo 56 anni, ma anche lui è morto intossicato dai fumi a Trento. l'8 gennaio Rocco De Nuzzo muore fulminato sotto la doccia a Lecce, a Imperia il giorno dopo una coppia muore intossicata dal monossido di carbonio. Anche a Firenze un morto per il monossido di carbonio di una stufetta il 15 gennaio, il 17 gennaio a Perugia, una donna prende fuoco si era avvicinata troppo al camino, aveva 78 anni. Ana Maria Rodigrues peruviana di 58 anni, stesso giorno a Trieste uno straniero  muore bruciato nell'appartamento il 24 gennaio. Il 28 gennaio a Bologna Roma e Novara altri 3 infortuni domestici mortali, ustionato da un fornello, corto circuito di un bollitore elettrico e esalazioni di una stufa. Ombretta Castellani aveva solo 50 anni rimase travolta da un carico di legname di un camion. Giovanni Crimi a Sassari è morto il 4 febbraio per un' esplosione di una bombola. Mi fermo qui ma la casistica e la registrazione di questi morti è infinita: c'è chi si improvvisa antennista e cade dal tetto, chi infila la testa in un tombino , chi si improvvisa imbianchino e cade dalla scala, chi si mette a lavare i vetri delle finestre e cade sulle strade, chi diventa montatore di tende e tapparelle e cade all'interno e all'estero. chi si recide le arterie in garage con "frullini" di vario genere,  chi si mette a potare gli alberi del giardino e ne rimane travolto, ecc...  potrei continuare all'infinito. Insomma la casa è piena di pericoli e mettersi a fare lavori che richiedono cautela è molto, molto pericoloso. Nulla è cambiato da quando nel 198 dipinsi questo quadro sulla solitudine.

La manifestazione dell'8 marzo torna a Tunisi dopo 10 anni! Da Tunisie resistant


L’ultima manifestazione per la Giornata internazionale dei diritti della donna nella capitale tunisina si è tenuta esattamente dieci anni fa, nel 2014, negli anni successivi sono state organizzate solo manifestazioni assembleari. Ieri 8 marzo 2024, per la prima volta dopo dieci anni, le strade di Tunisi sono state attraversate da una grande e combattiva manifestazione di centinaia di donne: studentesse, lavoratrici, donne di associazioni femministe e comitati palestinesi, insieme ad alcune attiviste politiche e sociali.
La manifestazione è partita dal quartiere popolare accanto a Bab el Khadra, lo ha attraversato, per poi entrare nella centralissima Place de la Repubblique e da lì, marciando lungo l'Avenue de Paris, ha infine raggiunto l'arteria principale della capitale: l'Avenue Bourghiba.

L'8 marzo di quest'anno in Tunisia è stato segnato dalla solidarietà con le donne palestinesi e dalla denuncia dell'aggressione genocida sionista contro Gaza.

Nel corteo erano presenti alcuni manifesti storici del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina dedicati all'8 marzo, e le organizzazioni femministe e LGBTQ hanno evidenziato nei loro slogan il legame tra la lotta femminista e il sostegno alle donne rivoluzionarie che lottano per la liberazione nazionale.
Anche in questa occasione, la manifestazione, mentre marciava accanto all’Istituto Francese in Tunisia, si è fermata per qualche minuto per contestare la politica francese a sostegno di Israele, scandendo slogan come “Macron assassino, liberare Abdallah” (George Ibrahim Abdallah, il libanese militante rivoluzionario detenuto in Francia ormai da 40 anni n.d.a.), molti manifestanti con le loro bandiere palestinesi hanno colpito la struttura metallica dell'edificio.
Durante la marcia non sono mancati slogan contro gli altri paesi imperialisti che sostengono Israele e in particolare Usa, Germania e Italia.

Al termine del corteo, davanti all’ambasciata francese è stato gridato più volte “solidaritè avec la femme palestinienne, solidarity avec les femmes du monde entiere” e infine, davanti al teatro comunale, la manifestazione si è conclusa con il canto collettivo di una canzone per la Palestina.

Ennesimo femminicidio, ma tutto si ripete uguale...

Femminicidio a Taurisano, in provincia di Lecce. Albano Galati, cinquantasette anni e già noto alle forze dell'ordine, ha accoltellato la moglie, Aneta Danelczyk, cinquanta anni e di origini polacche, e si è scagliato anche contro la vicina, che è rimasta ferita, mentre cercava di riportare la pace tra i due che stavano litigando. La coppia ha quattro figli e - stando alle prime testimonianze - i rapporti erano tesi già da un po' di tempo. Si stavano separando.

14/03/24

Un libro da leggere. Per non stare "dalla parte sbagliata del mondo..."

Questo libro che racconta il percorso di una ragazza nell'Italsider di Bagnoli, oltre che leggersi piacevolmente, è interessante per almeno due motivi, che contribuiscono alla chiarezza di cosa significa la fabbrica e cosa significa per le donne. 
La presa di coscienza di classe, la trasformazione "operaia", un'operaia che lotta, di Vincenzina - che è figlia di un operaio dell'Italisider ma aveva tutt'altra prospettiva rispetto a quella di lavorare in fabbrica che fa paura, che si odia - avviene non facilmente, con contrasti, resistenze, contraddizioni, ma, poi, soprattutto con la scoperta della dura fabbrica. 
Vincenzina scopre che la fabbrica - che ha ucciso il padre, come tanti altri operai - è però anche, e spesso soprattutto, "comunità", collettivo, unità. Questa comunità è data dalla sofferenza, ma è data innanzitutto dalla scoperta degli altri, delle altre; una comunità che non c'è fuori dalla fabbrica, ma che continua a vivere, soprattutto, per le operaie anche fuori dalla fabbrica. 
Sfruttamento, condizioni di lavoro pesanti, nocive, il timore di rischiare la vita come altri operai/operaie, la protervia dei capi che se ne fregano della vita umana, tutto c'è, soprattutto in una fabbrica siderurgica come l'Italsider; ma c'è via via la scoperta della forza, della necessità di ribellarsi, della gioia di lottare, di unire, di stare in una "famiglia"; il perchè della fierezza del padre di Vincenzina di essere comunista. 
Poi, tutto questo, il libro lo descrive come è vissuto dalle donne, che è differente. Per le operaie la fatica è maggiore, perchè hanno il peso della famiglia, le preoccupazioni che le accompagnano in fabbrica; preoccupazioni che ritrovano ogni giorno fuori, dalla necessità, paura, sofferenza di abortire in condizioni allora più terribili, a sorelle che si illudono di una via facile per fare soldi, dalle difficoltà economiche, alle madri sottomesse, legate come una catena ai loro uomini, nel bene e nel male, ecc. ecc. 
Ma poi, c'è la conoscenza, la scoperta della solidarietà tra donne dentro e fuori la fabbrica, delle amicizie che diventano forti come l'acciaio. E quindi, la comunità di classe che è trasformazione, che dà forza, unità, speranza. La fabbrica in cui trovare anche un amore non inquinato, non falso.
Concludiamo con le parole di Vincenzina: "... Quanti inferni esistevano oltre al suo. Il diavolo non smetteva mai di spargere veleno, intossicare, trasformare vite e persone. Alla fine, per assurdo, lo stabilimento salvava. All'inizio lo aveva odiato perchè s'era preso suo padre e aveva risucchiato anche lei, mentre ora si rendeva conto di essere stata dalla parte sbagliata del mondo. Quel luogo, 'o cantiere, univa le persone, faceva in modo che ognuno compatisse l'altro per dignità e nobiltà, così tutti diventavano un unico essere, un unico respiro che mandava avanti la vita...".

Da un commento su Il Manifesto: "...quando nell'autunno del 1990 l'Italsider chiuderà i battenti, un senso di profonda malinconia invade gli operai. L'ultimo giorno c'è silenzio nello stabilimento, c'è poco da dire. Tutto è vuoto e smarrimento. Bagnoli è destinata a divenire come una lacerazione del tessuto sociale e storico di Napoli. Vincenzina versa l'ultimo caffè ai suoi compagni con l'amarezza di un addio, anche se ora sa che è una di loro, e lo sarà per sempre"